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28 Dicembre 2019“Dei delitti e delle pene” è l’opera fondamentale di Cesare Beccaria, giurista, filosofo e letterato italiano, pubblicata nel 1764, che ha influenzato profondamente il pensiero giuridico e filosofico in Europa.
In questo testo, Beccaria esprime le sue idee illuminate e rivoluzionarie sui crimini e sulle punizioni, e tra le sue posizioni più importanti c’è la condanna della pena di morte.
Contesto storico
Nel XVIII secolo, la pena di morte era comunemente praticata in quasi tutti gli Stati europei. Le esecuzioni pubbliche venivano viste come un deterrente necessario contro i crimini gravi e come una manifestazione di potere e autorità da parte dello Stato. Tuttavia, il pensiero illuminista, con il suo richiamo alla ragione, ai diritti naturali e alla dignità umana, iniziò a mettere in discussione la giustificazione morale e pratica di questo tipo di punizione.
Beccaria, ispirato dalle idee dei filosofi illuministi come Montesquieu e Rousseau, fu uno dei primi a sviluppare una critica articolata e coerente contro la pena di morte. La sua argomentazione non si basava solo su ragioni morali, ma anche su considerazioni di efficacia sociale e utilità.
Argomentazioni di Beccaria contro la pena di morte
Nel capitolo XXVIII del suo trattato, intitolato “Della pena di morte”, Beccaria espone una serie di argomentazioni razionali contro la legittimità e l’efficacia della pena di morte.
- Il diritto dello Stato di togliere la vita: Beccaria sostiene che nessuno Stato ha il diritto di togliere la vita a un individuo, poiché nessun cittadino ha mai volontariamente ceduto questo diritto naturale. La legittimità del potere statale deriva da un patto sociale, ma questo patto non può estendersi al punto di concedere allo Stato il potere di decidere sulla vita e sulla morte dei suoi cittadini. La vita è un diritto naturale inalienabile, e nessun patto sociale può giustificare la sua sottrazione.
“Pare un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della volontà collettiva, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse stesse.”
- Inefficacia della pena di morte come deterrente: Uno dei principali argomenti a favore della pena di morte è sempre stato che essa funzionerebbe come deterrente per i potenziali criminali. Tuttavia, Beccaria contesta questa idea, sostenendo che la pena di morte è in realtà meno efficace rispetto ad altre pene, come il carcere a vita. La ragione è che la morte, essendo istantanea, impressiona solo brevemente e non ha un effetto duraturo sulla mente delle persone. Al contrario, una punizione prolungata e certa come la prigionia perpetua ha un impatto molto più forte sul comportamento umano, poiché agisce con continuità e costanza, facendo riflettere più a lungo sull’ineluttabilità della pena.
“Non è l’intensione della pena che fa il maggior effetto sull’animo umano, ma l’estensione di essa, perché la nostra sensibilità è più facilmente colpita da azioni che si ripetono con continuità nel tempo.”
- Possibilità di errore giudiziario: Beccaria sottolinea anche il rischio di errori giudiziari, inevitabili in ogni sistema legale. Una condanna a morte errata è irreversibile, e nessuna giustizia può riparare alla morte di un innocente. Per Beccaria, la fallibilità umana è un motivo fondamentale per rifiutare la pena di morte, poiché essa non offre alcuna possibilità di correzione.
“Ogni errore di giudizio può essere corretto con una pena perpetua, ma non con la morte, che è irreparabile.”
- Mancanza di utilità sociale: Beccaria considera la pena di morte una misura inutile dal punto di vista sociale. Non solo non è un deterrente efficace, ma rappresenta anche una violazione dei principi di giustizia che dovrebbero guidare le leggi. Lo scopo delle pene, secondo Beccaria, è quello di prevenire i crimini attraverso la riforma del criminale e la sua reintegrazione nella società. La pena di morte, invece, priva la società della possibilità di rieducare il condannato e di renderlo utile.
“Quale utilità pubblica può derivare dalla morte di un cittadino che potrebbe servire la società con il suo lavoro e la sua rieducazione?”
- Moralità e umanità: Un argomento più morale riguarda l’idea che uno Stato giusto non può abbassarsi al livello dei criminali che condanna. Per Beccaria, la pena di morte rappresenta una barbarie, una pratica crudele che non si addice a una società civile. Egli sostiene che un governo che condanna i suoi cittadini a morte sta compiendo un atto di violenza simile a quello che vorrebbe punire.
“Le pene, che oltrepassano la necessità di conservare il deposito della salute pubblica, sono ingiuste di loro natura.”
L’impatto delle idee di Beccaria
Le idee di Beccaria contro la pena di morte ebbero un impatto immediato e duraturo. “Dei delitti e delle pene” fu tradotto in molte lingue e influenzò profondamente il dibattito giuridico e filosofico in Europa. Pensatori come Voltaire, Diderot e Kant lessero e commentarono l’opera di Beccaria, contribuendo a diffondere le sue idee.
In particolare, l’opera di Beccaria fu presa in grande considerazione dai legislatori durante la stesura di nuove codificazioni penali. Le sue idee influenzarono le riforme del Codice penale austriaco nel 1787, che abolì la pena di morte sotto il regno di Leopoldo II, e successivamente altre riforme in paesi europei e nelle Americhe. Anche il Granducato di Toscana abolì la pena di morte nel 1786, diventando il primo Stato moderno a farlo.
Conclusione
Cesare Beccaria, con il suo trattato “Dei delitti e delle pene”, ha cambiato profondamente il modo in cui si pensa alla pena di morte e al sistema penale in generale. La sua condanna della pena capitale, basata su ragioni etiche, sociali e giuridiche, resta uno dei contributi più importanti alla storia del pensiero illuminista e continua a essere citata nei dibattiti contemporanei sulla giustizia e sui diritti umani.