Voto Formigoni per un bene maggiore, non come male minore
27 Gennaio 2019Volontariato e giustizia
27 Gennaio 2019Il tempo corre via davvero. Mi pare ieri desser arrivato qui, invece è quasi un anno che ci sono dentro. Molte cose ho veduto, molte altre le ho vissute. In qualche sgangherata relazione ho tentato di disegnare una riflessione, ora è tempo nuovo per altre considerazioni. Giorno dopo giorno insieme ai ragazzi, ognuno con il proprio carico di ombre nomadi, ma tutti con una luce di speranza salire agli occhi.
Esistono tante comunità, tante aree di trattamento, molteplici tecniche terapeutiche: nella Casa del Giovane” si aggiunge all’operare razionale, il coinvolgimento dei sentimenti, l’approccio empatico che non consente meccanismi di dissociazione. Ho avuto modo di osservare, ascoltare, accompagnare tanti giovanissimi nella legatoria ove sono l’incaricato. e mi accorgo che lavorare con i giovani può risultare una sorta di prevenzione. Sono ragazzi svegli, vivi, forti perfino nello sfuggire la fatica.
Arrivano in comunità a seguito del corso della Giustizia minorile, la quale cerca di rispondere alle problematiche degli adolescenti, di coloro che entrano nel circuito penale, come di quanti vivono contesti familiari e ambientali difficili.
Mi rendo conto che le Istituzioni e quindi la società non riescono a soddisfare queste istanze, questi bisogni, queste grida silenziose; non per mancanza di mezzi, ma per un disinteresse e per unindifferenza che tocca ogni singolo cittadino, che non si assume l’onere e il preciso dovere di sostenerli per fuoriuscire dalle proprie problematiche; a mio avviso non scelte ma consequenziali a una imperante cultura della mercificazione.
In tutta onestà non vedo guerrieri in erba, tanto meno bambini dagli occhi strani, invece intravedo ragazzi seduti sul ciglio del baratro più oscuro, ragazzi soli che non conoscono la solitudine; ma sentono il morso del distacco attuale e reagiscono con un tempo che non è libero, perché è perduto, così tentano di fermarlo, di esorcizzarlo nella ricerca dell’emozione forte, nell’alcool, nella droga, con il rischio estremo: traducibile in una vita costantemente sconosciuta.
Ragazzi isolati, che a loro volta si isolano in uno sballo a tamburo battente, dove i timpani diventano i polmoni. La loro sordità a cercare, creare e mantenere relazioni, è quanto meno paritaria alla ottusa cecità della collettività, la quale non intende proporsi come soggetto protagonista, e della propria evoluzione famigliare, e della propria attenzione disponibile ai bisogni e alle sofferenze dei giovani all’intorno, i quali inascoltati non troveranno quei riferimenti certi con cui identificarsi.
Minori a rischio che troppo superficialmente sono gia etichettati devianti, e perciò irrecuperabili.
Ma qualcosa non quadra, qualcosa sfugge in questumanità che va scavando con le dita rotte quel senso nascosto al primo strato. Per noi adulti-formati-realizzati è sempre tutto chiaro, soprattutto nel condannare…le azioni o le inquietudini degli altri… naturalmente.
Ma a volte succede che tutto ciò che è chiaro, non lo è per niente, perché cela qualcosa; un meccanismo che riproduce e rafforza quel tipo di convinzione-scaccia responsabilità, che annulla ogni possibilità di cambiamento e innovazione.
Intorno a questo tavolo di lavoro, al fianco dei ragazzi ci sono i loro mulini a vento, i vicoli ciechi, il vento che trasporta lontano gli echi. Io li ascolto litigare con i centri di potere virtualizzati, estetizzati, creati a loro misura da chi ama le parole e ben poco il fare. Mentre occorre fare i conti con l’articolato più a noi vicino, all’uomo come fine, come valore in sé intoccabile.
