I Druidi dal De bello gallico di Cesare
28 Dicembre 2019Il Didimo Chierico di Ugo Foscolo
28 Dicembre 2019L’ultima parte del Carme dei Sepolcri (versi 160-295) di Ugo Foscolo è una delle più intense dell’opera.
In questa sezione, Foscolo esplora i temi della gloria, della memoria e della sacralità della sepoltura attraverso una densa trama di riferimenti storici, letterari e mitologici. Il poeta mette in rilievo la funzione della poesia e della memoria collettiva nel preservare l’eredità dei grandi personaggi, sottolineando il ruolo dei sepolcri come luoghi eterni di celebrazione e ispirazione patriottica.
Testo e parafrasi
Testo E me che i tempi ed il desio d’onore |
Parafrasi:
«[…] E [la tomba in Santa Croce a Firenze, anche la tomba] di chi [Galileo], guardando il cielo infinito, vide molti mondi ruotare sotto il cielo, mentre il Sole li irradia rimanendo fermo. Per questo l’Inghilterra, che con l’inglese Newton aprì la strada alla scoperta dell’universo, è benedetta. Beata, ho esclamato, per l’aria pura e per le acque fresche che l’Appennino riversa sui tuoi campi! La Luna illumina le tue colline, che celebrano la vendemmia, e le tue vallate popolate di case e oliveti. Mille fiori mandano profumi al cielo. E tu, Firenze, hai ascoltato il canto che consolò Dante Alighieri, l’esiliato Ghibellino, e sei stata patria dei suoi cari e del suo idioma. Gli hai dato una voce capace di rappresentare Amore, quel sentimento che era nudo in Grecia e nudo a Roma, che Dante rivestì di un velo candido, rendendolo sublime. E tu, Firenze, sei ancora più fortunata perché in un tempio custodisci le glorie italiane, uniche forse da quando le Alpi e il destino hanno portato su di te armi, beni, templi e patria, lasciando intatta solo la memoria. E se ci sarà un segno di speranza e gloria per gli animi valorosi e per l’Italia, lo trarremo da queste tombe. Vittorio Alfieri si recava spesso a questi marmi per trarne ispirazione. Pieno di rabbia per la decadenza della patria, errava muto lungo le rive più solitarie dell’Arno, cercando sollievo nella contemplazione dei campi e del cielo. Non trovando pace, si fermava qui, austero, con il volto pallido e con una speranza che gli dava forza. Insieme a questi grandi personaggi egli riposa, e le sue ossa fremono d’amore per la patria. E sì, da quella pace sacra una divinità parla: era questa la forza che alimentava contro i Persiani i Greci nella battaglia di Maratona, dove Atene costruì tombe per i suoi eroi. Il navigante che veleggiava sotto l’isola Eubea vedeva scintillare nella notte le armature e le spade che cozzavano, le pire fumanti e figure di guerrieri spettrali che cercavano battaglia; e nella quiete notturna risuonava un tumulto di fanterie, un suono di trombe e lo scalpitio dei cavalli sui caduti, e lamenti e inni, e il canto delle Parche. Felice te, Ippolito, che nei tuoi verdi anni correvi libero il mare. E se il pilota ti guidò oltre le isole dell’Egeo, avrai certo sentito le onde dell’Ellesponto risuonare del ricordo di antiche battaglie, e la marea portare sulle coste le armi di Achille sopra le ossa di Aiace. Per i valorosi la morte è giusta dispensatrice di gloria; né l’astuzia né il favore dei re diedero a Ulisse le armi di Achille, perché il mare gliele portò via, mosso dagli dei infernali. E io, che i tempi e il desiderio di onore costringono a vagare in esilio tra genti straniere, chiamo le Muse, ispiratrici del pensiero umano, a evocare questi eroi. Esse custodiscono i sepolcri, e quando il tempo spazza via le rovine, le Muse rendono felici i deserti con il loro canto, che vince il silenzio di millenni. Anche oggi nella Troade deserta vi è un luogo eterno per la Ninfa amata da Giove, madre di Dardano, da cui nacquero Troia e i re romani. Quando