Canto trentesimo del Purgatorio vv. 55-145
28 Dicembre 2019La sintassi del nominativo
28 Dicembre 2019Italo Svevo, pseudonimo di Aron Ettore Schmitz, nacque il 19 dicembre 1861 a Trieste, una città cosmopolita e allora parte dell’Impero austro-ungarico.
Questo ambiente multiculturale ebbe un impatto significativo sulla sua formazione intellettuale e culturale, poiché Svevo era esposto a influenze italiane, tedesche e slave, che caratterizzarono profondamente la sua visione del mondo.
Infanzia e formazione
Svevo nacque in una famiglia della borghesia ebraica. Suo padre, un commerciante di vetro, desiderava che il figlio si inserisse nel mondo degli affari, ma la passione di Svevo era per la letteratura e la cultura. All’età di dodici anni, fu inviato a studiare in un collegio a Segnitz, vicino a Würzburg, in Germania, dove apprese il tedesco. Questo soggiorno in Germania rafforzò il suo legame con la cultura tedesca, in particolare con la filosofia e la letteratura, elementi che influenzeranno profondamente la sua opera.
Ritornato a Trieste, Svevo si iscrisse all’Istituto Superiore di Commercio, ma non abbandonò mai il suo interesse per la letteratura e il teatro, pur seguendo il percorso commerciale che il padre gli aveva tracciato.
Gli inizi della carriera e i primi romanzi
Dopo la morte del padre, Svevo dovette iniziare a lavorare come impiegato presso la Banca Union di Trieste, dove rimase per quasi vent’anni, fino al 1899. Questo periodo è importante non solo per il suo sviluppo professionale, ma anche per la nascita della sua carriera di scrittore. Durante il suo lavoro in banca, Svevo continuò a scrivere e pubblicò i suoi primi due romanzi.
- “Una vita” (1892): È il suo romanzo d’esordio, la storia di Alfonso Nitti, un impiegato che cerca di realizzarsi nella vita e nel lavoro, ma si scontra con il fallimento e la debolezza esistenziale. Il romanzo riflette le tematiche care a Svevo, come l’inadeguatezza dell’individuo nella società moderna e la crisi d’identità.
- “Senilità” (1898): Il secondo romanzo, più maturo, narra la vicenda di Emilio Brentani, un intellettuale di mezza età, incapace di vivere appieno la propria esistenza e in preda a una crisi sentimentale. Anche qui, emergono i temi della decadenza personale e della fragilità umana, con un approccio disincantato e analitico.
Entrambi i romanzi, pubblicati a proprie spese, passarono quasi inosservati. La delusione per l’indifferenza del pubblico portò Svevo a interrompere momentaneamente la sua attività letteraria, dedicandosi principalmente al lavoro e alla vita familiare.
L’incontro con James Joyce e il ritorno alla scrittura
Nel 1896, Svevo sposò Livia Veneziani, appartenente a una ricca famiglia industriale di Trieste. Attraverso il matrimonio, si inserì nell’azienda della famiglia Veneziani, specializzata in vernici sottomarine. Questo gli diede stabilità economica, ma lo allontanò temporaneamente dalla letteratura.
Tuttavia, un incontro determinante lo riportò sulla via della scrittura: quello con James Joyce, che viveva a Trieste all’inizio del Novecento e che lavorava come insegnante di inglese. Joyce riconobbe il talento di Svevo e lo incoraggiò a proseguire nella sua carriera letteraria. L’amicizia e l’influenza reciproca tra i due furono fondamentali per Svevo, il quale iniziò a vedere la propria arte sotto una nuova luce.
La coscienza di Zeno e il successo tardivo
Sotto l’influenza di Joyce e del suo approccio innovativo alla narrazione, Svevo riprese a scrivere e pubblicò nel 1923 il suo capolavoro, “La coscienza di Zeno”. Il romanzo è costruito come un’autobiografia fittizia del protagonista, Zeno Cosini, un uomo nevrotico, insicuro e affetto da varie debolezze fisiche e psicologiche. Zeno scrive sotto la guida di uno psicoanalista, ma il romanzo mette in discussione l’efficacia della psicoanalisi stessa.
“La coscienza di Zeno” è un’opera profondamente moderna, che affronta temi come la malattia, la crisi di identità, l’autoinganno e il conflitto tra coscienza e inconscio. Influenzato dal pensiero di Sigmund Freud, il romanzo esplora l’incongruenza tra la percezione che Zeno ha di se stesso e la realtà, con un tono ironico e amaro.
Nonostante l’originalità del romanzo, inizialmente anche “La coscienza di Zeno” ricevette poca attenzione. Tuttavia, grazie al supporto di Joyce, l’opera trovò un pubblico entusiasta in Francia, dove fu riconosciuta come un esempio di grande modernità narrativa. Da qui, il successo si estese all’Italia, dove Svevo fu finalmente riconosciuto come uno dei maggiori scrittori del Novecento.
Gli ultimi anni
Negli ultimi anni della sua vita, Svevo godette di un crescente prestigio e iniziò a lavorare a nuovi progetti, inclusi “Il vecchione”, un romanzo incompiuto. Malgrado la fama tardiva, continuò a sentirsi un uomo diviso tra la sua vocazione letteraria e il mondo degli affari, in cui si era immerso per la maggior parte della sua esistenza.
Svevo morì nel 1928 a seguito di un incidente automobilistico a Motta di Livenza. Sebbene la sua carriera letteraria sia stata breve e irregolare, il suo contributo alla letteratura italiana ed europea rimane di fondamentale importanza.
Conclusione
La vita di Italo Svevo è caratterizzata da un costante conflitto tra la sua vocazione artistica e le esigenze della vita pratica, un conflitto che è ben riflesso nei suoi romanzi, in cui personaggi fragili, incapaci di trovare un senso definitivo all’esistenza, lottano con la loro inadeguatezza di fronte al mondo. L’importanza di Svevo risiede nella sua capacità di descrivere l’alienazione e la crisi dell’uomo moderno, anticipando tematiche che sarebbero state centrali nella letteratura del Novecento.