Somnium Scipionis. Capitoli 28 e 29 del libro VI del De re publica di Cicerone
28 Dicembre 2019La sera fiesolana di D’Annunzio
28 Dicembre 2019“La Tenzone” è una poesia di Gabriele D’Annunzio, inclusa nella raccolta Alcyone (1903), terzo volume delle Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi.
La lirica, come molte altre di Alcyone, celebra il rapporto intimo tra l’uomo e la natura, in un contesto estivo di bellezza sensoriale e armonia. La tenzone (disputa poetica) che dà il titolo alla poesia si riferisce a una sorta di sfida canora tra le lodolette e le cicale, simboli della vitalità della stagione estiva, ma è anche metafora di un dialogo più profondo tra l’uomo, il paesaggio, e la quiete spirituale che esso suscita.
Testo della poesia: LA TENZONE
Analisi del testo
1. Il paesaggio estivo e il canto della natura
La poesia si apre con un’immagine della marina di Pisa durante il periodo del solleone, quando il sole è al suo massimo splendore e calore. Le lodolette (allodole) e le cicale riempiono l’aria con i loro canti, mentre il paesaggio circostante, con le pratora di San Rossore e i platani d’Arno, diventa uno sfondo vibrante di vita e suoni. La tenzone tra le due specie di animali diventa un simbolo dell’esuberanza estiva, in cui ogni elemento della natura sembra partecipare a un concerto collettivo, fatto di suoni e silenzi alternati.
L’Arno, il grande fiume che attraversa Pisa, è descritto in modo particolare: mentre le allodole e le cicale cantano, l’Arno porta il silenzio alla sua foce. Questo contrasto tra il canto degli uccelli e il silenzio del fiume è una delle caratteristiche della poesia dannunziana, che celebra la dualità tra il movimento e la quiete, tra la vita e la riflessione.
2. L’immersione dell’Estate e del poeta nel paesaggio
L’Estate stessa è personificata, come spesso accade in Alcyone. L’estate porta l’oro in bocca, un’immagine che evoca l’abbondanza e la ricchezza di questa stagione. Il poeta descrive l’Estate come una figura che si china da una banda e dall’altra, ascoltando attentamente il canto della natura. C’è un senso di simmetria e di equilibrio in questa descrizione: l’Estate si sporge e si china da un lato e dall’altro, ascoltando come se fosse in perfetta sintonia con l’ambiente.
Anche il poeta si immerge in questo paesaggio: “Tu ridi tuttavia co’ raggi in bocca, come l’Estate a me, come l’Estate!”. Il sorriso della persona amata, o forse della stessa estate, è descritto come qualcosa di luminoso, che brilla come i raggi del sole. Il poeta sembra vivere un momento di pienezza e gioia, in cui la natura e la bellezza sono specchi delle sue emozioni.
3. L’influsso del vento e il sonno divino
Il vento, che tocca le vele bianche sopra il fiume, tocca anche la persona amata, sfiorando le sue palpebre stanche e le sue vene delicate. Questo gesto sottolinea il legame intimo tra l’uomo e gli elementi naturali. Il vento, che accarezza le vele e i corpi, diventa un simbolo di quiete e riposo, inducendo un sonno divino nella persona amata, un sonno che è paragonato alla rugiada fresca sulle erbe all’alba.
L’immagine delle vene delicate e del sangue che s’inazzurra come il mare crea una connessione profonda tra il corpo umano e la natura. Il corpo diventa parte del paesaggio marino, con il sangue che assume il colore del mare, mentre l’anima della persona amata si inghirlanda di pace, come se fosse decorata da fiori e da calma spirituale.
4. Il viaggio verso la pace interiore
L’ultima parte della poesia è una riflessione sulla pace interiore raggiunta dal poeta. “Ogni passato mal nell’oblìo cade”, suggerendo che il poeta è riuscito a lasciarsi alle spalle i dolori e le ferite del passato. Ciò che un tempo lo feriva, ora non ha più potere su di lui: “Quel che ieri mi nocque, or non mi nuoce”, segnando un momento di liberazione dalle ansie e dalle sofferenze passate.
Questa pace interiore è accompagnata dal sentimento di pienezza: “È paga nel mio cuore ogni dimanda”. Il poeta è in uno stato di completa soddisfazione, in cui non c’è più spazio per desideri insoddisfatti o per inquietudini. Questo stato di tranquillità è parallelo al silenzio dell’Arno e alla quiete del paesaggio estivo, che si riflette nell’animo del poeta.
5. La chiusura in ciclicità
La poesia si chiude con un ritorno alle immagini iniziali: le lodolette e le cicale continuano a cantare lungo l’Arno, mantenendo la tenzone sonora che accompagna l’intero componimento. Il canto della natura si ripete ciclicamente, creando un senso di continuità e immortalità del paesaggio estivo.
Temi principali
- Il legame tra natura e sentimenti umani: Come in molte poesie di Alcyone, anche qui D’Annunzio esplora la fusione tra uomo e natura. I fenomeni naturali, come il canto degli uccelli, il silenzio del fiume e il movimento del vento, riflettono lo stato d’animo del poeta e della persona amata, creando una perfetta armonia tra l’interiorità umana e il mondo esterno.
- La pace interiore e il superamento del passato: Un tema centrale è la riconciliazione del poeta con il suo passato. Attraverso il contatto con la natura e la bellezza dell’estate, il poeta riesce a superare i suoi dolori e le sue angosce, raggiungendo una pace interiore completa.
- La ciclicità della vita: Il canto delle lodolette e delle cicale che si ripete ciclicamente rappresenta il ciclo naturale dell’esistenza. La tenzone tra i due animali è metafora della disputa e dell’alternanza continua tra gli elementi della natura, ma anche della vita umana, in cui i momenti di inquietudine si alternano a quelli di quiete.
- L’Estate come personificazione della bellezza e della vitalità: L’Estate è personificata come una figura luminosa e potente, che porta con sé oro e abbondanza. L’immagine della stagione come una donna ridente che partecipa al paesaggio rafforza il carattere sensuale e mitico della poesia.
Stile e linguaggio
D’Annunzio utilizza un linguaggio ricco di immagini sensoriali, che celebrano la natura in modo vivace e sensuale. Le descrizioni sono raffinate e suggestive: i raggi che sorridono, il vento che tocca le palpebre, il sangue che si tinge di azzurro. Il poeta trasforma la natura in un paesaggio emotivo, in cui ogni elemento è carico di significato simbolico.
L’uso di ripetizioni e parallelismi (come il ritornare del canto delle lodolette e delle cicale) contribuisce a creare un ritmo armonioso e ciclico, che rispecchia il carattere continuo e rituale della natura stessa.
Conclusione
“La Tenzone” è una celebrazione della natura estiva e della pace interiore raggiunta dal poeta attraverso la fusione con il paesaggio. Il canto incessante delle lodolette e delle cicale si alterna al silenzio dell’Arno, creando una sinfonia di suoni e di quiete che accompagna l’esperienza del poeta. La personificazione dell’Estate come una figura luminosa e ridente arricchisce il paesaggio di una dimensione sensuale e vitale, mentre il superamento delle sofferenze passate dona alla poesia un senso di serenità e pienezza.
In questo componimento, D’Annunzio riesce a fondere magistralmente il panteismo della sua visione poetica con la riflessione intima e personale, celebrando la bellezza fugace e immortale dell’estate.