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27 Gennaio 2019La condizione sessuale
La sessualità faceva paura, come scatenamento di istinti mal refrenabili. E non si intende con questo la sessualità in senso ristretto, “tecnico” del termine; ma la sessualità come corporeità, come fisicità. La sessualità come impulso animale, in una società come quella del primo medioevo, dove la differenza fra uomini e animali non è così marcata come siamo abituati a pensarla, doveva essere avvertita dagli uomini di cultura, ma soprattutto di fede cattolica come un pericolo imminente e quotidiano di degradazione, violentemente in contrasto con le tensioni spirituali. Opposta era la moralità tipica del paganesimo germanico che portava modelli di vita e atteggiamenti mentali, tipici dell’aristocrazia guerriera, nei quali “L’animalità” era intesa come valore positivo, quale espressione di vitalità, di forza, di violenza e quindi di nobiltà e potere. Molto particolare era il legame tra cibo e sessualità: non solo la moralità del tempo poneva l’uomo forte, il nobile, il potente come colui che mangiava e doveva mangiare molto, soprattutto carne, ma anche i testi scientifici, i quali erano legati ad una delle teorie fondamentali della medicina e dietetica classica, sostenevano l’esistenza di quattro “umori” (caldo, umido, freddo, secco) che, variamente combinati, costituiscono tutto ciò che esiste e si manifesta in natura. Ora, poiché i medesimi testi scientifici intendono la sessualità come eccesso di umori caldi e umidi, risulta evidente come si sviluppò una vera e propria etica sociale della alimentazione.
Così come l’uomo, per essere considerato tale, contadino, soldato o possidente, aveva il vero e proprio dovere di mantenere viva la sua sessualità, e al contrario il monaco di reprimerla completamente, così il comportamento, il corpo e l’abbigliamento femminile erano oggetto di restrizioni
La testa della donna sarà sempre copertissima per segnalare la sua sottomissione all’uomo, e per celare i capelli, considerati l’espressione della potenza della sessualità femminile; le ragazze erano libere di portarli sciolti mentre le maritate raccolti e legati sulla testa. Rasare a zero i capelli ad una donna costituiva una forma di punizione.
Secondo il diritto germanico, nel contratto matrimoniale la donna era oggetto, e non faceva che passare dalla tutela del padre a quella del marito
Le autorità ecclesiastiche invece vedevano nelle donne “il sesso più debole, l’Eva peccatrice”, ma secondo la dottrina cristiana la donna non meno dell’uomo era creatura di Dio e era salvata da Cristo: l’uguaglianza tra uomo e donna e la dignità personale di quest’ultima nella salvezza sono così riconosciute.
La donna è la ricca ereditiera, la donna è colei che genera il successore; ovviamente, più è alto il rango sociale più è importante questa funzione, tanto che nelle sanzioni pecuniarie previste dalle leggi franche la donna incinta e la donna fertile hanno un preciso “prezzo” legale. Pur accettando pienamente l’idea del matrimonio, la chiesa cristiana cattolica attribuiva un valore di gran lunga superiore alla verginità dedicata a Dio. Qui sta il nocciolo della dottrina Agostiniana. l’atto carnale veniva subordinato totalmente alla finalità riproduttiva, mentre ogni ricerca di piacere o pratica di contraccezione era respinta.
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