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27 Gennaio 2019Poesia e musica
27 Gennaio 2019La scuola siciliana secondo Dante trova in Jacopo da Lentini il suo esponente più significativo, tranto che lo cita nel Canto XXIV del Purg. -55-57 della sua Divina Commedia:
– O frate issa vegg’io – disse – il nodo
che il notaro e Guittone e me ritenne
di qua dal dolce stil novo ch’io odo.
– O fratello ora vedo – disse – il nodo
che il notaio e Guittone ed io tenevamo
lontano dal nuovo stile che ora sento.
Insomma, dante definisce il notaro Jacopo da Lentini fondatore della Scuola Siciliana.
Due tra i poeti della scuola siciliana, Guido delle Colonne e Stefano Protonataro, sono entrambi messinesi. A Stefano Protonataro si devono le Canzoni, composizioni di una canzone d’amore in lingua siciliana originaria, senza traslitterazioni toscane: Pir meu cori alligrari…(per rallegrarmi il cuore…) scritta completamente in siciliano; Pier delle Vigne, capuano, cancelliere e poeta di Federico, si autopresenta così nel Canto XIII, vv. 58-60 dell’Inferno nella Commedia di Dante Alighieri:
Io son colui che tenni ambo le chiavi
del cor di Federico, e che le volsi,
serrando e disserrando si soavi,…
Io sono quello che ha tenuto entrambe le chiavi-
del cuore di Federico, e li volse –
aprendo e chiudendo in modi dolci…,
Ciullo ( o Cielo) D’Alcamo autore del Contrasto, Rosa fresca aulentissima, in lingua siciliana, scrive:
Rosa aulentissima, – ca pari inver la state,
le donne ti disiano – pulzell’e maritate; ..
( Traduzione:
rosa fresca e molto profumata, – che appari verso l’estate
tutte le ragazze ti invidiano, – sia le ragazzine, sia le sposate;…
Si chiama “Contrasto”, per via del confronto tra l’amante e la signora che non vuole sentire parlare del suo amore. Tutto il grande tema della poesia della Magna Curia di Federico II, infatti, riguardava la contemplazione della bellezza della donna che presto sarà oggetto dell’amore del poeta.
Tra tutti questi troviamo ancora Rinaldo d’Aquino, Giacomino Pugliese, insieme allo stesso Federico II e ai suoi figli Enzo e Manfredi. Da tutti questi abbiamo una bel movimento culturale che più tardi nel suo De vulgari eloquentia Dante chiamò Scuola poetica siciliana.
Dopo la morte di Federico nel 1250, il figlio Manfredi tenne in vita la Scuola, ma con la sconfitta a Benevento di Manfredi, nel 1266, ad opera di Carlo D’Angiò, la Scuola Siciliana finì, così come l’egemonia degli Hohenstaufen e con essa , la possibilità che la lingua siciliana potesse essere la lingua ufficiale dell’Italia.
Guittone D’Arezzo sperava di mantenere viva la tradizione cercando di continuare il canto d’amore siciliano, ma con poca fortuna.
La Scuola fu poi ripresa, con variazioni, dalla scuola Toscana del Dolce Stil Novo di cui Dante Alighieri fu il fondatore, e il sommo poeta Petrarca disse che: “…in poco tempo il modo di fare poesia, rinato in Sicilia, si diffuse in tutta Italia e anche oltre”.
Non abbiamo più gli originali delle opere della Scuola Poetica Siciliana, solo pochi, perché la maggior parte di essi, è stata riorganizzata e tradotta nell’idioma toscano dopo l’affermazione del Dolce Stile Novo.
Audio Lezioni di Letteratura delle origini, duecento e trecento del prof. Gaudio
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