Masetto da Lamporecchio. Decameron, III, 1
28 Dicembre 2019I pastori di Gabriele D’Annunzio
28 Dicembre 2019La poesia “A me pare uguale agli dei” di Saffo, nella celebre traduzione di Salvatore Quasimodo, è uno dei testi più intensi e potenti della letteratura lirica antica.
Questo componimento, noto come “A me pare uguale agli dei”, esplora con straordinaria forza emotiva il tema dell’eros, il desiderio insostenibile e la sofferenza provocata dalla contemplazione dell’oggetto amato. L’esperienza amorosa viene descritta come una vera e propria sindrome fisica e psicologica che trascina l’io lirico verso uno stato di abbandono e disintegrazione personale.
Introduzione
Saffo, poetessa dell’isola di Lesbo, è una delle voci più celebri e ammirate della lirica greca arcaica. Il suo canto si concentra spesso sull’amore e sull’esperienza individuale, e in questo frammento specifico esprime la devastante forza della passione amorosa. Quasimodo, con la sua traduzione poetica, ha saputo rendere tutta la sensualità e l’intensità del linguaggio saffico, trasmettendo una vibrante sensibilità.
Ecco il testo della poesia di Saffo nella famosissima traduzione poetica in italiano
A me pare uguale agli dei , di Saffo (traduzione di Salvatore Quasimodo).
A me pare uguale agli dei
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.
Analisi del testo
Versi 1-4: Il potere dell’amato
La poesia si apre con una constatazione: “A me pare uguale agli dei”. L’amato, che è in prossimità della persona oggetto del desiderio, viene paragonato agli dei, una metafora che esprime la sublimazione del desiderio. Per l’io lirico, chiunque si trovi vicino a quella persona speciale, ascoltandone la voce e il riso, è in una condizione quasi divina. L’esperienza di ascoltare il “suono” della sua voce e il “ridere amorosamente” trasporta l’amato in una dimensione superiore, suggerendo che la vicinanza e la possibilità di interagire con l’amata sono privilegi riservati agli dei, sottolineando la distanza emotiva tra l’io lirico e l’oggetto del suo desiderio.
La descrizione del riso e del parlare amoroso è essenziale perché rappresenta la causa scatenante del tormento dell’io. Questi momenti di quotidiana interazione sono sufficienti per sconvolgere totalmente l’equilibrio dell’innamorato, portandolo in una dimensione di grande sofferenza interiore.
Versi 5-7: La crisi fisica e mentale
“Subito a me il cuore si agita nel petto”. Il desiderio amoroso si manifesta immediatamente in una reazione fisica. Il cuore inizia a battere forte, come se il corpo reagisse in maniera incontrollabile alla visione dell’amata. L’uso di immagini fisiche nella poesia saffica è estremamente potente: il corpo dell’io lirico diventa lo strumento attraverso cui viene espressa la passione.
La voce si blocca, la “lingua” si fa inerte, segno dell’incapacità di reagire razionalmente alla vista dell’amata. L’incapacità di parlare, di esprimersi, è uno dei sintomi più evidenti dell’amore non corrisposto o impossibile. Saffo, attraverso Quasimodo, riesce a trasmettere questo senso di paralisi emotiva con pochi, ma efficaci, versi.
Versi 8-11: La manifestazione fisica del desiderio
Dopo aver descritto la perdita di controllo emotivo, Saffo passa a descrivere gli effetti fisici del desiderio: “Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle”. Il fuoco è una metafora dell’eros, che brucia l’io lirico dall’interno, manifestandosi sulla pelle. La rapidità con cui questo fuoco si diffonde enfatizza la immediatezza e la violenza della passione, che travolge e consuma chi la prova.
