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28 Dicembre 2019La poesia “Totò Merùmeni” di Guido Gozzano è uno dei testi più rappresentativi del Crepuscolarismo, corrente letteraria del primo Novecento che si caratterizza per un tono malinconico, dimesso, ironico e antieroico.
Gozzano, in questa poesia, tratteggia il ritratto del protagonista, Totò Merùmeni, che incarna molte delle caratteristiche tipiche dei personaggi crepuscolari: un uomo disilluso, stanco e sconfitto, che rifugge la vita mondana e si rifugia in un’esistenza solitaria e intellettuale, intrappolato nella malinconia e nell’ironia.
Introduzione
Totò Merùmeni è una figura complessa, che rappresenta non solo un personaggio specifico, ma anche una tipologia umana e culturale del suo tempo: un intellettuale disilluso, incapace di vivere pienamente, segnato da una profonda crisi esistenziale e morale. Attraverso di lui, Gozzano dipinge un quadro della società contemporanea, ironizzando sull’inadeguatezza del poeta e dell’uomo moderno di fronte alla vita. Il nome stesso, “Merùmeni”, suggerisce un gioco di parole ironico: potrebbe derivare dal greco “merimna” (preoccupazione), indicando la sua natura ansiosa e tormentata.
Analisi e commento
I. La villa e il declino di un mondo passato
La poesia si apre con la descrizione della villa in cui vive Totò, un luogo che simboleggia il passato glorioso ormai decaduto. La villa secentesca, con il suo giardino incolto e le sue sale vaste e deserte, evoca un’atmosfera di decadenza e abbandono. La villa è un simbolo del declino della borghesia e della nobiltà del passato, ormai sostituite da una modernità priva di valori autentici. L’immagine della villa “guarnita di verzura” e dei “bei balconi secentisti” richiama una bellezza ormai appassita, tipica della sensibilità crepuscolare che celebra la rovina e la malinconia.
Gozzano accenna anche alle antiche glorie della villa, quando vi giungevano le famiglie nobili come i Rattazzi e i D’Azeglio, contrapponendole all’attuale frequentazione di “villosi forestieri”, un’immagine di degrado e volgarità che ironizza sul cambiamento sociale e culturale. La descrizione è pervasa da una velata ironia, che sottolinea il contrasto tra la grandezza passata e la desolazione presente.
II. Il ritratto di Totò Merùmeni
Il protagonista della poesia, Totò Merùmeni, è un giovane di venticinque anni, descritto come intellettuale disilluso e distaccato dalla vita. Viene presentato con tratti critici e ironici: è colto, ma privo di vero entusiasmo vitale (“molta cultura e gusto in opere d’inchiostro, scarso cervello, scarsa morale”). Totò incarna la figura dell’uomo moderno, vittima del proprio intellettualismo e della propria incapacità di agire, riflettendo una crisi del soggetto tipica della letteratura crepuscolare. Totò non è cattivo, ma è profondamente alienato dalla realtà che lo circonda, tanto che preferisce l’esilio dal mondo, una scelta di estraneità e distacco.
Gozzano utilizza un tono ironico per descrivere Totò come una figura che riflette la debolezza morale e la superficialità intellettuale del suo tempo, tanto che egli cita Nietzsche per giustificare la sua posizione distaccata e consapevole: «Non è cattivo. È il buono che desidera il Nietzsche».
La disillusione di Totò è anche evidente nei suoi compagni di gioco: una ghiandaia, un gatto e una bertuccia, simboli di una compagnia bizzarra e ridicola, che sottolinea il suo isolamento e la sua incapacità di costruire relazioni autentiche con gli esseri umani.
III. Il fallimento dell’amore
Un tema centrale nella poesia crepuscolare è il fallimento dell’amore e, in “Totò Merùmeni”, Gozzano tratta questo argomento con una profonda ironia. Totò aveva sognato amori ideali, attrici e principesse, ma la realtà è ben diversa: la sua amante è la giovane cuoca diciottenne della villa. La scena d’amore è descritta con toni prosaici e disillusi, in netto contrasto con le aspirazioni romantiche del protagonista. Gozzano demistifica l’amore, riducendolo a un incontro banale e privo di passione, esprimendo ancora una volta il distacco emotivo e la frustrazione sentimentale che caratterizzano Totò.
IV. L’aridità emotiva e la rinascita attraverso la poesia
Totò non è più in grado di provare sentimenti autentici: un “lento male indomo” ha prosciugato la sua capacità di amare e sentire. La sua aridità interiore è una delle conseguenze del suo sofisma e della sua iper-razionalità, che lo hanno reso incapace di vivere con autenticità. Tuttavia, proprio da questa anima riarsa, come Gozzano suggerisce, nasce una produzione poetica: i “versi consolatori” sono l’unica risposta possibile al fallimento esistenziale. La poesia, pur essendo un ripiego rispetto alla vita vera, diventa per Totò una forma di espressione e riscatto.
