La sfrontata impudenza di Catilina, Prima Catilinaria, I, 1
28 Dicembre 2019Orrido cominciamento. Introduzione alla prima giornata del Decameron
28 Dicembre 2019Ecco il testo, la traduzione e l’analisi dei capitoli dal 21 al 24 del Somnium Scipionis di Cicerone
Capitolo 21
Cernis autem eandem terram quasi quibusdam redimitam et circumdatam cingulis, e quibus duos maxime inter se diversos et caeli verticibus ipsis ex utraque parte subnixos obriguisse pruina vides, medium autem illum et maximum solis ardore torreri. Duo sunt habitabiles, quorum australis ille, in quo, qui insistunt, adversa vobis urgent vestigia, nihil ad vestrum genus; hic autem alter subiectus aquiloni, quem incolitis, cerne quam tenui vos parte contingat! Omnis enim terra, quae colitur a vobis, angustata verticibus, lateribus latior, parva quaedam insula est circumfusa illo mari, quod ‘Atlanticum’, quod ‘magnum’, quem ‘Oceanum’ appellatis in terris; qui tamen tanto nomine quam sit parvus, vides.
Traduzione:
Vedi, inoltre, quella stessa terra come se fosse circondata e avvolta da alcune cinture, tra le quali due, molto diverse tra loro e poggiate sui poli del cielo, sono rigide a causa del gelo; quella centrale e la più grande, invece, è bruciata dal calore del sole. Ci sono due zone abitabili, una a sud, dove gli abitanti, che camminano con i piedi rivolti in senso opposto rispetto ai vostri, non hanno nulla in comune con il vostro genere; e l’altra, più vicina al nord, che voi abitate: osserva quanto sia esigua la parte che vi tocca! Infatti, tutta la terra che abitate, stretta ai poli e più larga ai lati, è come una piccola isola circondata da quel mare che chiamate ‘Atlantico’, ‘grande’ o ‘Oceano’; eppure, per quanto grande sia il suo nome, vedi quanto in realtà sia piccolo.
Capitolo 22
Ex his ipsis cultis notisque terris num aut tuum aut cuiusquam nostrum nomen vel Caucasum hunc, quem cernis, transcendere potuit vel illum Gangem tranatare? Quis in reliquis orientis aut obeuntis solis ultimis aut aquilonis austrive partibus tuum nomen audiet? Quibus amputatis cernis profecto, quantis in angustiis vestra se gloria dilatari velit. Ipsi autem, qui de nobis loquuntur, quam loquentur diu?
Traduzione:
Tra queste terre abitate e conosciute, credi forse che il tuo nome o quello di qualcuno di noi possa oltrepassare il Caucaso che vedi, o attraversare il Gange? Chi, nelle estreme regioni orientali o occidentali, o nei remoti settori del nord e del sud, udrà mai il tuo nome? Eliminate queste zone, vedi chiaramente quanto poco si espanda la vostra gloria. Ma poi, anche coloro che parlano di noi, per quanto tempo ne parleranno?
Capitolo 23
Quin etiam si cupiat proles illa futurorum hominum deinceps laudes unius cuiusque nostrum a patribus acceptas posteris prodere, tamen propter eluviones exustionesque terrarum, quas accidere tempore certo necesse est, non modo non aeternam, sed ne diuturnam quidem gloriam assequi possumus. Quid autem interest ab iis, qui postea nascentur, sermonem fore de te, cum ab iis nullus fuerit, qui ante nati sunt?
Traduzione:
Anzi, anche se le generazioni future degli uomini volessero tramandare le lodi di ognuno di noi, ricevute dai padri, ai posteri, tuttavia, a causa delle inondazioni e delle combustioni della terra, che inevitabilmente devono verificarsi in determinati momenti, non possiamo ottenere una gloria non solo eterna, ma nemmeno durevole. Ma quale differenza fa per te che si parli di te tra coloro che nasceranno in futuro, se nessuno ha parlato di te tra quelli che sono nati prima?
Capitolo 24
Qui nec pauciores et certe meliores fuerunt viri—praesertim cum apud eos ipsos, a quibus audiri nomen nostrum potest, nemo unius anni memoriam consequi possit. Homines enim populariter annum tantummodo solis, id est unius astri, reditu metiuntur; cum autem ad idem, unde semel profecta sunt, cuncta astra redierint eandemque totius caeli discriptionem longis intervallis rettulerint, tum ille vere vertens annus appellari potest; in quo vix dicere audeo, quam multa hominum saecula teneantur. Namque ut olim deficere sol hominibus exstinguique visus est, cum Romuli animus haec ipsa in templa penetravit, quandoque ab eadem parte sol eodemque tempore iterum defecerit, tum signis omnibus ad principium stellisque revocatis expletum annum habeto; cuius quidem anni nondum vicesimam partem scito esse conversam.