“Buio negli occhi” e “il rombo del sangue alle orecchie” sono altre manifestazioni fisiche che descrivono il disorientamento e lo sconvolgimento dell’io lirico. Gli occhi si offuscano, le orecchie percepiscono solo il suono del sangue che scorre velocemente: la descrizione è quella di una vera e propria crisi fisica che accompagna il desiderio amoroso. La passione viene percepita come un’esperienza violenta che annulla i sensi e la ragione, lasciando l’io lirico in balia delle proprie emozioni.
Versi 12-14: Il crollo psicofisico
L’apice del tormento amoroso viene raggiunto nei versi finali: “E tutta in sudore e tremante / come erba patita scoloro”. Qui Saffo utilizza la similitudine dell’erba per indicare la fragilità dell’io lirico, come se fosse un elemento della natura esposto agli elementi, incapace di resistere. L’immagine dell’erba che scolora e patisce richiama un senso di deperimento, di perdita di vitalità. Il corpo dell’innamorato sembra cedere sotto il peso del desiderio non corrisposto, o forse inaccessibile.
Infine, il colpo di grazia: “e morte non pare lontana”. La vicinanza dell’amata e il desiderio irrealizzabile portano l’io lirico a uno stato di estrema vulnerabilità, in cui la morte diventa una presenza quasi concreta, vicina, come un sollievo che pone fine a una sofferenza troppo grande da sopportare. Il sentimento amoroso, nel suo eccesso, si trasforma in una forma di annullamento dell’individuo, portandolo a uno stato di estraniamento dalla realtà e di perdita del controllo su se stesso.
Temi principali
- L’amore come esperienza totalizzante e distruttiva: La poesia di Saffo è un esempio classico di come l’eros, nella tradizione greca, sia visto come una forza in grado di travolgere chi lo prova, annientando la volontà e il raziocinio. L’amore per l’amata diventa un’esperienza fisica e mentale così intensa da essere insostenibile.
- Il confronto con la divinità: Il paragone tra l’amato e gli dei sottolinea la percezione di inferiorità dell’io lirico rispetto a chi può stare vicino all’amata. L’innamorato non può far altro che soffrire in silenzio, consapevole dell’impossibilità di raggiungere l’oggetto del proprio desiderio.
- La crisi fisica come riflesso del tormento interiore: Le reazioni del corpo sono una manifestazione diretta del conflitto interiore. Il cuore che batte all’impazzata, la voce che si blocca, il fuoco che brucia la pelle, la vista che si oscura: tutti sintomi di un’anima devastata dall’amore.
Commento conclusivo
La traduzione di Quasimodo rende perfettamente la tensione lirica e drammatica della poesia saffica, offrendo al lettore un’immagine viva e potente del tormento d’amore. In “A me pare uguale agli dei”, Saffo mette in scena un amore assoluto e disperato, che travolge l’io lirico e lo conduce sull’orlo della disintegrazione. La sua incapacità di esprimere l’amore, di partecipare alla gioia di chi può stare vicino all’amata, lo fa sprofondare in una crisi fisica e psicologica, al punto che l’unico esito sembra essere la morte.
La poesia è un classico esempio della potenza dell’eros nell’antica Grecia, un sentimento che non ha solo un impatto emotivo ma anche un forte risvolto corporeo. In questo senso, Saffo si distingue per la sua capacità di far vivere le emozioni attraverso il corpo, facendoci comprendere come l’amore possa diventare una condanna, un’esperienza che trascina l’io lirico verso il limite estremo della propria esistenza.
Infine, confrontiamo il Testo e traduzione
Testo originale di Saffo in greco
«Φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν καὶ γελαίσας ἰμέροεν, τό μ᾽ ἦ μὰν ἀλλὰ κὰδ μὲν γλῶσσα ἔαγε, λέπτον ψῦχρα δ᾽ ἴδρως κακχέεται, τρόμος δὲ ἀλλὰ πὰν τόλματον, ἐπεί κ[†]» |
A me pare uguale agli dei , di Saffo (traduzione di Salvatore Quasimodo). A me pare uguale agli dei Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle, |