Viaggio notturno nella letteratura italiana ep.14 (20/06/2020)
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21 Giugno 2020Un libro sottoposto a tanti pregiudizi a causa del suo carattere letterario (letteratura per l’infanzia) con una storia che all’inzio sembra semplicissima: le avventure di un burattino verso l’umanizzazione; si tratta del capolavoro di Carlo Lorenzini, detto Collodi: Le avventure di Pinocchio, storia di un burattino. Anche se è stato ricordato per questo tratto, la critica letteraria dimostra il contrario e ritiene il romanzo “non solo come un libro per l’infazia, ma un capolavoro della letteratura mondiale” [1].
Il libro ha suscitato l’interesse dei numerosi studiosi per la sua “polimorfica struttura” che “sempre offre lo spunto a molteplici interpretazioni” [2]. Nel mio lavoro ho scelto di fermarmi su Pinocchio come romanzo di metamorfosi, partendo dall’affermazione di Asor Rosa, che sceglie un sguardo impregnato di serietà e sostiene che “il mecanismo narrativo fondamentale e al tempo stesso il tema radicale del protagonista è la trasformazione, il continuo passaggio del protagonista da una condizione all’altra” [3].
LA PRIMA METAMORFOSI
Pinocchio comincia come un <<semplice pezzo di castata>>[1], quindi la materia che sta alla base di questo “essere” non ha necessariamente una destinazione ambiziosa, anzì è collegata ad una condizione umile e ad un scopo modesto, Cillegia voleva solo farsi una gamba di tavollino.
Il primo intervento della metamorfosi si rivela al lettore attraverso un’immagine uditiva, cioè la vocina. Questa vocina diventa simbolo della vita, “il principio vitale era gia infuso nel semplice pezzo da catasta, non aspetta l’intervento umano” [2], quella del falegname, per esserci. Al tempo stesso, mette in risalto la ribellione, la protesta di “quella coscienza embrionale che ha deciso di non diventare una gamba di tavolino”. Quindi, Pinocchio, opponendosi alla forza esteriore che si vuole esercitare su di lui, “dirige dall’interno”, sceglie la sua futura metamorfosi, quella in burattino.
Possiamo dire che in quel legno agisce un desiderio ardente di una personalità già esistente, con un tratto essenziale: una volontà per vivere che non poteva essere cambiata per niente, dunque “Pinocchio è già interamente presente nel ciocco di legno, non è un Frankenstein in cui l’assemblaggio dei pezzi incontri poi la difficoltà di animarli.” [3]
DAL BASSO ALL’ALTO
Dopo esser scolpito, Pinocchio è stato metaforicamente “mandato” nel ‘mondo di carne” e così “l’eroe della fame” diventa “vittima di una società ipocrita e malvagia” [4], la Toscana affamata. Qui, l’esistenza del burattino si sviluppa attraverso un modello chiaro, proposto da Asor Rosa: tentazione – colpa – punizione – salvezza. Le sue trasformazioni hanno un carattere doppio e anche contrario: dal più basso livello al più alto.
Egli regredisce, quindi avviene la trasformazione verso il basso. Diventa di nuovo la figura di un semplice pezzo di legno per Mangiafuoco e per il compratore di ciuchini, quindi si trova nel stato più basso dalla sua esistenza dal punto di vista evolutivo. Segue la situazione in cui la libertà, il valore primario dell’essere, gli è stata strappata, svolgendo il ruolo di cane da guardia (XXI), essendo caratterizzato sette capitoli dopo come pesce da friggere.
Una vera e propria metamorfosi avviene nel momento in cui da burattino il piccolo Pinocchio diventa asino (figura presenta nella tradizione mitologica, per esempio nell’Asino d’oro di Apuleio). L’evento succede nel Paese dei balocchi, ed è stato visto come una ‘metamorfosi al negativo’[5], il mutamento in asino essendo la “concretizzazione simbolica di un processo involutivo, conseguente al rifiuto dell’imperante etica borghese” [6]. Si intravvede una perdita di sé stesso e, automaticamente, del tratto principale del protagonista, “la volontà del soggetto” che viene “completamente annientata.” [7]
Dopo questi trasformazioni di decadimento, accade la metamorfosi inversa, oppure la morte quasi paradossale per il suo valore di rinascita. Pinocchio, da asino, muore divorato dai pesci, e riesce così a riacquistare la sua forma antecedente, quella di burattino. L’episodio è stato interpretato come “una sorta di rinascita patemica” [8], il momento in cui da ciuchino ritorna burattino, Pinocchio si ritrova nella sua “‘sua nudità originaria di struttura lignea” [9].
L’ULTIMA METAMORFOSI
Nel XXXVIº capitolo, il libro finisce con l’ultima immagine della metamorfosi, con l’ultimo intervento di questo processo complesso su cui è stato sottoposto l’ex antieroe. L’ultima metamorfosi, oppure il momento in cui Pinocchio diventa un “ragazzino perbene” , è rimasto nella tradizione letteraria come un evento in cui si compie il fine del libro, un fine essenzialmente pedagogico.
Possiamo dire che la trasformazione finale è “l’asse pedagogico del libro” : dopo aver vissuto nella seria meccanica <<tentazione – colpa – punizione – salvazione>> e dopo aver capito quali dovevano essere le qualità di un vero ragazzo, Pinocchio viene umanizzato e diventa, finalmente, un ragazzino perbene.
