Dante e Machiavelli, pur appartenendo a periodi e contesti molto diversi, hanno tratti comuni sulla concezione dell’uomo. Entrambi dimostrano con le loro opere una visione piuttosto pessimistica dell’umanità: nell’Inferno dantesco Minosse, il ministro divino cui è affidato il compito di porre i peccatori nel giusto girone attraverso il numero di cerchi descritti dalla sua coda, non interrompe mai il suo lavoro, e questo è segno della grande quantità di peccatori morti senza pentirsi delle proprie colpe. Nella commedia di Machiavelli La mandragola” quasi tutti i personaggi sono disposti al tradimento e all’inganno per soddisfare il proprio utile; anche la virtuosa Lucrezia alla fine si piegherà alla volontà di tutti gli altri e compirà azioni contro i valori in cui crede, accettando la soluzione finale come voluta da Dio; Machiavelli rappresenta quindi un’umanità egoista ed incline al male che soffoca rari fiori di virtù. Nel Principe Machiavelli descrive il comportamento di papa Alessandro VI Borgia, che concentra i suoi sforzi nel soddisfare la propria ambizione e brama di grandezza per sé e per i propri figli, dimostrando sempre grande immoralità. Questo è un esempio contemporaneo allo scrittore di egoismo da parte di una personalità che, per la sua posizione ed il suo ruolo, avrebbe dovuto essere un maestro di virtù. In un altro passo del Principe Machiavelli dà una caratterizzazione molto negativa dell’umanità definendola una massa di popolo: questespressione serve ad affermare che la maggior parte degli uomini guarda più all’apparenza che alla sostanza delle cose e delle persone, atteggiamento tipico del popolo poco istruito e poco attento. Partendo da questa considerazione dichiara che per un principe è più importante far vista di seguire ed esercitare le virtù che agire veramente in questo modo. Dante, avendo scritto nel periodo medievale, ha una visione teocentrica del mondo ed è convinto che è compito dell’uomo seguire la volontà di Dio ed accettarla di buon grado; strumenti e guide nel difficile percorso che conduce a raggiungere questo scopo sono la ragione e la teologia, rappresentate allegoricamente da Virgilio e Beatrice. Il poeta non è completamente pessimista ma evidenzia che spesso l’uomo fraintende il volere di Dio ed è quindi indotto in errore. Nel contesto dell’incontro con gli avari e i prodighi, fa pronunciare a Virgilio un discorso sul diffuso concetto sbagliato della fortuna: l’uomo la vede come una dea bendata che assegna i beni ora all’uno ora all’altro, ed impegna la propria vita nella loro ricerca. In verità, sostiene Dante, questo passaggio dei beni terreni avviene secondo un preciso progetto di Dio che l’uomo non può conoscere, ma a cui non può opporsi; perciò afferma che è vano ed insensato preoccuparsi soprattutto del possesso di beni materiali, come moltissimi uomini fanno. Per Machiavelli invece la fortuna coincide con il caso, è come per Dante qualcosa che l’uomo non può controllare, ma che incide sulle vicende umane nella stessa misura delle virtù, mentre Dante non le dà un peso così notevole. Machiavelli, come autore rinascimentale, è fautore di una visione antropocentrica del mondo e spiega il variare di alcuni atteggiamenti dell’uomo mettendolo in rapporto con le istituzioni a cui è abituato. Nei capitoli dedicati al mantenimento di principati conquistati, Machiavelli distingue il modo di comportarsi di fronte a repubbliche e a governi totalitari: nel primo caso l’uomo è sempre stato abituato ad essere governato secondo unequa costituzione ed ha profondamente radicato il concetto di libertà, quindi in nome di essa è disposto anche alla ribellione ed è difficile per un dominatore piegarlo alle sue leggi. Non possiede questa forza chi è da sempre abituato ad essere dominato da un governo dittatoriale, perché è solito esercitare l’obbedienza e la sottomissione.