“L’odore” di Giorgio Gaber è una canzone che, con la sua consueta ironia, mette in scena un’analisi profonda e tragicomica del rapporto con sé stessi, della percezione del corpo e dell’identità.
Il brano utilizza il tema dell’odore come metafora per esplorare il disagio personale e sociale, l’ansia di conformità, e la lotta per mantenere un’immagine rispettabile in un mondo che ci giudica anche per aspetti apparentemente superficiali.
Analisi del testo
L’inizio dell’intimità
Sdraiati sull’erba
Soltanto un attimo prima
Di fare l’amore.
Il brano si apre con un momento che dovrebbe essere intimo e piacevole: due persone stanno per fare l’amore, immerse nella natura. L’aria fresca e il canto di un grillo creano un’atmosfera idilliaca. Tuttavia, questo scenario viene subito incrinato da un elemento disturbante: l’odore.
Un grillo che canta,
C’è una aria bellissima intorno…
Che odore!
Il narratore sottolinea che, nonostante tutto sembri perfetto, qualcosa nell’aria non va. Questo odore diventa subito un elemento di disturbo che interrompe il flusso naturale degli eventi, generando ansia e fastidio.
Il crescere del disagio
Sarà la zona!
Cerchiamo un posto migliore
E allora ritrovo di nuovo
La mia tenerezza.
Il protagonista cerca di giustificare l’odore attribuendolo all’ambiente circostante (“Sarà la zona!”) e si sposta con la sua partner, cercando di ripristinare l’intimità. Tuttavia, il disagio cresce, e l’odore comincia a diventare una vera ossessione.
Più che un odore è una puzza!
Io tento un abbraccio per chiuderle il setto nasale…
È micidiale!
L’odore, che inizia come una percezione generica, diventa sempre più insopportabile, tanto che il protagonista tenta addirittura di “chiudere il setto nasale” della partner, un gesto grottesco e paradossale che simboleggia la sua incapacità di affrontare il problema direttamente.
La fuga dalla natura alla città
In città non mi sento mai male,
L’aria è più giusta.
Dopo aver cercato di ristabilire l’intimità senza successo, il protagonista abbandona la natura, suggerendo che l’ambiente urbano, con la sua “aria giusta”, è un rifugio. La città rappresenta un luogo di comfort, dove i problemi, come gli odori sgradevoli, sembrano essere meno invadenti o almeno più facili da ignorare.
L’ossessione che persiste
C’è ancora l’odore, l’odore mi insegue, oramai è dappertutto,
Non posso, non posso oramai ce l’ho addosso!
Nonostante il cambio di ambiente, l’odore continua a perseguitare il protagonista, seguendolo ovunque. Questo fa emergere una realtà più profonda: l’odore non appartiene all’esterno, ma a lui stesso.
Vuoi vedere che sono io, vuoi vedere che sono io!
Questa rivelazione arriva con un misto di sorpresa e terrore: l’odore non è un problema esterno, ma qualcosa che fa parte di lui. L’ossessione, a questo punto, si trasforma in angoscia personale, come se il protagonista fosse improvvisamente consapevole di una parte di sé che non può accettare.
Il tentativo di eliminare l’odore
Mi faccio un bel bagno,
Mi lavo da tutte le parti
Con molta attenzione.
Mi metto anche il talco,
Son candido come un bambino…
Maledizione!
Il protagonista cerca di liberarsi di questo odore attraverso un rito purificatore: si lava con cura, si spalma creme, usa talco, ma senza successo. Il tentativo di “ripulirsi” diventa una metafora della ricerca di purificazione morale o sociale, un modo per liberarsi di ciò che si percepisce come impuro o inaccettabile. Tuttavia, ogni tentativo è vano, l’odore persiste, riaffermando la sua esistenza indipendente dalle apparenze esterne.
La crisi d’identità
Il puzzo sovrasta, ce l’ho nella pelle, che schifo mi faccio,
Che corpo ignorante così puzzolente!
La lotta contro l’odore culmina in un’espressione di disgusto verso sé stessi. L’odore diventa il simbolo di un corpo che sfugge al controllo, di un’identità che non può essere cancellata né ignorata. Il corpo, con la sua “ignoranza”, rappresenta una realtà fisica ineluttabile, qualcosa che esiste al di là dell’immagine che il protagonista vorrebbe proiettare di sé.
