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28 Dicembre 2019La poesia “L’amica di Nonna Speranza” di Guido Gozzano è un componimento nostalgico che rievoca il passato con un delicato tono ironico e malinconico.
Analisi del testo
Scritta nel contesto del primo Novecento, la poesia fa parte della raccolta I Colloqui (1911), che rappresenta uno degli esempi più significativi della poesia crepuscolare. Il movimento crepuscolare si caratterizza per una visione disincantata della vita, un ritorno alla semplicità del quotidiano e una malinconica ironia di fronte alla decadenza della società borghese e dei suoi valori. In questa poesia, Gozzano esplora la memoria di un mondo passato attraverso la descrizione di un salotto borghese ottocentesco, ritraendo un’atmosfera di antico romanticismo con un evidente contrasto tra l’apparenza idealizzata e la sua caducità.
Struttura e temi
La poesia è scritta in terzine e quartine di versi prevalentemente ottonari e decasillabi, con uno stile colloquiale che alterna il tono narrativo a un lirismo leggero e un gioco ironico. Attraverso la figura di Carlotta, l’amica di Nonna Speranza, Gozzano descrive la vita di una borghesia ormai sorpassata, con i suoi rituali, oggetti, e soprattutto sogni e illusioni. La memoria diventa un mezzo per evocare il passato, un passato idealizzato e romantico, ma che rivela al contempo la sua intrinseca banalità e artificiosità.
Analisi del testo
Versi 1-6:
Loreto impagliato e il busto d’Alfieri, di Napoleone,
i fiori in cornice, (le buone cose di pessimo gusto!)
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
La poesia si apre con un elenco di oggetti borghesi che arredano il salotto: il loreto impagliato (un pappagallo imbalsamato), i busti di Alfieri e Napoleone, simboli di un passato eroico. Questi oggetti, descritti con ironia, rappresentano le “buone cose di pessimo gusto”, cioè il tentativo di ricreare un ambiente di elevata cultura e raffinatezza, ma che agli occhi moderni appare superato e ridicolo. Gli oggetti come i frutti di marmo sotto vetro e le scatole vuote amplificano il senso di artificialità e decadenza.
Versi 7-14:
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti col mònito, salve, ricordo, le noci di cocco,
Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po’ scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici,
Gozzano continua con un elenco di oggetti-simbolo del gusto borghese ottocentesco: balocchi, noci di cocco, scrigni e souvenir. Tutti elementi che si ricollegano a una società legata alla forma e all’apparenza, piuttosto che alla sostanza. Questi oggetti non hanno reale valore, ma sono vestigia di un passato considerato ormai futile, rappresentando una forma di idealizzazione statica della vita.
Versi 15-24:
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i dagherottipi: figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto,
Qui Gozzano elenca altri elementi dell’arredo: i dipinti, le miniature e i dagherrotipi (antichi ritratti fotografici), che rappresentano persone del passato, colte in atteggiamenti sognanti e perplessi. Il lampadario è un simbolo del salotto borghese, che amplifica l’idea delle “buone cose di pessimo gusto” attraverso il riflesso di un’immagine ormai stantia, un tempo fulgida ma ora spenta.
Versi 25-36:
I fratellini alla sala quest’oggi non possono accedere
che cauti (hanno tolte le fodere ai mobili: è giorno di gala).
Ma quelli v’irrompono in frotta. È giunta è giunta in vacanza
la grande sorella Speranza con la compagna Carlotta!
Il tono ironico si intensifica nel descrivere l’arrivo delle ragazze, Speranza e Carlotta, che incarnano le illusioni e i sogni romantici delle giovani borghesi dell’Ottocento. L’arrivo della sorella maggiore e della sua amica è un evento importante, che spezza la routine della casa, facendo rivivere i riti e i cerimoniali borghesi.
Versi 37-48:
Ha diciassette anni la Nonna; Carlotta quasi lo stesso:
da poco hanno avuto il permesso d’aggiungere un cerchio alla gonna;
L’attenzione si sposta su Carlotta e Speranza, ritratte in un momento della loro giovinezza. Le descrizioni dei cerchi alla gonna e della moda del tempo ci riportano a una società attenta alle convenzioni sociali, dove i dettagli dell’abbigliamento e della postura hanno grande importanza. Le ragazze sono giovani e vivono il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta con entusiasmo e aspettative.