Casa del Giovane” e tanti ragazzi intenti a trovare orme e segni riconoscibili, in questa casa che è storia e mai rifugio accomodante. Un trampolino di lancio per ridefinire le nostre forme di convivenza, socializzazione, di solidarietà. Una radice che è storia, è passato-presente-futuro, per la ricchezza delle cose successe, per le istanze e aspettative a vedere riconosciuti i propri percorsi di vita.
Sento energia e speranza danzare al mio intorno, in questo laboratorio dove si forgia il futuro, lo sento anche nei ragazzi, che imparano ad apprezzare l’assoluta necessità di chiarezza, strategia e visione del campo, per raggiungere dei risultati.
Un ragazzo mi ha chiesto: Vado a scuola o a lavorare? Resto qui o torno a casa? Tu cosa mi consigli?”.Penso di avergli risposto correttamente, ma altri sono i riferimenti autorevoli che l’hanno bene indirizzato, tantè che ora sta crescendo alla grande.
Ma questo capire con la testa e con il cuore mi consente di riconfermare il valore aggiunto insito in questa comunità: l’accompagnamento costante” per non sbattere volutamente la testa contro il muro, interiorizzando la capacità di aggirare l’ostacolo, conoscendone i punti deboli e finalmente dialogando con i propri limiti.
Non è facile, nell’età dei rifiuti, delle ribellioni, delle reazioni emotive, avere fiducia nell’altro che guida e a volte rimprovera. Non è facile affidarsi all’onestà intellettuale degli altri, ma in questo luogo chi dice qualcosa ne è responsabile. Proprio per rendere proficua e costruttiva la tecnica dialogica, che impone ai due interlocutori, educatore-responsabile ed utente, di non barare.
Alla Casa del Giovane” c’è umanità nel servire e formare, c’è priorità alla disponibilità e all’accoglienza, ed è giusto sia così, perché avere e sentire e custodire umanità sta a significare che c’è prerogativa inalienabile al diritto di amare noi stessi e così gli altri. A tal punto che pensare all’umanità, al diritto di poter vivere nella propria dignità di persona, non è qualcosa di conferito statualmente, ma è sintesi e insegnamento che ci arriva da lontano.
Più mi addentro nel fare e nell’agire con l’altro, e più comprendo che andare verso l’altro conferma un valore che sta al di sopra della vita stessa, dandoci il modo per riconfermarci solidali e costruttivi a 360 gradi, e quindi richiedere la stessa cosa alla società.
A volte chi scrive e descrive un concetto, lo fa con arroganza, con la certezza di insegnare un verbo (seppure minore).
Penso che scrivere rappresenti una rottura netta con tutto ciò che è convenzionale per comodo: infatti per me scrivere non è assecondare”, ma rappresenta un cammino di scomposizione-ricomposizione, un cammino di rinascita. E un accostamento che mi sento di fare, con i ragazzi che con me lavorano: il loro non è passivo sopravvivere, non è esserci come risultanza di un contratto sanzionatorio, ma, per loro voce, è un percorso a tappe facente parte di un progetto più globale, che non ha prescrizioni né vincoli imposti, ma l’obbligo morale di una partecipazione attiva. Se questa a volte può sembrare non completamente condivisa, in realtà, quando le idee creative diventano bene comune, esse hanno il potere di trascinare la ragione al cuore”.
Nulla è davvero perduto, anche quando le tensioni e i bisogni rimangono al palo, anche quando il malessere che ci portiamo dentro sembra soffocarci, nel paesaggio ermetizzante che ci siamo costruiti intorno giorno dopo giorno. Ciò non deve arenarci né piegarci più del dovuto: è più salutare il cammino in salita, con le gambe che arrancano per la fatica, con un’immagine di noi disadorna, persino dimessa, ma essenziale, perché lattrattiva sta non nel poco esteriore, ma nel tanto interiore che possiamo riuscire a sfiorare con mano ferma.
