Il furto della verginità di Alda Merini
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30 Luglio 2019
Gridasti soffoco di Giuseppe Ungaretti
dalla raccolta Un grido e paesaggi
Non potevi dormire, non dormivi…
Gridasti: Soffoco…
Nel viso tuo scomparso già nel teschio,
gli occhi, che erano ancora luminosi
solo un attimo fa,
gli occhi si dilatarono… si persero…
sempre ero stato timido,
ribelle, torbido; ma puro, libero,
felice rinascevo nel tuo sguardo…
Poi la bocca, la bocca
che una volta pareva, lungo i giorni,
lampo di grazia e gioia,
la bocca si contorse in lotta muta…
Un bimbo è morto…
Nove anni, chiuso cerchio,
nove anni cui né giorni, né minuti
mai più s’aggiungeranno:
in essi s’alimenta
l’unico fuoco della mia speranza.
Posso cercarti, posso ritrovarti,
posso andare, continuamente vado
a rivederti crescere
da un punto all’altro
dei tuoi nove anni.
Io di continuo posso,
distintamente posso
sentirti le tue mani nelle mie mani:
le mani tue di pargolo
che afferrano le mie senza conoscerle;
le tue mani che si fanno sensibili,
sempre più consapevoli
abbandonandosi nelle mie mani;
le tue mani che diventano secche
e, sole – pallidissime –
sole nell’ombra sostano…
La settimana scorsa eri fiorente…
Ti vado a prendere il vestito a casa,
poi nella cassa ti verranno a chiudere
per sempre. No, per sempre
sei animo della mia anima, e la liberi.
Ora meglio la liberi
che non sapesse il tuo sorriso vivo:
provala ancora, accrescile la forza,
se vuoi – sino a te, caro! – che m’innalzi
dove il vivere è calma, è senza morte.
Sconto, sopravvivendoti, l’orrore
degli anni che t’usurpo,
e che ai tuoi anni aggiungo,
demente di rimorso,
come se, ancora tra di noi mortale,
tu continuassi a crescere;
ma cresce solo, vuota,
la mia vecchiaia odiosa…
Come ora, era di notte,
E mi davi la mano, fine mano…
Spaventato tra me e me m’ascoltavo:
E’ troppo azzurro questo cielo australe,
troppi astri lo gremiscono,
troppi e, per noi, non uno familiare…
(Cielo sordido, che scende senza un soffio,
sordo che udrò continuamente opprimere
Mani tese a scansarlo)