Versi 49-66:
Son giunte da Mantova senza stanchezza al Lago Maggiore
sebbene quattordici ore viaggiassero in diligenza.
Gozzano continua a rievocare un’epoca lontana in cui viaggiare richiedeva grande sforzo, ma le ragazze arrivano piene di energia, pronte a immergersi in un mondo di sogni e aspettative. Il Lago Maggiore e il paesaggio tranquillo fanno da sfondo a una scena idilliaca, ma profondamente artificiale, dominata dalla nostalgia di un tempo perduto.
Commento generale
La poesia di Gozzano è una riflessione ironica e al contempo malinconica sul passato, in particolare sul mondo borghese ottocentesco. La descrizione di Carlotta, l’amica di Nonna Speranza, rappresenta l’archetipo della giovane borghese, che vive un’esistenza codificata e piena di convenzioni sociali. Tuttavia, Gozzano mostra come dietro questa immagine idealizzata si celi la fragilità e la futilità delle aspirazioni di un’epoca passata.
La nostalgia che permea la poesia è legata alla consapevolezza che quel mondo, pur idealizzato, è ormai scomparso, e i sogni delle giovani ragazze, come il loro Principe Azzurro, sono solo illusioni di un’epoca troppo legata all’apparenza. L’ironia si mescola alla tenerezza, creando un equilibrio perfetto tra il disincanto moderno e il fascino romantico del passato.
Gozzano utilizza l’elenco di oggetti borghesi e i dettagli di costume per sottolineare il contrasto tra il mondo della superficialità e la profondità emotiva di chi osserva questi simboli con lo sguardo critico del presente.
Ecco il testo integrale della poesia di Gozzano “L’amica di Nonna Speranza”
«…alla sua Speranza
la sua Carlotta…
28 Giugno, 1850».
(dall’album: dedica d’una fotografia).
Loreto impagliato e il busto d’Alfieri, di Napoleone,
i fiori in cornice, (le buone cose di pessimo gusto!)
il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti,
i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro, 4
un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve,
gli oggetti col mònito, salve, ricordo, le noci di cocco,
Venezia ritratta a musaici, gli acquerelli un po’ scialbi,
le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici, 8
le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature,
i dagherottipi: figure sognanti in perplessità,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone
e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto, 12
il cùcu dell’ore che canta, le sedie parate a damasco
chermisi… rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!
I fratellini alla sala quest’oggi non possono accedere
che cauti (hanno tolte le fodere ai mobili: è giorno di gala). 16
Ma quelli v’irrompono in frotta. È giunta è giunta in vacanza
la grande sorella Speranza con la compagna Carlotta!
Ha diciassette anni la Nonna; Carlotta quasi lo stesso:
da poco hanno avuto il permesso d’aggiungere un cerchio alla gonna; 20
il cerchio ampissimo increspa la gonna a rose turchine:
più snella da la crinoline emerge la vita di vespa.
Entrambe hanno uno scialle ad arancie, a fiori, a uccelli, a ghirlande:
divisi i capelli in due bande scendenti a mezzo le guancie. 24
Son giunte da Mantova senza stanchezza al Lago Maggiore
sebbene quattordici ore viaggiassero in diligenza.
Han fatto l’esame più egregio di tutta la classe. Che affanno
passato terribile! Hanno lasciato per sempre il collegio. 28
O Belgirate tranquilla! La sala dà sul giardino:
fra i tronchi diritti scintilla lo specchio del Lago turchino.
Silenzio, bambini! Le amiche — bambini fate pian piano! —
le amiche provano al piano un fascio di musiche antiche: 32
motivi un poco artefatti nel secentismo fronzuto
di Arcangelo del Leuto e di Alessandro Scarlatti;
innamorati dispersi, gementi il «core» e «l’augello»,
languori del Giordanello in dolci bruttissimi versi: 36
«… caro mio ben»
credimi almen,
senza di te,
languisce il cor!
Il tuo fedel
sospira ognor,
cessa crudel
tanto rigor!»
Carlotta canta, Speranza suona. Dolce e fiorita
si schiude alla breve romanza di mille promesse la vita.
O musica, lieve sussurro! E già nell’animo ascoso 40
d’ognuna sorride lo sposo promesso: il Principe Azzurro,
lo sposo dei sogni sognati… O margherite in collegio
sfogliate per sortilegio sui teneri versi del Prati!
Giungeva lo Zio, signore virtuoso di molto riguardo, 44
ligio al Passato al Lombardo-Veneto e all’Imperatore.
