Analisi del testo La quiete dopo la tempesta di Leopardi
2 Agosto 2019Contrasto tra gioia e dolore ne La quiete dopo la tempesta
2 Agosto 2019“La quiete dopo la tempesta” e “Il sabato del villaggio” fanno parte dei Canti, ma, sebbene condividano temi simili, sviluppano concetti molto diversi riguardo la percezione della felicità e l’esperienza umana.
“La quiete dopo la tempesta”
In “La quiete dopo la tempesta”, Leopardi sviluppa il tema del contrasto tra la sofferenza e la fugace sensazione di sollievo che segue una calamità. La poesia inizia descrivendo la natura, che riprende vita dopo il passaggio di una tempesta violenta. Il villaggio si anima nuovamente, e la vita quotidiana sembra rifiorire: il contadino torna ai campi, gli animali riprendono a pascolare, e il cielo si fa limpido.
Tuttavia, la riflessione che segue è amara: la “quiete” che segue la tempesta non è altro che un breve sollievo dalla sofferenza, e questo effimero piacere è dovuto proprio al confronto con il dolore precedente. Leopardi, attraverso il celebre verso “piacer figlio d’affanno”, esprime il suo pessimismo profondo: la felicità non è uno stato duraturo, ma solo un’interruzione temporanea del dolore. La vita umana è essenzialmente un ciclo di sofferenza, e i momenti di gioia sono sempre derivati dalla cessazione del male. In tal senso, non esiste un vero piacere positivo, ma solo la negazione momentanea della sofferenza.
“Il sabato del villaggio”
Passiamo ora a “Il sabato del villaggio”, una poesia apparentemente più serena, ma altrettanto carica di pessimismo leopardiano. In essa, Leopardi descrive la vivacità del sabato sera in un villaggio, quando tutti si preparano per il giorno di festa, la domenica. La gente vive nell’attesa della festa, con un senso di anticipazione gioiosa che anima il villaggio: la ragazza si adorna, il fanciullo corre felice, gli adulti si riposano dai lavori della settimana.
Tuttavia, anche qui Leopardi smaschera l’illusione della felicità. Il vero piacere non risiede nella domenica (che, quando arriva, porta con sé noia e disillusione), ma nel sabato, nell’attesa del piacere che ancora non si è concretizzato. La vita, secondo Leopardi, è simile al sabato: si vive nell’illusione di un futuro migliore, ma il presente è destinato a deludere le aspettative. È l’attesa che regala l’illusione della felicità, non il suo effettivo raggiungimento.
Confronto
Entrambe le poesie condividono una visione estremamente pessimistica della vita umana, benché la prospettiva da cui trattano il tema della felicità sia differente:
- Felicità e dolore: In “La quiete dopo la tempesta”, la felicità è percepita come un breve sollievo dalla sofferenza. Non esiste gioia senza il precedente dolore, e la vita è intrinsecamente legata a questa dialettica. Al contrario, in “Il sabato del villaggio”, la felicità è presentata come una proiezione nel futuro: non è tanto la cessazione del dolore quanto l’attesa di un piacere che, tuttavia, non si realizzerà mai pienamente.
- Temporalità del piacere: In entrambe le poesie, la felicità è sempre temporanea e condizionata. Tuttavia, mentre nella “Quiete” il piacere è legato a un preciso istante di tregua tra due momenti di sofferenza, nel “Sabato” la felicità è legata all’attesa e al desiderio di un domani che si rivelerà inevitabilmente deludente.
- Natura della felicità: Entrambi i testi confermano l’impossibilità di una felicità duratura e completa. Tuttavia, in “La quiete dopo la tempesta”, la felicità appare come un’illusione fugace e transitoria che emerge dalla fine del dolore. In “Il sabato del villaggio”, invece, la felicità non è mai reale: esiste solo nell’aspettativa, ma una volta raggiunta si svuota immediatamente.
Commento conclusivo
Leopardi, in queste poesie, sviluppa con grande finezza filosofica il tema della felicità come un miraggio irraggiungibile. La felicità, secondo il poeta, è indissolubilmente legata alla sofferenza: essa è o il sollievo momentaneo da un male passato o la promessa illusoria di un futuro che non mantiene ciò che promette. Questa visione, estremamente pessimistica, riflette la concezione leopardiana della vita come una condizione di perenne insoddisfazione, dove il piacere è sempre un’illusione o una tregua dal dolore.
In “La quiete dopo la tempesta” vediamo il meccanismo del piacere come assenza del dolore, mentre in “Il sabato del villaggio” assistiamo al piacere illusorio dell’attesa di un futuro che non potrà mai realizzare la felicità promessa. In questo, Leopardi sembra anticipare riflessioni esistenzialiste sulla condizione umana.
Ah, Leopardi! Genio indiscusso della riflessione sulla fragilità della condizione umana. Eppure, che grandezza nello svelare queste verità con la sua poesia sublime.
