La sfrontata impudenza di Catilina, Prima Catilinaria, I, 1
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28 Dicembre 2019Il Somnium Scipionis di Cicerone è una parte conclusiva del De re publica, che amplia l’orizzonte dell’analisi politica, attraverso una visione umanistica dell’universo.
Testo e traduzione del “Somnium Scipionis” (Capitoli 16-17)
Testo latino: Capitolo 16: Sed sic, Scipio, ut avus hic tuus, ut ego, qui te genui, iustitiam cole et pietatem, quae cum magna in parentibus et propinquis tum in patria maxima est; ea vita via est in caelum et in hunc coetum eorum, qui iam vixerunt et corpore laxati illum incolunt locum, quem vides.’ Erat autem is splendidissimo candore inter flammas circus elucens. ‘Quem vos, ut a Graiis accepistis, orbem lacteum nuncupatis.’ Ex quo omnia mihi contemplanti praeclara cetera et mirabilia videbantur. Erant autem eae stellae, quas numquam ex hoc loco vidimus, et eae magnitudines omnium, quas esse numquam suspicati sumus; ex quibus erat ea minima, quae ultima a caelo, citima a terris luce lucebat aliena. Stellarum autem globi terrae magnitudinem facile vincebant. Iam ipsa terra ita mihi parva visa est, ut me imperii nostri, quo quasi punctum eius attingimus, paeniteret. |
Traduzione
Capitolo 16: “Ma così, Scipione, come questo tuo nonno e come io, che ti ho generato, coltiva la giustizia e la pietà, che, grande verso i genitori e i parenti, è massima verso la patria. Questa vita è la via che conduce al cielo e a quella compagnia di coloro che hanno vissuto e, liberati dal corpo, abitano il luogo che vedi.” Quel luogo appariva come un cerchio splendente di candore luminoso tra le fiamme. “Quello che voi, come avete appreso dai Greci, chiamate ‘via lattea’. Da quel luogo, contemplando ogni cosa, tutto mi appariva grandioso e meraviglioso. C’erano stelle che non avevamo mai visto dalla Terra, e corpi celesti di dimensioni che non avevamo mai immaginato; tra questi, il più piccolo, che era il più lontano dal cielo e il più vicino alla Terra, brillava di luce riflessa. Le sfere delle stelle superavano facilmente la grandezza della Terra. La Terra stessa mi appariva così piccola che provai vergogna per il nostro impero, che ne occupa solo un punto insignificante.” |
Capitolo 17: Quam cum magis intuerer: ‘Quaeso,’ inquit Africanus, ‘quousque humi defixa tua mens erit? Nonne aspicis, quae in templa veneris? Novem tibi orbibus vel potius globis conexa sunt omnia, quorum unus est caelestis, extimus, qui reliquos omnes complectitur, summus ipse deus arcens et continens ceteros; in quo sunt infixi illi, qui volvuntur, stellarum cursus sempiterni. Cui subiecti sunt septem, qui versantur retro contrario motu atque caelum. Ex quibus summum globum possidet illa, quam in terris Saturniam nominant. Deinde est hominum generi prosperus et salutaris ille fulgor, qui dicitur Iovis; tum rutilus horribilisque terris, quem Martium dicitis; deinde subter mediam fere regionem Sol obtinet, dux et princeps et moderator luminum reliquorum, mens mundi et temperatio, tanta magnitudine, ut cuncta sua luce lustret et compleat. Hunc ut comites consequuntur Veneris alter, alter Mercurii cursus, in infimoque orbe Luna radiis solis accensa convertitur. Infra autem iam nihil est nisi mortale et caducum praeter animos munere deorum hominum generi datos; supra Lunam sunt aeterna omnia. Nam ea, quae est media et nona, Tellus, neque movetur et infima est, et in eam feruntur omnia nutu suo pondera.’ | Capitolo 17: Mentre osservavo con maggiore attenzione, l’Africano mi disse: “Fino a quando la tua mente rimarrà fissata sulla Terra? Non ti rendi conto a quali templi sei giunto? Tutto l’universo è connesso in nove orbite o, meglio, sfere. Una di esse è celeste, la più esterna, che abbraccia tutte le altre: è il Dio supremo che le governa e contiene tutte in sé. In essa sono fissati i corsi eterni delle stelle, che ruotano eternamente. Al di sotto vi sono sette sfere, che si muovono in direzione contraria rispetto al cielo. La più alta di queste sfere è occupata da quel pianeta che sulla Terra chiamate Saturno. Subito dopo c’è quella luce favorevole e benefica per il genere umano, che chiamate Giove; poi vi è Marte, rosso e terribile per la Terra. Più sotto, vicino al centro, si trova il Sole, che è il capo, il principe e il regolatore degli altri astri, la mente e la misura dell’universo, così grande che illumina e avvolge con la sua luce tutti i corpi celesti. Lo seguono, come compagni di viaggio, Venere e Mercurio, mentre nell’orbita più bassa si muove la Luna, illuminata dai raggi del Sole. Al di sotto della Luna non c’è più nulla di eterno: tutto ciò che vi si trova è mortale e destinato a perire, eccetto le anime degli uomini, che sono un dono degli dèi. Al di sopra della Luna tutto è eterno. La Terra, che occupa il centro, non si muove, ed è la più bassa: su di essa gravita tutto ciò che ha peso, spinto dalla sua stessa natura.” |
Analisi e commento
Il Somnium Scipionis è un’opera attribuita a Cicerone, inserita nel sesto libro del suo trattato filosofico “De re publica”. In questi due capitoli, il protagonista, Scipione l’Emiliano, si ritrova a vivere un’esperienza onirica in cui incontra il suo antenato, Scipione l’Africano, che gli impartisce una lezione di natura morale e cosmologica.
