Università, l’Italia retrocede
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27 Gennaio 2019Caro Ministro, così non va
Programma annuale 2010 e finanziamenti alle scuole – Richiesta unitaria di incontro urgente
CISL – 19 gennaio 2010
In data odierna, CISL Scuola, Flc CGIL, UIL Scuola, Snals e Gilda hanno richiesto un incontro urgente in relazione alle questioni aperte relative ai finanziamenti, alla definizione del programma annuale 2010 e all’utilizzazione delle risorse attribuite alle istituzioni scolastiche.
Bilanci, presidi alla guerra
ItaliaOggi – 20 gennaio 2010
di Alessandra Migliozzi
La nota ministeriale 9537, quella con le indicazioni per predisporre il programma annuale di spesa a per il 2010 (si vedano le anticipazioni di ItaliaOggi del 22 dicembre scorso), rischia di mandare le scuole sull’orlo del crack e di costringerle a farsi commissariare. E’ l’allarme lanciato dai presidi mentre nelle istituzioni scolastiche monta la protesta per i fondi irrisori predisposti dal ministero e per i tagli imposti sulle spese per le pulizie (meno 25%) che determineranno, spiegano i dirigenti, «un calo della qualità del servizio e la necessità di ricorrere ai collaboratori scolastici, già decurtati dalla legge 133, distogliendoli dalla sorveglianza».
I primi a farsi sentire sono stati i capi di istituto dell’Anp, l’associazione guidata da Giorgio Rembado, che ha scritto al responsabile del dipartimento per la Programmazione, Giovanni Biondi, e al direttore generale per la Politica finanziaria e il bilancio, Marco Ugo Filisetti, per contestare i contenuti della nota e chiedere rettifiche: «Deve essere sottolineato il fatto che alcune indicazioni aggravano la situazione finanziaria degli istituti, già di per sé pericolosamente precaria«, scirve Rembado, «…una volte detratte dalla dotazione annuale le risorse relative al Fis, la spesa per i contratti di pulizie (decurtati del 25%) e (per le superiori) l’importo per gli esami a carico delle classi terminali, resta nella disponibilità dell’istituto una esigua differenza che dovrebbe coprire le spese per le supplenze brevi e il fabbisogno per il funzionamento». Le scuole dovranno mettere nell’aggregato Z (fuori bilancio) i crediti che hanno nei confronti dello stato (un miliardo in tutto), quelle che hanno anticipato i soldi per le supplenze negli scorsi anni finiranno «in grave disavanzo di amministrazione», avranno i bilanci in rosso, lamenta Rembado. Bilanci che alcuni consigli di istituto si apprestano a non firmare, a rischio di farsi commissariare. Mentre in Piemonte l’Asapi, l’associazione delle scuole autonome guidata da Nunzia del Vento, ha approvato un documento che invita a disattendere in alcuni punti la nota del Miur, a non «accogliere l’opportunità di inserire nell’aggregato Z i residui attivi» in quanto considerata una forma impropria di radiazione dei crediti, a non attuare da subito il taglio del 25% sulle pulizie e ad applicare i criteri del dm 21 del 2007 (le vecchie regole, ovvero il capitolone di Fioroni eliminato con un colpo di spugna dalla nota 9537) per calcolare il budget per il funzionamento e le supplenze facendone esplicita richiesta al ministero. La Flc-Cgil ha deciso di impugnare la circolare del ministero. Mentre l’Anp chiede chiarezza definitiva sui residui attivi e sulle supplenze e invita a rettificare. «Noi abbiamo cinque plessi e per funzionamento e supplenze», racconta Stefano Mari, preside del 3° circolo didattico di Bologna, «dalla somma ricevuta dal ministero, tolti altri capitoli di spesa, ci restano seimila euro, una miseria. In più siamo afflitti dal taglio della spesa per le pulizie…In tutto ciò a noi lo stato deve 220mila euro, finiremo in passivo. Il Consiglio di istituto è orientato a non approvare il programma di spesa e a far venire un commissario ad acta».
La crisi, chi finanzia le scuole?
La Stampa – 20 gennaio 2010
a cura di Francesco Moscatelli
In Emilia le scuole puliranno i servizi un giorno sì e uno no per mancanza di fondi. Sono tagli frequenti?
