Ondina nel 1942 non è stata “rapita”: “Eravamo alla fine del 1942 e si parlava che la fuga era da effettuarsi nei primi giorni del 1943. Ma un successivo contrordine ci impedì questa azione. Il contrordine veniva da Padova con la cui Università i miei amici studenti avevano contatti da tempo. Lì operava Eugenio Curiel e da lì venne l’indicazione di formare gruppi antifascisti sul luogo” (5). Ondina distribuisce manifestini sovversivi e continua a sognare di andare in montagna. La nascita della “Garibaldi” e gli eventi legati al “Distaccamento” furono l’occasione per realizzare il sogno. Nei suoi appunti di ricordi Ondina scrive: “1943 – maggio – giugno: si fa vivo sul terreno un gruppo di cinque partigiani. Dicono che nel Coll’io era impossibile il mantenimento in zona. Il Davilla, giunto a sapere, li accusa di diserzione dai ranghi partigiani sloveni”. I cinque che arrivano dal Coll’io sono i primi partigiani operativi nella resistenza armata che Ondina vede. Sino a quel momento ha assistito alla partenza dei giovani verso le brigate partigiane in montagna ma combattenti in pianura non se ne erano ancora visti. Se da un lato Ondina è interessata il Partito Comunista locale è invece preoccupato. I cinque partigiani che Ondina ricorda sono un gruppetto di uomini capitanati da Mario Karis, un comunista già condannato a dodici anni dal Tribunale Speciale fascista. Karis era ricercato e si era dato alla clandestinità raggiungendo nel marzo 1943 una unità di partigiani sloveni che operava nella zona del Coll’io: la “Briski-Beneski Odred”. Karis era intenzionato a raggruppare gli italiani che operavano nelle unità slovene con il permesso del comandante della “Briski-Beneski Odred” si incontrò con il responsabile del Partito Comunista Italiano di Udine Mario Lizzero. Karis aveva fretta di costituire una unità italiana di partigiani mentre Lizzero aveva la necessità di procedere con metodo informando prima gli organi nazionali del Partito. I contatti però non riuscirono e Lizzero insieme ad un altro responsabile del Partito Comunista locale, Vincenzo Marcon detto “Davilla”, ebbero un secondo incontro con Karis. Questa volta si decise che sarebbe dovuto nascere un distaccamento denominato “Garibaldi”. Lavrebbe comandato Karis che per il momento doveva accogliere tutti i partigiani italiani che combattevano nelle unità slovene. La “Garibaldi” in realtà è più un atto politico simbolico che una unità in grado di reggere uno scontro armato con successo. Così la “Garibaldi” si stabilì nel paese di Clap in attesa di ingrandirsi con l’arrivo di altri combattenti. Soltanto nell’aprile 1943 Lizzero riuscì ad informare i dirigenti del Partito Comunista della avvenuta costituzione della “Garibaldi”. Non senza qualche discussione giunse il consenso politico alla “Garibaldi”. Frattanto nella zona di Clap iniziarono i rastrellamenti per snidare i partigiani. Karis e i suoi non si sentivano al sicuro e così presero la decisione di spostarsi a Ronchi dei Legionari. Si era nel giugno del 1943 ed il distaccamento comandato da Mario Karis era composto fra gli altri da Giovanni Fiori, da Antonio Dettori e da Brunetto Parri. L’arrivo inaspettato della “Garibaldi” suscitò sconcerto nel responsabile del PCI Vincenzo Marcon. Così si decise di prendere contatto con il gruppo che si era accampato in un bosco vicino a Monfalcone, incaricata di fare da staffetta fu Ondina Peteani. Così Giovanni Fiori ricorda l’incontro: “Dopo qualche giorno venne la compagna Ondina Peteani “Natalia”, prima staffetta del movimento partigiano italiano, ci informava che il funzionario del Partito Comunista Italiano della zona Trieste-Monfalcone, certo “Davilla” (il suo vero nome, credo, Marcon Vincenzo) non trovava giustificazione della nostra presenza e ci considerava dei disertori. Da notare che ognuno di noi, come ogni volta, aveva una lettera e che il Karis le consegnò ai compagni del Partito Comunista di Udine. Quindi la compagna “Natalia”, dopo aver pernottato con noi nel bosco ripartì per Monfalcone”. Il gruppetto attese quattro giorni nel bosco ma, non avendo più notizie, decise autonomamente di raggiungere Ronchi dei Legionari. Qui si nascosero nella casa dei Fontanot (unici sicuramente affidabili) e di qui si spostarono a Trieste nella casa di Darko Pezza in via Seismit Doda. Di fronte al fatto compiuto occorreva rifornire gli uomini e di mantenere i contatti. Occorrevano staffette, Ondina Peteani venne incaricata del compito. Finalmente Ondina è stata “rapita” e può “andare in montagna”. La realtà della guerra e i suoi pericoli non tardarono a togliere a tutta l’impresa il velo romantico che l’adolescenza vi aveva ricamato.
(5) Testimonianza di Ondina Peteani conservata presso l’Associazione Nazionale ex Deportati Politici nei Campi Nazisti di Milano, pp. 1-2.
Audio Lezioni di Storia moderna e contemporanea del prof. Gaudio