V. La rassegnazione finale
L’ultima sezione della poesia descrive Totò come quasi felice nella sua solitudine intellettuale, seppur cosciente della sua irrilevanza e della sua estraneità al mondo. Alterna l’indagine intellettuale e la poesia, accettando con rassegnazione il suo destino. L’ultimo verso, «Un giorno è nato. Un giorno morirà», esprime la consapevolezza della finitudine e dell’insignificanza della vita, tematiche centrali del Crepuscolarismo. Totò vive in una sorta di inerzia esistenziale, in attesa della morte, senza più illusioni, né desideri.
Conclusione
Totò Merùmeni è l’incarnazione dell’uomo crepuscolare: un individuo disilluso, intellettuale, incapace di vivere appieno, che rifugge dalla vita reale e si rifugia nell’ironia e nella poesia come unico conforto. La poesia di Gozzano smantella i grandi miti romantici e decadenti, riducendo l’esistenza a un susseguirsi di delusioni e fallimenti. Totò, con la sua figura sbiadita e ironica, è un antieroe che rappresenta la crisi di un’intera generazione, priva di slancio vitale e consapevole della propria impotenza di fronte alla modernità.
Ecco il testo della poesia di Gozzano:
TOTÒ MERÙMENI.
i.
Col suo giardino incolto, le sale vaste, i bei
balconi secentisti guarniti di verzura,
la villa sembra tolta da certi versi miei,
sembra la villa-tipo, del Libro di Lettura….
Pensa migliori giorni la villa triste, pensa
gaie brigate sotto gli alberi centenari,
banchetti illustri nella sala da pranzo immensa
e danze nel salone spoglio da gli antiquari.
Ma dove in altri tempi giungeva Casa Ansaldo,
Casa Rattazzi, Casa d’Azeglio, Casa Oddone,
s’arresta un automobile fremendo e sobbalzando,
villosi forestieri picchiano la gorgòne.
S’ode un latrato e un passo, si schiude cautamente
la porta…. In quel silenzio di chiostro e di caserma
vive Totò Merùmeni con una madre inferma,
una prozia canuta ed uno zio demente.
ii.
Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa,
molta cultura e gusto in opere d’inchiostro,
scarso cervello, scarsa morale, spaventosa
chiaroveggenza: è il vero figlio del tempo nostro.
Non ricco, giunta l’ora di «vender parolette»
(il suo Petrarca!…) e farsi baratto o gazzettiere,
Totò scelse l’esilio. E in libertà riflette
ai suoi trascorsi che sarà bello tacere.
Non è cattivo. Manda soccorso di danaro
al povero, all’amico un cesto di primizie;
non è cattivo. A lui ricorre lo scolaro
pel tema, l’emigrante per le commendatizie.
Gelido, consapevole di sè e dei suoi torti,
non è cattivo. È il buono che desidera il Nietzsche
«….in verità derido l’inetto che si dice
buono, perchè non ha l’ugne abbastanza forti….»
Dopo lo studio grave, scende in giardino, gioca
coi suoi dolci compagni sull’erba che l’invita;
i suoi compagni sono: una ghiandaia rôca,
un micio, una bertuccia che ha nome Makakita….
iii.
La Vita si ritolse tutte le sue promesse.
Egli sognò per anni l’Amore che non venne,
sognò pel suo martirio attrici e principesse,
ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne.
Quando la casa dorme, la giovinetta scalza,
fresca come una prugna al gelo mattutino,
giunge nella sua stanza, lo bacia in bocca, balza
su lui che la possiede, beato e resupino….
iv.
Totò non può sentire. Un lento male indomo
inaridì le fonti prime del sentimento;
l’analisi e il sofisma fecero di quest’uomo
ciò che le fiamme fanno d’un edificio al vento.
Ma come le ruine che già seppero il fuoco
esprimono i giaggioli dai bei vividi fiori,
quell’anima riarsa esprime a poco a poco
una fiorita d’esili versi consolatori….
v.
Così Totò Merùmeni, dopo tristi vicende,
quasi è felice. Alterna l’indagine e la rima.
Chiuso in sè stesso, medita, s’accresce, esplora, intende
la vita dello Spirito che non intese prima.
Perchè la voce è poca, e l’arte prediletta
immensa, perchè il Tempo – mentre ch’io parlo! – va,
Totò opra in disparte, sorride, e meglio aspetta.
E vive. Un giorno è nato. Un giorno morirà.