Traduzione:
Questi (gli uomini del passato) non furono né meno numerosi né certamente meno valorosi di voi, soprattutto se consideri che, tra coloro che possono sentire il nostro nome, nessuno può ottenere la memoria di più di un solo anno. Gli uomini, infatti, misurano il tempo popolarmente solo attraverso l’anno del sole, cioè il ritorno di un’unica stella; ma quando tutti gli astri torneranno al punto da cui una volta partirono e riporteranno, dopo lunghi intervalli, la stessa configurazione dell’intero cielo, solo allora si potrà chiamare davvero “anno completo”. In quell’anno, di cui non oso nemmeno dire quante generazioni di uomini comprenderà, il sole, come una volta è sembrato agli uomini eclissarsi e spegnersi quando l’anima di Romolo penetrò in questo tempio (celeste), quando ancora, dalla stessa parte e nello stesso momento, il sole si eclisserà di nuovo, tutti i segni e le stelle saranno riportati al loro inizio, e considera compiuto quell’anno; e sappi che di quell’anno non è trascorsa nemmeno la ventesima parte.
Analisi del testo
Capitolo 21
In questo capitolo, Scipione Africano mostra a Scipione Emiliano una visione della Terra dall’alto, facendo notare come essa sia divisa da cinture climatiche. I due poli, coperti di ghiaccio, sono inospitali, mentre la regione centrale, equatoriale, è troppo calda per essere abitabile. Ci sono solo due zone adatte alla vita umana: una nell’emisfero sud, irraggiungibile per il genere umano a nord, e una nell’emisfero nord, la più abitabile e dove si trovano i Romani. Tuttavia, anche questa parte, per quanto abitabile, è solo una piccola isola rispetto all’oceano che la circonda.
Questo passo mette in evidenza la limitazione geografica e la prospettiva ridimensionata della Terra, per sottolineare la piccolezza della sfera terrestre rispetto all’intero cosmo. La riflessione sull’immensità dell’oceano rispetto alla terraferma si inserisce nel contesto più ampio della filosofia cosmica di Cicerone.
Capitolo 22
In questo passaggio, Cicerone continua a ridimensionare il concetto di gloria terrena. Anche se il nome di un uomo si diffonde, non può oltrepassare certi limiti geografici, come il Caucaso o il Gange. Inoltre, molte parti del mondo non conosceranno mai il nome di un uomo romano, e ciò dimostra quanto sia ristretta la diffusione della gloria. Infine, Cicerone pone una domanda retorica sul tempo: anche coloro che parlano della gloria di un uomo non lo faranno a lungo.
Capitolo 23
Qui si introduce un altro concetto chiave: anche se le future generazioni volessero tramandare la gloria, ci sono eventi cosmici che, in modo inevitabile, distruggono la memoria, come le inondazioni e le combustioni della terra. Tali eventi ciclici, parte di un ordine naturale, impediscono che la gloria possa essere eterna o addirittura durevole. Inoltre, non vi è alcuna differenza tra chi parla di te nel futuro e chi non lo ha fatto nel passato, poiché anche i grandi uomini del passato, per quanto valorosi, non vengono più ricordati.
Capitolo 24
In questo capitolo, si discute la brevità del tempo umano in rapporto all’universo. Gli uomini misurano il tempo con l’anno solare, ma questo è solo il ciclo di una stella. Il vero anno cosmico si compie solo quando tutti gli astri tornano alla stessa posizione iniziale, cosa che richiede moltissimi secoli. Cicerone introduce qui un concetto astronomico straordinario per l’epoca, alludendo alla grandezza del tempo universale. L’accenno alla morte di Romolo durante un’eclissi di sole è una metafora per sottolineare l’infinità del ciclo cosmico.
Conclusione
I capitoli 21-24 del Somnium Scipionis riflettono sulla piccolezza della Terra rispetto all’universo e sulla fugacità della gloria umana. Anche i grandi nomi e le imprese più straordinarie, se considerate su scala universale, si rivelano insignificanti e destinate a scomparire. Attraverso la descrizione del tempo cosmico e dei cicli naturali, Cicerone evidenzia la necessità di orientarsi verso valori più elevati e immortali, come la virtù e la contemplazione del divino, piuttosto che la semplice fama terrena.
Audio Lezioni su Cicerone del prof. Gaudio