Ci sono pero diversi modi in cui può essere visto il fine del romanzo. Uno dei più interessanti, dal mio punto di vista, si rivela attraverso la descrizione fatta da Collodi, che possiede un forte potere visuale. Questo appartiene allo studioso Asor Rosa, che sostiene il fatto che il processo di metamorfosi si assomiglia al processo naturale di metamorfosi delle farfalle. Egli nota nel suo studio questa presenza nell’ultima scena della spoglia burattinesca da cui il fanciullo era uscito: una specie di grande larva svuotata [10]<< Grosso burattino appoggiato a una seggiola, col capo girato sur una parte, con le braccia ciondoloni e con le gambe incrocicchiate e ripiegate a mezzo, da parere un miracolo se stava ritto>>[11] opposta all’immagine <<intelligente di un bel fanciullo coi capelli castagni, cogli occhi celesti e con un’aria allegra e festosa come una pasqua di rose>>[12].
LEGGERE IN CHIAVE PERSONALE. Come la prendiamo?
Penso che sia anche un altro modo di analizzare quest’ultima pagina di Pinocchio e per questo è importante puntare il modo in cui classifichiamo il libro: nell’età innocente sicuramente avrebbe avuto un lieto fine. Raggiungendo una tale maturità e rileggendo, esso riesce a colpire altri dimensioni del mio pensiero.
Asor Rosa, il quale studio è stato alla base della mia lettura critica, affermava <<che strano destino, per diventare un uomo deve comportarsi come una bestia>>. Analizzando minuziosamente ed in chiave personale le ultime righe del libro sono arrivata alla conclusione che forse Pinocchio non avesse necessariamente desiderato questo scambio e che forse la parola “compiacenza” non è stata utilizzata “a caso” (come è stato considerato anche l’intero lavoro di Collodi), parola che ha come senso secondario nei dizionari <<desiderio di far cosa gradita a qualcuno>>. Pure la frase con cui finisce il libro sembra malinconica e nostalgica <<Com’ero buffo, quand’ero un burattino! e come ora son contento di esser diventato un ragazzino perbene!… >>[13], idea sostenuta anche dei puntini di sospensione che lasciano il fine aperto. Quindi, ci parliamo di un tale sapore di paradosso. La situazione paradossale capita con tutte le persone: sognare ad una cosa e dopo averla ripensare se fosse quello che desideravi davvero.
Pinocchio muore nell’ultimo tentativo di essere accettato e di continuare a sopravvivere: il prezzo della sopravvivenza è la perdita di se stesso[14] (Claudio Bosetto), opinione divisa anche dal regista e attore Roberto Benigni <<per diventare umano, per essere accettato nella società, Pinocchio deve infatti perdere l’ingenuità>>.
Mi metto dunque sul stesso livello con Collodi, che dimostra una <<simpatia per il burattino capriccioso e ribelle e non per il bambino ubbidiente e maturo>>[15]. L’incoscienza del burattino è in ciascuno di noi e non dobbiamo farla sparire. Anzi, Pinocchio, <<quel doppio selvaggio e incapace>>[16], sta alla base del nostro essere, << il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità>>[17]
CONCLUSIONI
Dal mio punto di vista, Pinocchio rappresenta, tra tante altre categorie letterarie, un romanzo di metamorfosi per eccellenza, in quale il protagonista corre da una condizione ad un altra e sperimenta mutamenti fisici e psichici, tutti risultando nell’ultima metamorfosi, quando il piccolo burattino raggiunge lo stato idealizzato e molto desiderato, diventa quindi un ragazzino perbene.
[1] Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, Carlo Collodi, Felice Paggi Libraio, 1883
[2] Ibid 1
[3] Le avventure di Pinocchio Tra un linguaggio e l’altro, Isabella Pezzini, Paolo Fabbri Meltemi Editore srl, 2002
[4] Il filo rosso. Antologia e storia della letteratura italiana ed europea, Secondo Ottocento, Marco Santagata, Laura Carotti, Alberto Casadei, Editori Laterza, 2006
[5] Il mito di Pinocchio. Metamorfosi di un burattino dalle pagine di Collodi allo schermo, Salvatore Consolo
[6] Antiche metamorfosi, percorso diacronico-comparativo da Apuleio a Collodi, Lucia Mattera
[7] Le avventure di Pinocchio Tra un linguaggio e l’altro, Isabella Pezzini, Paolo Fabbri Meltemi Editore srl, 2002
[8] Ibid
[9] Letteratura italiana, Dall’Ottocento al Novecento, Le Opere III, Alberto Asor Rosa, Einaudi, 1995
[10] Letteratura italiana, Dall’Ottocento al Novecento, Le Opere III, Alberto Asor Rosa, Einaudi, 1995
[11] Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, Carlo Collodi, Felice Paggi Libraio, 1883
[12] Ibid.
[13] Ibid.
[14] Pinocchio, una fiaba senza lieto fine, Claudio Bosseto, data di accesso: 29.11.2018
[15] Storia della letteratura italiana, Dall’Ottocento al Novecento, Giulio Ferroni, Mondadori, 2012
[16] Despre basmul cult sau T?râmul copil?riei, Montandon, Alain; Constantinescu, MuguraÈ(TM), Univers, 2004
[17] Letteratura della nuova Italia, XXIX. Comici. “Pinocchio” , Benedetto Croce, 1937
[1] Letteratura italiana, Dall’Ottocento al Novecento, Le Opere III, Alberto Asor Rosa, Einaudi, 1995
[2] Metamorfosi di un burattino. Una interpretazione de «Le avventure di Pinocchio» di Angelo Porcaro
[3] Ibid 2