Lettura e commento di due poesie di Leopardi: La quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio
La quiete dopo la tempesta
Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;5
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato. 10
L’artigiano a mirar l’umido cielo,
Con l’opra in man, cantando,
Fassi in su l’uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua
Della novella piova; 15
E l’erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,20
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passeggier che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core. 25
Sì dolce, sì gradita
Quand’è, com’or, la vita?
Quando con tanto amore
L’uomo a’ suoi studi intende?
O torna all’opre? o cosa nova imprende? 30
Quando de’ mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d’affanno;
Gioia vana, ch’è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte35
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese 40
Folgori, nembi e vento.
O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena45
E’diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana 50
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D’alcun dolor: beata
Se te d’ogni dolor morte risana.
Il sabato del villaggio
La donzelletta vien dalla campagna,
In sul calar del sole,
Col suo fascio dell’erba; e reca in mano
Un mazzolin di rose e di viole, 5
Onde, siccome suole,
Ornare ella si appresta
Dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
Su la scala a filar la vecchierella, 10
Incontro là dove si perde il giorno;
E novellando vien del suo buon tempo,
Quando ai dì della festa ella si ornava,
Ed ancor sana e snella
Solea danzar la sera intra di quei15
Ch’ebbe compagni dell’età più bella.
Già tutta l’aria imbruna,
Torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
Giù da’ colli e da’ tetti,
Al biancheggiar della recente l’una. 20
Or la squilla dà segno
Della festa che viene;
Ed a quel suon diresti
Che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando25
Su la piazzuola in frotta,
E qua e là saltando,
Fanno un lieto romore:
E intanto riede alla sua parca mensa,
Fischiando, il zappatore, 30
E seco pensa al dì del suo riposo.
Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
E tutto l’altro tace,
Odi il martel picchiare, odi la sega
Del legnaiuol, che veglia 35
Nella chiusa bottega alla lucerna,
E s’affretta, e s’adopra
Di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba.
Questo di sette è il più gradito giorno,
Pien di speme e di gioia: 40
Diman tristezza e noia
Recheran l’ore, ed al travaglio usato
Ciascuno in suo pensier farà ritorno.
Garzoncello scherzoso,
Cotesta età fiorita 45
E’come un giorno d’allegrezza pieno,
Giorno chiaro, sereno,
Che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
Stagion lieta è cotesta.50
Altro dirti non vo’; ma la tua festa
Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.
Giacomo Leopardi – Canti (1917) XXV
Potrebbe essere interessante anche paragonare le due poesie “La quiete dopo la tempesta” e “A Silvia”
Nei testi poetici “La quiete dopo la tempesta” e “A Silvia,” infatti, Giacomo Leopardi offre due visioni della Natura che, pur condividendo similitudini, presentano anche significative differenze. Entrambi i testi utilizzano la Natura come un riflesso delle emozioni umane, esprimendo sentimenti di gioia e dolore attraverso immagini evocative.
In “La quiete dopo la tempesta,” Leopardi rappresenta la Natura come una forza potente che alterna caos e serenità. La tempesta simboleggia il dolore e le difficoltà della vita, mentre la quiete che la segue rappresenta un momento di pace e gioia, più apprezzato proprio perché contrastato dalla sofferenza. Questa alternanza tra tumulto e calma evidenzia un ciclo naturale, suggerendo che la serenità è tanto più preziosa quando emerge dopo il caos. In questo poema, il paesaggio sereno diventa una manifestazione della bellezza che può seguire i momenti difficili, invitando il lettore a riflettere sull’importanza di apprezzare la tranquillità.
Al contrario, in “A Silvia,” la Natura si presenta come apparentemente soave, in un contesto caratterizzato da bellezza e vitalità. Qui, Leopardi evoca la figura di Silvia, simbolo di giovinezza e speranza, ma l’insorgere di un’improvvisa malattia getta un’ombra di malinconia. La poesia mette in luce il tema della fragilità della vita, in cui i sogni e le aspirazioni giovanili possono svanire. La Natura, sebbene splendida, diventa un simbolo di mutabilità e di fugacità, sottolineando come la bellezza sia spesso accompagnata dalla consapevolezza della sua transitorietà.
In termini di emozione, “La quiete dopo la tempesta” trasmette un messaggio di speranza e rinnovamento, poiché il poeta celebra la tranquillità che segue le tempeste della vita. Al contrario, “A Silvia” evoca una profonda tristezza e un senso di rassegnazione, in cui la bellezza giovanile di Silvia diventa un ricordo doloroso di ciò che è andato perduto. Qui, la Natura non offre conforto, ma amplifica il dolore della perdita e l’impossibilità di recuperare momenti felici.
In conclusione, le due poesie di Leopardi offrono prospettive diverse sulla Natura, evidenziando il suo ruolo centrale nella condizione umana. “La quiete dopo la tempesta” invita a riflettere sulla serenità dopo il dolore, mentre “A Silvia” invita a meditare sulla nostalgia e sulla bellezza effimera della vita. In questo modo, Leopardi riesce a dimostrare che la natura in un modo o nell’altro ci inganna, rendendo la sua poesia un profondo e toccante commento sulla vita stessa.