Elettra sentì la Parca chiamarla nell’aldilà, pregò Giove di conservare almeno la sua fama sulla Terra. Così Elettra morì, e Giove, commosso, fece sacra la sua tomba. Là riposano altri eroi, e le donne troiane si recavano a piangere, sciogliendo i capelli. Là Cassandra, mossa dalla divinità, veniva a cantare ai morti, insegnando ai giovani a piangere la patria. Diceva loro: Se mai tornerete in patria, la troverete distrutta. E voi palme e cipressi piantati dalle vedove di Priamo, proteggete i miei padri. Chi non abbatterà queste fronde troverà consolazione nei lutti e toccherà santamente l’altare. Un giorno un cieco mendicante verrà a cercare qui tra le tombe e interrogherà le urne. La tomba racconterà la storia di Troia, distrutta e ricostruita due volte, e Omero canterà dei principi greci per tutta la Terra. E tu, Ettore, sarai onorato dove sarà venerato il sangue versato per la patria, finché il Sole risplenderà sulle sciagure umane.» |
Analisi delle figure retoriche e stilistica
- Similitudini e metafore: Foscolo usa immagini suggestive come il “padiglione etereo” (v. 160), che indica il cielo, e il “fiume incitato” (v. 225) per descrivere il mare che sottrae le armi di Achille a Ulisse. Queste immagini poetiche evocano un senso di eternità e mistero.
- Perifrasi e allusioni: La perifrasi “l’Anglo che tanta ala vi stese” (v. 164) si riferisce a Newton, padre della fisica moderna. Allo stesso modo, “Ghibellin fuggiasco” è un riferimento a Dante esiliato. Tali perifrasi celebrano i grandi intelletti e creano un senso di continuità tra passato e presente.
- Anastrofi e enjambements: L’uso di anastrofi, come in “cari parenti e l’idïoma / Desti” (vv. 175-176), e degli enjambements aumenta la fluidità dei versi e accentua la solennità del discorso, riflettendo la monumentalità e il peso emotivo dei temi trattati.
- Personificazione: Foscolo dà vita a concetti astratti come la “Religiosa pace” (v. 197) e attribuisce umanità ai defunti, i cui “animi fremevano d’amore per la patria” (v. 196). Questa tecnica sottolinea il valore umano e morale della memoria dei defunti.
- Richiami mitologici: Numerosi sono i richiami alla mitologia e alla storia greca e romana: Maratona (battaglia simbolo di resistenza), Elettra e Dardano (fondatori di Troia), Omero e il suo racconto epico. Questi riferimenti collegano il passato classico alla gloria italiana.
Commento finale
Foscolo, nei versi finali del Carme dei Sepolcri, esplora il ruolo della memoria e del sacrificio nella costruzione dell’identità collettiva. Firenze, patria di Dante, diventa emblema della continuità culturale e morale della nazione, dove le tombe dei grandi italiani offrono ispirazione e forza ai posteri. Vittorio Alfieri, rappresentato come un esule che cerca conforto e dignità tra le tombe fiorentine, incarna il patriota che si affida agli esempi di virtù del passato per resistere ai mali contemporanei.
La funzione delle Muse, protettrici della memoria storica, è centrale: esse cantano l’eternità delle imprese umane e preservano le glorie dei morti dall’oblio del tempo. Foscolo celebra quindi il potere della poesia come strumento di immortalità, in grado di vincere il silenzio dei secoli. Il richiamo finale a Ettore, eroe che ha versato il suo sangue per la patria, conclude l’opera con un’esortazione al sacrificio e alla gloria come valori immortali, validi finché ci sarà vita.
La concezione foscoliana della morte gloriosa è profondamente umanistica e idealistica: la sepoltura onorata diventa simbolo di un’eredità morale, un esempio che può ancora influenzare e dare speranza ai viventi. Foscolo esprime così un patriottismo universale, dove l’identità di una nazione è alimentata dalla memoria collettiva e dall’esempio dei suoi eroi.