Canto tredicesimo dell’Inferno
28 Dicembre 2019Le arpie. Eneide, III, 192-269
28 Dicembre 2019I primi 48 versi del Canto XXI del Purgatorio rappresentano un momento di intensa riflessione sul desiderio di conoscenza e sulla sete spirituale che pervade Dante durante il suo viaggio attraverso il Purgatorio.
Versi 1-12: La sete di conoscenza e l’incontro con l’anima di Stazio
Dante introduce il canto con la metafora della “sete naturale”, ovvero il desiderio di conoscenza che non si placa mai finché non viene soddisfatto con la “verità” (simbolizzata dall’acqua):
La sete natural che mai non sazia
se non con l’acqua onde la femminetta
samaritana domandò la grazia (1-3)
La “sete” a cui si riferisce Dante è una sete spirituale, che può essere soddisfatta solo con la verità divina, proprio come la Samaritana nel Vangelo di Giovanni chiese a Gesù l’acqua viva (Giovanni 4:10-15). Questo desiderio di sapere spinge Dante a seguire con fretta e ansia Virgilio, il suo maestro, mentre attraversano il Purgatorio. Al contempo, sente il peso della giusta vendetta divina sui peccatori, il che indica un profondo senso di empatia e partecipazione alla giustizia divina.
Subito dopo, Dante fa riferimento a un episodio del Vangelo di Luca (24:13-35), in cui Cristo apparve ai due discepoli sulla via di Emmaus:
Ed ecco, sì come ne scrive Luca
che Cristo apparve a’ due ch’erano in via,
già surto fuor de la sepulcral buca (7-9)
Con questa allusione, Dante introduce l’incontro con l’anima di Stazio, che appare come una figura di redenzione, proprio come Cristo apparve ai discepoli. La similitudine suggerisce che anche in questo incontro ci sarà una rivelazione importante.
Versi 13-24: Il saluto e la risposta di Virgilio
L’anima di Stazio si avvicina a Dante e Virgilio e li saluta con un segno di pace:
dicendo: “O frati miei, Dio vi dea pace” (13)
La risposta immediata di Virgilio dimostra il rispetto e l’educazione che i due pellegrini mantengono verso le anime che incontrano. Virgilio augura a Stazio di essere accolto nella pace eterna, benché lui stesso non possa godere di quella pace, poiché è condannato all’eterno esilio nel Limbo, essendo un’anima virtuosa vissuta prima dell’avvento di Cristo.
“Nel beato concilio
ti ponga in pace la verace corte
che me rilega ne l’etterno essilio” (16-18)
Il concetto dell’eterno esilio di Virgilio è un tema che attraversa tutto il viaggio di Dante: anche se Virgilio è una guida illuminata, è comunque destinato a non partecipare alla visione beatifica di Dio.
Versi 25-36: Stazio e la scala del Purgatorio
Stazio è sorpreso dal fatto che Dante e Virgilio, pur essendo ombre, abbiano scalato il Purgatorio:
“Come!”, diss’elli, e parte andavam forte:
“se voi siete ombre che Dio sù non degni,
chi v’ ha per la sua scala tanto scorte?” (25-27)
La sorpresa di Stazio è giustificata dal fatto che le anime del Purgatorio devono espiare i loro peccati prima di salire verso Dio, quindi non è comune che qualcuno possa salire senza essere degno. Virgilio risponde spiegando che Dante è ancora vivo, ma poiché non ha ancora raggiunto il momento della sua morte (non è stata ancora filata la sua conocchia, il filo della vita, da Cloto, una delle Parche), ha bisogno di una guida per questo viaggio:
Ma perché lei che dì e notte fila
non li avea tratta ancora la conocchia
che Cloto impone a ciascuno e compila (31-33)
Il riferimento a Cloto, la Parca che fila il destino degli uomini, inserisce qui un elemento mitologico che sottolinea l’importanza della vita e del destino. Virgilio spiega che Dante non può vedere chiaramente da solo la strada, poiché non ha la vista spirituale delle anime purganti:
l’anima sua, ch’è tua e mia serocchia,
venendo sù, non potea venir sola,
però ch’al nostro modo non adocchia (34-36)
Versi 37-48: Il terremoto del Purgatorio e la spiegazione di Stazio
Dante, desideroso di sapere, pone una domanda a Stazio che lo ha tormentato: vuole capire perché il monte del Purgatorio abbia tremato e perché si sia udito un grido che risuonava fino alla base del monte:
Ma dimmi, se tu sai, perché tai crolli
diè dianzi ’l monte, e perché tutto ad una
parve gridare infino a’ suoi piè molli (40-42)
Questa domanda esprime la “sete” di conoscenza che Dante menzionava all’inizio del canto, e ora trova soddisfazione nell’opportunità di chiedere direttamente a Stazio. La metafora della “cruna del desiderio” mostra come la speranza di ottenere una risposta riduca l’ansia del poeta:
Sì mi diè, dimandando, per la cruna
del mio disio, che pur con la speranza
si fece la mia sete men digiuna (43-45)
Stazio risponde dicendo che nulla nel Purgatorio avviene senza ordine e che tutti gli eventi sono regolati dalla volontà divina:
Quei cominciò: “Cosa non è che sanza
ordine senta la religïone
de la montagna, o che sia fuor d’usanza. (46-48)
In queste righe, Stazio introduce il concetto dell’ordine divino che governa tutti gli eventi del Purgatorio. Nulla accade per caso o fuori dalla norma divina, e tutto ciò che avviene è regolato da un principio superiore.