Giovani a rischio” ce ne sono tanti, nelle città come nelle periferie, tutte diversità che esistono e con cui dobbiamo fare i conti. Ma spesso non siamo preparati alla scoperta, proprio perché esse circoscrivono la profondità delle nostre stesse sofferenze, attese esitanti, delle angosce difficilmente contenute, nel poco rispetto verso l’altro o l’altra, che invece è ragione del nostro stesso esistere.
Tutto questo denota un cocente male di vivere, che lasciamo in eredità alle future generazioni, ai ragazzi qui con me ora, a cui rimetto la mia capacità di sostenere una fratellanza allargata, basata su diritti e doveri, dove i problemi di tutti siano percepiti da ciascuno come propri, e ciascuno cerchi la soluzione dei propri problemi entro la soluzione dei problemi di tutti.
Se quanto fin qui esposto prospetta un modello limite, è pur vero che i modelli rappresentano dei fari, degli indicatori, e possono tracciare dei sentieri su cui camminare.
I contenuti e gli insegnamenti espressi dalla Casa del Giovane”, interpretati dai giovani intorno a me, non sono mai stanchi né impolverati dall’usura del tempo, sono insegnamenti per continuare ad individuare la via e il processo, grazie ai quali progettare e realizzare collaborativamente per perseguire sinergicamente -ciascuno con le proprie risorse e particolari modalità- obiettivi compatibili tra loro e convergenti, mediante una comune e condivisa tavola dei valori.
Questo è humus ideale per creare un terreno fecondo al rinnovamento culturale, con un richiamo alla tutela del patrimonio di esperienze, di progettualità, di fini, non sotto il vessillo dellaccondiscendenza, ma come tutela dell’attenzione comprensiva, sensibile, per un confronto dialettico che stabilisca chiaramente le difficoltà e le priorità per ognuno. Ecco che allora occorrono interlocutori che diano carattere discorsivo alle difficoltà.
In questo contesto di realtà avanzata, c’è il rischio preliminare di non poter dare di più”. Ma il di più” sta nel trovare convergenze, e tutte per produrre interventi molteplici: di assistenza, di rinnovamento, di riconciliazione.
C’è il senso della gratuità in questa condotta, gratuità che è passaggio dalla cultura dell’io alla cultura del noi, persino quando non riusciamo a credere in tutto ciò in cui crede l’altro, eppure crediamo in lui. Così ritorniamo alla nostra origine, all’uomo che tende a costruire unione, una strada da percorrere insieme, perché insieme siamo infine noi stessi.
La stessa accoglienza” che spinge forte in questa palestra di vita, è gratuità, che supera il limite e ci accomuna, ci fa crescere in quella dimensione umana che è vita.
I ragazzi, qui con me, continuano ad allenarsi e rafforzarsi, in forza di una progettazione che è peculiarità dì questa casa comune: la discussione delle idee che divengono proposta, per incedere sulla strada di una nuova cultura, nei riguardi della diversità e del disagio sociale.
In conclusione, non esistono risposte facili o risolutive. Non occorre confezionare un risultato tranquillizzante. Basterebbe camminare con l’ingenuità della sorpresa, nell’individuare e cogliere le problematiche esistenziali collocate dietro ciò che vediamo e sentiamo.
Queste righe sono un invito a diventare ognuno un interlocutore, nel rispetto dei ruoli e delle competenze, perché chi gioca con onestà questa partita fa un investimento. I ragazzi lo sanno , che la ricollocazione soggettiva non è meramente un fatto meccanico, ma avvio di pratiche di socializzazione e confronto, che si sostanziano sia nell’ambito lavorativo sia in quello scolastico, sia in quello creativo o culturale.
E un invito non solo per i giovani, ma pure per gli adulti, per i maestri, e per me stesso: affinché educare significhi sempre tirare fuori”, costruire insieme ciò che il nuovo millennio attende da noi tutti.
Vincenzo Andraous
Responsabile Centro Servizi Interni
Comunità Casa del Giovane
via Lomonaco 43
Pavia 27100
tel cell 348-3313386