Complemento di fine
28 Dicembre 2019Introduzione alla raccolta La bufera e altro
28 Dicembre 2019La poesia “La storia”, tratta dalla raccolta Satura di Eugenio Montale, offre una riflessione disincantata e ironica sul concetto stesso di storia.
In questa poesia, Montale demolisce la visione tradizionale della storia come un processo razionale e lineare, capace di giustificare il presente e fornire insegnamenti per il futuro, come suggeriva la famosa locuzione latina “historia magistra vitae”.
Invece, il poeta propone una visione frammentaria, caotica e spesso priva di senso, dove gli eventi si succedono in modo casuale e la storia non risponde né a logiche morali né a piani predefiniti.
Montale utilizza l’ironia come strumento per smontare queste convenzioni e suggerisce che la storia non solo è incomprensibile, ma persino ingannevole.
1) Testo della poesia “La storia” di Eugenio Montale (Satura)
La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l’ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.
Analisi delle cinque strofe di “La storia” di Eugenio Montale (Satura)
1) La storia non si snoda come una catena…
Montale inizia sottolineando che la storia non segue un andamento lineare, come una “catena di anelli ininterrotta”. L’immagine della catena, simbolo di connessioni logiche e sequenze temporali, viene subito smentita: “molti anelli non tengono”. Gli eventi storici non sono collegati da un nesso causale forte e diretto, ma si spezzano, rimanendo frammentati. La storia non può essere letta come una narrazione ordinata di cause ed effetti, poiché è piena di “anelli” che non si incastrano tra loro. In questo, Montale si oppone alla visione deterministica della storia, proponendo un’idea di discontinuità e casualità.
2) La storia non è prodotta da chi la pensa…
In questa strofa, Montale sottolinea che la storia non è fatta né da chi la pensa né da chi la ignora. Non è il risultato di un piano razionale né di un moto spontaneo della società. La storia “non si fa strada, si ostina”, rifiutando la logica progressiva del “poco a poco”, e non segue nemmeno un percorso prestabilito, poiché “si sposta di binario” e la sua direzione “non è nell’orario”. Con queste immagini, Montale descrive la storia come un fenomeno incontrollabile e imprevedibile, che non segue né un progetto umano né un destino prestabilito. L’immagine del treno che “si sposta di binario” e non segue l’orario suggerisce che gli uomini non hanno il controllo sulla storia, che si muove secondo logiche proprie e imprevedibili.
3) La storia non giustifica e non deplora…
La terza strofa accentua il carattere impersonale e indifferente della storia. Montale ribadisce che la storia non giustifica né condanna, non è intrinseca (cioè non ha una verità interna) ma “è fuori”. In altre parole, la storia non ha una dimensione morale: non è un sistema che distribuisce premi e punizioni, né serve da guida per il comportamento umano. L’affermazione “la storia non è magistra di niente che ci riguardi” è un attacco diretto alla tradizione secondo cui la storia dovrebbe insegnare qualcosa all’umanità. Montale nega questa funzione educativa: la storia non ha nulla da insegnare, e riconoscerlo non la rende più vera o giusta.
4) La storia non è poi la devastante ruspa…
Qui Montale smentisce anche l’idea della storia come una forza distruttiva onnipotente. La storia non è “la devastante ruspa che si dice”, poiché lascia dietro di sé “sottopassaggi, cripte, buche e nascondigli”. Questa immagine introduce una riflessione sulla capacità di alcuni individui o gruppi di sopravvivere alla storia, trovando rifugi o vie d’uscita. La storia non distrugge tutto e non compie tutte le sue vendette, suggerendo una visione meno totalizzante e in parte più ottimista: ci sono zone d’ombra, spazi in cui si può sfuggire alla sua morsa.
5) La storia gratta il fondo…
L’ultima stofa offre una potente metafora della storia come una rete a strascico, che gratta il fondo del mare cercando di catturare tutto, ma che presenta “qualche strappo”, attraverso cui alcuni pesci riescono a sfuggire. Anche qui, Montale sottolinea l’incompletezza della storia, che non è in grado di catturare tutto ciò che accade. Alcuni sfuggono al suo controllo, ma non sono consapevoli di questo privilegio: l’”ectoplasma d’uno scampato” non sa di essere fuori dalla rete, e “non sembra particolarmente felice”. Il paradosso è che chi sfugge alla storia non sa di essere più libero, mentre chi è intrappolato nella rete della storia si illude di esserlo.
Temi principali di “La storia” di Eugenio Montale (Satura)
- Il disordine della storia: Montale abbatte l’idea della storia come un processo ordinato, lineare e comprensibile. Invece, la storia è frammentaria, disordinata, spezzata da anelli che non tengono, da strappi e deviazioni. Non c’è un “prima e un dopo” logico o razionale, ma solo una serie di eventi casuali e spesso scollegati tra loro.
- La storia come forza impersonale e indifferente: Montale insiste sul fatto che la storia è una forza che non obbedisce a leggi morali o umane. Non distribuisce ricompense o punizioni, non fornisce insegnamenti. È una forza che si muove senza scopo o direzione, al di là del controllo umano. Questa concezione anti-teleologica della storia sconfessa la visione tradizionale secondo cui la storia segue una traiettoria progressiva o razionale.
- La possibilità di sfuggire alla storia: Nonostante la sua visione generalmente pessimistica, Montale lascia aperta la possibilità che si possa sfuggire alla storia, che si possano trovare spazi nascosti o buche in cui nascondersi. Questa visione introduce una dimensione più umana e intima, dove l’individuo può cercare di proteggersi dagli eventi esterni.