Temi principali
- La sete di conoscenza: Il tema della sete di conoscenza e di verità è centrale. Dante esprime il desiderio umano di capire la realtà spirituale e il significato degli eventi soprannaturali che si verificano nel Purgatorio.
- L’ordine divino: Stazio spiega che tutto ciò che accade nel Purgatorio è ordinato dalla volontà divina. Non esistono eventi casuali o disordinati nel mondo spirituale, e questo ordine divino governa anche le manifestazioni fisiche, come il terremoto.
- Il viaggio spirituale: Virgilio spiega che Dante non ha ancora raggiunto la pienezza della visione spirituale, poiché è ancora vivo. Ha bisogno di una guida per comprendere e percorrere il cammino verso la salvezza.
- La redenzione e la salvezza: Il riferimento all’episodio dei discepoli di Emmaus e la presenza di Stazio evocano l’idea di redenzione e di rivelazione spirituale. Anche le anime che si trovano nel Purgatorio partecipano a questo cammino di purificazione e redenzione.
Conclusione
Questi primi versi del Canto XXI del Purgatorio mettono in evidenza la sete di conoscenza che anima Dante nel suo viaggio e la consapevolezza che tutto ciò che accade nel Purgatorio è regolato da un ordine divino. L’incontro con Stazio e il dialogo con lui permettono a Dante di ottenere una maggiore comprensione della realtà spirituale e di avanzare nel suo percorso verso la purificazione e la visione beatifica.
Solo testo dei versi 1-48 del ventunesimo canto del Purgatorio di Dante
La sete natural che mai non sazia
se non con l’acqua onde la femminetta
samaritana domandò la grazia,3
mi travagliava, e pungeami la fretta
per la ’mpacciata via dietro al mio duca,
e condoleami a la giusta vendetta. 6
Ed ecco, sì come ne scrive Luca
che Cristo apparve a’ due ch’erano in via,
già surto fuor de la sepulcral buca,9
ci apparve un’ombra, e dietro a noi venìa,
dal piè guardando la turba che giace;
né ci addemmo di lei, sì parlò pria,12
dicendo: “O frati miei, Dio vi dea pace”.
Noi ci volgemmo sùbiti, e Virgilio
rendéli ’l cenno ch’a ciò si conface. 15
Poi cominciò: “Nel beato concilio
ti ponga in pace la verace corte
che me rilega ne l’etterno essilio”. 18
“Come!”, diss’elli, e parte andavam forte:
“se voi siete ombre che Dio sù non degni,
chi v’ ha per la sua scala tanto scorte?”. 21
E ’l dottor mio: “Se tu riguardi a’ segni
che questi porta e che l’angel profila,
ben vedrai che coi buon convien ch’e’ regni. 24
Ma perché lei che dì e notte fila
non li avea tratta ancora la conocchia
che Cloto impone a ciascuno e compila,27
l’anima sua, ch’è tua e mia serocchia,
venendo sù, non potea venir sola,
però ch’al nostro modo non adocchia. 30
Ond’io fui tratto fuor de l’ampia gola
d’inferno per mostrarli, e mosterrolli
oltre, quanto ’l potrà menar mia scola. 33
Ma dimmi, se tu sai, perché tai crolli
diè dianzi ’l monte, e perché tutto ad una
parve gridare infino a’ suoi piè molli”. 36
Sì mi diè, dimandando, per la cruna
del mio disio, che pur con la speranza
si fece la mia sete men digiuna. 39
Quei cominciò: “Cosa non è che sanza
ordine senta la religïone
de la montagna, o che sia fuor d’usanza. 42
Libero è qui da ogne alterazione:
di quel che ’l ciel da sé in sé riceve
esser ci puote, e non d’altro, cagione. 45
Per che non pioggia, non grando, non neve,
non rugiada, non brina più sù cade
che la scaletta di tre gradi breve; 48