Testo descrittivo
27 Gennaio 2019Dipinti di Antonello da Messina
27 Gennaio 2019di Alissa Peron
Il titolo è contraddittorio con l’impegno profuso dal Petrarca per l’opera, la colloca ad un livello inferiore rispetto alla produzione in lingua latina; probabilmente non si tratta di schegge di cose volgari, è un insieme di singoli componimenti con un valore complessivo superiore alla loro somma, ed ha impegnato l’autore dal 36 al 73-74. La forma nei primi anni non era ancora definita, era iniziata una raccolta di testi in volgare; la prima forma, componimenti articolati e in un ordine preciso, risale al 1342 e doveva iniziare con il componimento che ora è il 34, un sonetto dedicato ad Apollo, e si capisce perché Apollo è dio della poesia e ama Dafne che per sfuggirgli si trasforma in lauro ecc. Lo sappiamo dai primi fogli di minuta delle prove di alcuni suoi componimenti raccolti nel codice vaticano latino 3196, e oltre agli abbozzi contengono anche note in latino di Petrarca ai suoi componimenti; la lingua d’uso e comunicazione ordinaria per il poeta è il latino, il volgare diventa una lingua specializzata alla produzione lirica. La seconda forma è del 1350 anch’essa ricostruita partendo da alcuni dati e ipotizzata induttivamente (note, postille…); la terza risale al 1356-1358 ed è chiamata forma Correggio dal nome di Azzo da Correggio, ricavata da una nota che fa pensare che Petrarca faccia trascrivere al suo copista una forma dei rerum vulgarium da regalare all’amico e una forma che serve anche a lui. Non sappiamo molto di questa forma, sappiamo che c’era la divisione in due parti. Tra 1359 e 1360 nascono due altre sillogi, e le tre forme crescevano aumentando il numero dei componimenti. La quarta forma è chiamata Chigiana da un manoscritto conservato alla biblioteca vaticana autografo di Boccaccio; è la prima attestazione dell’opera e nel titolo è scritto nuper laureati poetae riferito a Petrarca, Boccaccio dava particolare enfasi a questo riconoscimento. La quinta forma è quella del vaticano latino 3195, tutte le successive sono variazioni di questo codice; è nota come raccolta di Giovanni Malpaghini il copista e raccoglie i fogli scritti dall’uno e dall’altro; la sesta forma comprende gli interventi di Petrarca sulla quinta, siamo nel 1371-72. Petrarca regala una copia del Canzoniere all’amico Pandolfo Malatesta, che gli aveva chiesto per lettera di inviargliene una copia, è questa la settima forma. L’ottava è detta queriniana, modificata nell’ordine dei componimenti; la nona è quella definitiva che fissa i fragmenta come oggi li leggiamo. I ritocchi che dedica nel corso di quarant’anni non fanno pensare a nugae, a fragmenta; le scoperte recenti hanno provato che nell’ultima parte della vita Petrarca è incerto se ritrascrivere la forma definitiva con nuove correzioni. Il volgare è lingua scelta per un genere particolare, Petrarca doveva fare i conti con Dante sia comico, che recupera in funzione lirica, sia delle petrose; con la tradizione stilnovistica, con i siciliani, e con la tradizione occitanica; è una tradizione complessa e Petrarca fa la grande scommessa di trovare una via di novità. Contini introduce la dicotomia Dante plurilinguista, Petrarca monolinguista, distinzione funzionale e non reale; ma anche Petrarca ha una varietà formale derivatagli dal confronto con Dante; del resto l’intento è lirico e in relazione con il qui e ora e la sua drammaticità, non didattico ed escatologico come quello della commedia. Il Dante lirico con la canzone donne ch’avete si rivolge a donne che hanno fatto esperienza d’amore, pubblico particolare dove prevale l’esperienza; Petrarca sceglie un pubblico, come si vede dal primo componimento in primo piano sono coloro che ascoltano la parola del poeta; la notazione è specificata al v 7, non solo coloro che ascoltano ma anche coloro che hanno esperienza diretta d’amore, Petrarca dilata il pubblico e recupera l’esperienza stilnovistica, allargando così in effetto i destinatari. Inizia con un sonetto, come la Vita Nova, con struttura rimica semplice, ricco dal punto di vista fonico, assonanza tra versi fuori rima; rime sparse, rime volgari, originariamente sparse ma adesso in forma di un libro ed in questa forma vengono offerte ai lettori. Questo è un sonetto guida che spiega il senso di tutta l’opera, quindi sarà stato scritto per ultimo, non alla fine della vita del poeta ma intorno agli anni Cinquanta, nel momento in cui il Canzoniere si sdoppia. Questo componimento aiuta a capire l’intento del poeta: per otto versi non ci sono pause forti, si inizia con un voi che rimane sospeso, è generico e diventa pubblico privilegiato degli amanti al v 7, e l’autore medesimo compare al v 8; l’attesa che si crea con v 1 trova soddisfazione al v 8. Le rime sparse sono inorganiche ed occasionali, il suono è l’espressione; al tempo del mio primo giovanile errore; del vario stile… spero, il sintagma è all’inizio del verso ed è parte della sospensione sintattica che percorre gli otto versi, Petrarca rifugge dal mettere un verbo portante fino alla fine. Il sonetto proemiale è efficace perché la sospensione crea attenzione. Il vario stile dice che il genere non sarà uno, la scrittura sarà una varietà nella forma e nella disposizione dei componimenti: il Canzoniere ha rispetto della cronologia, una varietà di tipo metrico e varietà di tipo tematico, rientrano nell’esperienza amorosa gli ambiti della vita, della politica in cui Petrarca era coinvolto. Speranze e dolore saranno tratti caratteristici; il dolore sarà poi elemento positivo perché grazie al rifiuto della donna ottiene fama per lei e salvezza per lui. Ove sia chi per prova… è riferimento al Tanto gentile di Dante v 11, ch’intender non la può chi non la prova. Pietà e perdono è un raddoppiamento nominale, comune in Petrarca e tipico della lirica trobadorica. La prima terzina è isolata, si conclude con una pausa semiforte; ora mi accorgo che fui motivo di chiacchiere per gran tempo, nel terzo verso impazza l’allitterazione in m, è un verso facile da ricordare in cui ogni parola richiama l’altra. Favola fui gran tempo è citazione da Orazio, epodi 11 7-8, per urbem quanta fabula fui. Vaneggiare è l’esperienza già giudicata come inutile, che genera come frutto la vergogna, il pentirsi e il “conoscer chiaramente” che corrisponde al ben veggio, che ciò che piace su questa terra è un breve sogno, assonanza con suono e sono, gli estremi del testo sono coinvolti nell’assonanza, lui, la poesia e il vaneggiare di ogni desiderio umano.
I componimenti sono in successione cronologica non in base alla composizione ma alla storia che si sta raccontando. Petrarca prediligendo il racconto d’amore dice che questa vicenda è stata dominante nella sua esistenza, caratterizzata però anche da amicizia, politica, viaggi che si intersecano con il tema dominante, e questa esistenza varia e complessa che egli analizza diventa l’esistenza di ogni uomo. I sonetti 2 e 3 ci dicono quando e come è avvenuto l’innamoramento, il 6 aprile 1327 venerdì santo, Cristo muore e lui è disarmato, ma venerdì è dies Veneris, c’è subito sovrapposizione di piani.
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[…] Introduzione al Canzoniere di Petrarca di Alissa Peron […]
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