Capitolo 16: L’importanza della giustizia e della pietà
Nel capitolo 16, l’Africano consiglia Scipione a coltivare giustizia e pietà, virtù fondamentali non solo nei confronti dei propri cari, ma soprattutto verso la patria. La vita vissuta secondo questi principi è, per Cicerone, una via che conduce alla salvezza celeste e alla beatitudine eterna. Le anime che hanno seguito questa via raggiungono un luogo di pace e di luce, che Cicerone chiama “orbe lacteo” (la Via Lattea), un concetto mutuato dalla tradizione greca.
La descrizione del cielo e delle stelle, che appaiono più grandiose e numerose di quanto l’osservazione dalla Terra consenta di vedere, serve a sottolineare quanto sia limitata la visione umana e quanto sia vasto e magnifico l’universo al di là della nostra comprensione. Le stelle sono descritte come sfere di dimensioni superiori alla Terra, e la Terra stessa appare così piccola da far apparire insignificante anche il più grande impero umano, simbolo dell’umiltà dell’uomo di fronte al cosmo.
Capitolo 17: La cosmologia antica
Nel capitolo 17, l’Africano prosegue spiegando a Scipione la struttura dell’universo secondo la cosmologia tolemaica, che immaginava l’universo come composto di nove sfere concentriche. La più esterna, la sfera celeste, è abitata da Dio, che governa e contiene tutte le altre. All’interno di questa sfera si muovono le orbite delle stelle fisse, e al di sotto di essa vi sono le sfere dei pianeti, ognuna delle quali segue un moto circolare.
La descrizione dei pianeti segue l’ordine conosciuto all’epoca: Saturno, Giove, Marte, il Sole, Venere, Mercurio e infine la Luna, che è l’astro più vicino alla Terra. Cicerone fa riferimento a un’idea che sarà sviluppata anche nel medioevo: al di sotto della Luna, tutto è mortale e caduco, mentre al di sopra della Luna tutto è eterno.
Questa divisione tra il mondo sublunare, imperfetto e soggetto al cambiamento, e il mondo sovralunare, perfetto e immutabile, era alla base della cosmologia antica e medievale. La Terra è al centro dell’universo ed è immobile, mentre tutto ciò che ha peso è attratto verso di essa per sua natura.
Significato morale e filosofico
La struttura cosmologica presentata nel “Somnium Scipionis” non è solo una descrizione dell’universo fisico, ma anche una metafora morale. Il viaggio di Scipione attraverso il cosmo rappresenta l’ascesa dell’anima verso la conoscenza superiore e verso Dio. La contemplazione dell’universo spinge l’anima a staccarsi dalle preoccupazioni terrene, come il potere e la ricchezza, e a concentrarsi su ciò che è eterno.
L’invito di Scipione l’Africano a non fissare lo sguardo sulla Terra rappresenta un richiamo a distaccarsi dalle cose mortali e materiali, per cercare ciò che è divino e immortale. In questo senso, la visione cosmologica diventa una lezione di saggezza morale: solo la virtù conduce alla salvezza dell’anima e alla partecipazione all’eternità.
Conclusione
Il Somnium Scipionis fonde sapientemente temi cosmologici e morali, mostrando come la contemplazione dell’universo possa guidare l’uomo verso una vita virtuosa e verso la salvezza eterna. Attraverso la figura di Scipione l’Africano, Cicerone insegna che la giustizia e la pietà sono le virtù più elevate che un uomo possa coltivare, poiché lo avvicinano a Dio e al cosmo perfetto, superando la caducità delle cose terrene.
Audio Lezioni su Cicerone del prof. Gaudio
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