Giungeva la Zia, ben degna consorte, molto dabbene,
ligia al Passato sebbene amante del Re di Sardegna.
«Baciate la mano alli Zii!» dicevano il Babbo e la Mamma: 48
e alzavano il volto di fiamma ai piccolini restii.
«E questa è l’amica in vacanza: madamigella Carlotta
Capenna: l’alunna più dotta, l’amica più cara a Speranza».
«Ma bene… ma bene… ma bene…» — diceva gesuitico e tardo 52
lo Zio di molto riguardo — «Ma bene… ma bene… ma bene…
Capenna? Conobbi un Arturo Capenna… Capenna… Capenna…
Sicuro! Alla Corte di Vienna! Sicuro… sicuro… sicuro…».
«Gradiscono un po’ di marsala?» «Signora Sorella: magari». 56
E sulle poltrone di gala sedevano in bei conversari.
«…ma la Brambilla non seppe… — È pingue già per l’Ernani;
la Scala non ha più soprani… — Che vena quel Verdi Giuseppe!…
«…nel marzo avremo un lavoro — alla Fenice, m’han detto — 60
nuovissimo: il Rigoletto; si parla d’un capolavoro. —
«…azzurri si portano o grigi? — E questi orecchini! Che bei
rubini! E questi cammei?… — La gran novità di Parigi…
«…Radetzki? Ma che! L’armistizio… la pace, la pace che regna… 64
Quel giovine Re di Sardegna è uomo di molto giudizio! —
«È certo uno spirito insonne… — …e forte e vigile e scaltro! —
«È bello? — Non bello: tutt’altro… — Gli piacciono molto le donne…
«Speranza!» (chinavansi piano, in tono un po’ sibillino) 68
«Carlotta! Scendete in giardino: andate a giuocare al volano!»
Allora le amiche serene lasciavano con un perfetto
inchino di molto rispetto gli Zii molto dabbene.
Oimè! Chè, giocando, un volano, troppo respinto all’assalto, 72
non più ridiscese dall’alto dei rami d’un ippocastano!
S’inchinano sui balaustri le amiche e guardano il Lago,
sognando l’amore presago nei loro bei sogni trilustri.
«…se tu vedessi che bei denti! — Quant’anni? — Vent’otto. 76
— Poeta? — Frequenta il salotto della Contessa Maffei!»
Non vuole morire, non langue il giorno. S’accende più ancora
di porpora; come un’aurora stigmatizzata di sangue;
si spenge infine, ma lento. I monti s’abbrunano in coro: 80
il Sole si sveste dell’oro, la Luna si veste d’argento.
Romantica Luna fra un nimbo leggero, che baci le chiome
dei pioppi arcata siccome un sopracciglio di bimbo,
il sogno di tutto un passato nella tua curva s’accampa: 84
non sorta sei da una stampa del Novelliere Illustrato?
Vedesti le case deserte di Parisina la bella
non forse? Non forse sei quella amata dal giovane Werther?
«…Mah!… Sogni di là da venire. — Il Lago s’è fatto più denso 88
di stelle — …che pensi?… — Non penso… — Ti piacerebbe morire?
«Sì! — Pare che il cielo riveli più stelle nell’acqua e più lustri.
Inchìnati sui balaustri: sognamo così fra due cieli…
«Son come sospesa: mi libro nell’alto!… — Conosce Mazzini… 92
— E l’ami? — Che versi divini!… Fu lui a donarmi quel libro,
ricordi? che narra siccome amando senza fortuna
un tale si uccida per una: per una che aveva il mio nome».
Carlotta! Nome non fine, ma dolce! Che come l’essenze 96
risusciti le diligenze, lo scialle, le crinoline…
O amica di Nonna conosco le aiuole per ove leggesti
i casi di Jacopo mesti nel tenero libro del Foscolo.
Ti fisso nell’albo con tanta tristezza, ov’è di tuo pugno 100
la data: vent’otto di Giugno del mille ottocento cinquanta.
Stai come rapita in un cantico; lo sguardo al cielo profondo,
e l’indice al labbro, secondo l’atteggiamento romantico.
Quel giorno — malinconia! — vestivi un abito rosa 104
per farti — novissima cosa! — ritrarre in fotografia…
Ma te non rivedo nel fiore, o amica di Nonna! Ove sei
o sola che — forse — potrei amare, amare d’amore?