Non si tratta purtroppo di un caso eccezionale. Spesso l’igiene degli istituti scolastici è appaltata a ditte esterne e i finanziamenti annuali del ministero della Pubblica istruzione coprono a stento le spese per l’attività didattica. All’inizio dell’anno, in quasi tutte le scuole, i dirigenti chiedono alle famiglie un «contributo volontario»per acquistare materiale di prima necessità: i toner e le risme di fogli per le fotocopiatrici, ma anche la carta igienica per i bagni.
Chi deve provvedere alle esigenze della scuola?
Per quanto riguarda l’attività ordinaria, le spese sono a carico del ministero per la Pubblica Istruzione. Fanno eccezione gli stipendi dei docenti e dei collaboratori scolastici di ruolo, pagati direttamente dal ministero del Tesoro, e la manutenzione degli edifici scolastici, che sono a carico degli enti locali (le scuole materne, primarie e secondarie di primo grado dei Comuni, le scuole secondarie di secondo grado delle Province).
Perché i finanziamenti ministeriali non bastano?
La prima difficoltà deriva dal fatto che i soldi, prima di arrivare nella casse degli istituti, passano attraverso diversi canali. Per questo è difficile valutare correttamente le esigenze di ogni scuola e gestire razionalmente il budget disponibile. Una parte dei finanziamenti, quella destinata al «Piano programmatico annuale», proviene direttamente dal ministero della Pubblica istruzione: ogni scuola ha una sua dotazione che dipende dal numero di alunni iscritti, dal numero di dipendenti e dai progetti e dalle sperimentazioni attivate. Gli altri finanziamenti invece, in base alla legge 440 del 1997 sull’autonomia scolastica, sono filtrati dagli uffici scolastici regionali e provinciali.
A quali spese sono destinati i fondi del «Piano programmatico annuale»?
Alle spese didattiche e amministrative ordinarie (laboratori, bollette, commissioni per gli esami di Stato, materiale di cancelleria, eccetera), al fondo d’istituto (la cifra stanziata da ogni scuola per pagare gli straordinari ai docenti e al personale non docente di ruolo, per l’assistenza agli alunni disabili, per i corsi di recupero e per gli appalti di pulizia) e alle supplenze. Il paradosso di questi mesi è che questi finanziamenti fanno riferimento alle esigenze di due anni fa, che ovviamente in molte scuole non corrispondono più alla realtà. Se in un istituto, ad esempio, ci sono insegnanti assenti per maternità che due anni fa erano in servizio, oggi mancano i fondi per retribuire il personale supplente.
In base a quali criteri vengono distribuiti?
In teoria ogni scuola potrebbe calcolare il proprio budget annuale in base alle norme sulla contabilità scolastica del 2001 e alle tabelle del Decreto ministeriale 21 del 2007, il cosiddetto «Capitolone». Questo decreto dovrebbe permettere di stabilire una cifra esatta in base alle caratteristiche di ogni istituto (i costi di gestione del laboratorio di pasticceria per gli istituti alberghieri, i compensi della commissione di maturità per le scuole secondarie di secondo grado ecc..). Ma anche in base al numero dei docenti, del personale Ata e degli studenti. In realtà molti presidi sono sul piede di guerra: il 22 dicembre scorso hanno ricevuto una comunicazione che indicava una disponibilità annuale molto distante dal calcolo effettuato con il «Capitolone».
Come vengono gestiti i fondi degli uffici scolastici regionali?
Ogni anno le direttive emanate dal ministero stabiliscono la destinazione finale di questi fondi. Qualche esempio? Per la formazione dei docenti o per il progetto «Libro amico», per il potenziamento delle lezioni di informatica o per l’insegnamento di una seconda lingua straniera. A quel punto ogni scuola, in base alle disposizioni della direttiva, deve presentare una richiesta all’ufficio regionale o provinciale competente. I problemi, in questo caso, riguardano in particolare la tempistica dei finanziamenti che non è in linea con la normale programmazione delle attività didattiche.
Quali altri strumenti hanno a disposizione le scuole pubbliche?
A parte le eventuali donazioni di privati (che spesso sostengono l’acquisto di computer, biblioteche o laboratori), sempre più scuole attivano progetti ad hoc finanziati dagli enti locali, grazie ai piani comunali e provinciali per il diritto allo studio, oppure dall’Unione europea. Questi fondi, in ogni caso, sono sottoposti a una rendicontazione molto precisa e non possono essere in alcun modo utilizzati per sanare eventuali deficit del bilancio «ordinario».