- L’illusione della libertà: Montale pone l’accento sull’illusione che affligge chi è intrappolato nella rete della storia. Gli uomini nel sacco della storia si credono liberi, mentre chi è sfuggito non si rende conto di essere davvero fuori. Questo paradosso sottolinea l’inganno della condizione umana, dove spesso ciò che si crede libertà è invece una prigione.
Conclusione su “La storia” di Eugenio Montale (Satura)
La poesia La storia presente in Satura offre una visione profondamente disincantata e scettica del corso degli eventi storici e del loro significato. Montale distrugge ogni illusione di una storia razionale, lineare e comprensibile, rivelando invece il suo carattere frammentario, casuale e privo di finalità morali. Al tempo stesso, la sua riflessione apre spazi di resistenza e sopravvivenza, suggerendo che, sebbene la storia possa essere una forza devastante, essa non è onnipotente. Le sue considerazioni, filtrate attraverso l’ironia, mostrano il distacco di Montale dalla concezione tradizionale della storia, e il suo rifiuto di qualsiasi logica progressiva o salvifica.
2) “Senza pericolo” di Eugenio Montale ( da “Quaderno di quattro anni”)
“Senza pericolo” è una poesia tratta dalla raccolta Quaderno di quattro anni di Eugenio Montale. Questo testo, come molti altri della fase tarda della produzione montaleana, rivela un tono disilluso, ironico e fortemente critico nei confronti della società contemporanea e delle sue dinamiche intellettuali, filosofiche e culturali.
Testo della poesia “Senza pericolo” di Eugenio Montale ( da “Quaderno di quattro anni”)
Il filosofo interdisciplinare
è quel tale che ama se vautrer
(vuol dire stravaccarsi) nel più fetido
lerciume consumistico. E il peggio è
che lo fa con suprema voluttà
e ovviamente dall’alto di una cattedra
già da lui disprezzata.
Non s’era visto mai
che un naufrago incapace di nuotare
delirasse di gioia mentre la nave
colava a picco. Ma non c’è pericolo
per gli uomini pneumatici e lui lo sa.
Parafrasi di “Senza pericolo” di Eugenio Montale ( da “Quaderno di quattro anni”)
Il “filosofo interdisciplinare” è descritto come qualcuno che ama lasciarsi andare nel degrado più completo (“stravaccarsi nel più fetido lerciume consumistico”), cioè accettare e persino abbracciare la superficialità e la volgarità della società di consumo. La sua partecipazione a questo sistema, però, è ambigua e ironica: lo fa con piacere e allo stesso tempo dall’alto di una “cattedra”, simbolo dell’autorità e della cultura che lui stesso disprezza.
Il poeta evidenzia la contraddizione in questo comportamento: un “naufrago incapace di nuotare” che si rallegra mentre la nave affonda. Montale sottolinea l’assurdità di una gioia in un contesto di catastrofe, come se il filosofo (e per estensione, l’uomo moderno) ignorasse la gravità della situazione. Tuttavia, il vero paradosso risiede nella sicurezza di cui questi uomini, definiti “pneumatici”, sembrano godere. “Non c’è pericolo per gli uomini pneumatici”: chi è vuoto, leggero e privo di sostanza, come un pallone d’aria, non rischia nulla. La loro superficialità li rende immuni alla tragedia che li circonda, o almeno così credono.
Analisi di “Senza pericolo” di Eugenio Montale ( da “Quaderno di quattro anni”)
Montale utilizza un linguaggio ironico e tagliente per criticare la società moderna e soprattutto la figura dell’intellettuale che, invece di opporsi al degrado culturale, ne diventa complice. L’immagine del “filosofo interdisciplinare”, che si abbandona con voluttà alla volgarità consumistica, riflette una cultura che ha perso il suo rigore e il suo senso critico. La scelta del termine francese “se vautrer” per indicare il lasciarsi andare senza freni amplifica il tono sprezzante e accusa il filosofo di essere più attratto dal piacere immediato che dalla vera riflessione.
L’immagine del naufrago che si rallegra mentre la nave affonda è particolarmente potente: suggerisce che la cultura moderna, come una nave che colla a picco, è in declino, ma invece di preoccuparsi, gli uomini sono in preda a un’irresponsabile e assurda euforia.
Commento su “Senza pericolo” di Eugenio Montale ( da “Quaderno di quattro anni”)
Montale, attraverso un tono ironico e critico, riflette su una società che sembra essersi smarrita, dove persino l’intellettuale, tradizionalmente visto come una guida morale e culturale, è diventato complice della decadenza. Gli “uomini pneumatici” simboleggiano la superficialità, la leggerezza e l’incapacità di affrontare le vere sfide esistenziali e culturali.
Il tema del naufragio è emblematico di una cultura che affonda, ma in cui i suoi membri, invece di lottare per salvarsi, si abbandonano a una voluttà priva di significato. Il titolo “Senza pericolo” diventa quindi una provocazione: non c’è pericolo per chi non ha più nulla da perdere, per chi ha svuotato la propria esistenza di ogni contenuto autentico.
Conclusione su “Senza pericolo” di Eugenio Montale ( da “Quaderno di quattro anni”)
Montale, con la sua tipica profondità e disincanto, denuncia una società consumistica e superficiale, in cui la riflessione filosofica e culturale è ridotta a una farsa, e dove l’intellettuale si è trasformato in un individuo che, anziché opporsi alla decadenza, vi partecipa con compiacimento.