La critica sociale
Come faccio con tutta la gente che mi ama e mi stima,
Come faccio?
Il protagonista inizia a riflettere su come la sua immagine esterna, quella che gli altri vedono e ammirano, sia minacciata dall’odore. La sua carriera, la sua reputazione, il suo status sociale: tutto sembra a rischio a causa di questa crisi interiore.
Io che c’avevo tanti amici, sono uno che lavora, mi son fatto una carriera,
Non è giusto che la perda, mi son fatto tutto da me,
Mi son fatto tutto da me!
Questi versi esprimono il conflitto tra l’apparenza di successo sociale e la percezione di una profonda inadeguatezza personale. Il protagonista ha costruito la propria immagine attraverso il lavoro e la fatica, ma ora tutto questo sembra essere minacciato da un difetto essenziale e inalienabile: il suo stesso odore.
Conclusione
Mi son fatto tutto di merda!
La frase finale rappresenta la resa totale. L’idea che “mi son fatto tutto da me” si capovolge in una confessione brutale: tutto ciò che il protagonista ha costruito è “di merda”, un fallimento completo. L’odore diventa la metafora di una crisi d’identità profonda, di un senso di inadeguatezza che non può essere rimosso né nascosto dietro l’immagine esteriore di successo.
Tematiche principali
L’odore come metafora dell’identità: L’odore in questa canzone non è solo una questione fisica, ma diventa simbolo dell’essenza del protagonista, di qualcosa che non può essere cancellato. È una rappresentazione del lato oscuro o nascosto dell’individuo, che sfugge al controllo e non può essere camuffato.
Disagio corporeo e sociale: La crisi del protagonista riguarda sia il rapporto con il proprio corpo che con la società. Il corpo, rappresentato come “ignorante”, è fonte di vergogna e inadeguatezza. Allo stesso tempo, l’ossessione per l’immagine pubblica e il giudizio altrui amplifica il dramma interiore.
La lotta tra apparenza e realtà: Il protagonista tenta di nascondere il proprio disagio con bagni, talco, profumi, ma questi gesti simbolizzano il fallimento dell’illusione di poter controllare la propria immagine esterna. L’odore, che rappresenta la verità nascosta, emerge sempre più forte.
Crisi di identità e fallimento personale: La progressione della canzone conduce a una crisi esistenziale. L’identità che il protagonista ha costruito con tanto impegno si rivela fragile, e ciò che percepiva come successo diventa, alla fine, “merda”, un totale fallimento.
Conclusione
“L’odore” di Giorgio Gaber è una canzone che utilizza un linguaggio ironico e paradossale per raccontare una profonda crisi d’identità e il conflitto tra l’immagine sociale e la realtà interiore. Gaber, con il suo inconfondibile stile, esplora il disagio umano, mostrando come la ricerca della perfezione esteriore possa scontrarsi con la consapevolezza delle proprie fragilità e imperfezioni.
Testo della canzone: (di Gaber e Luporini)
Sdraiati sull’erba Soltanto un attimo prima Di fare l’amore. Un grillo che canta, C’è una aria bellissima intorno… Che odore!
Pian piano riprendo a sfiorare la sua sottana… Sarà la zona!
Cerchiamo un posto migliore E allora ritrovo di nuovo La mia tenerezza. È una cara ragazza, Comincio a sentirmi eccitato… Più che un odore è una puzza! Io tento un abbraccio per chiuderle il setto nasale… è micidiale!
Non ce la faccio, M’è venuta anche un po’ di nausea, Mi gira la testa. In città non mi sento mai male, L’aria è più giusta. Un bar d’alluminio Mi siedo e mi sento un signore…
C’è ancora l’odore, l’odore mi insegue, oramai è dappertutto, Non posso, non posso oramai ce l’ho addosso! Vado a casa, mi siedo sul letto, mi sdraio, mi distendo, Ma c’è ancora! Io mi annuso, lo sento più forte, un odore tremendo, Mi tolgo i vestiti oramai sono nudo… Odore mio, odore mio… Vuoi vedere che sono io, vuoi vedere che sono io, vuoi vedere che sono io!
Calma, un momento, ragioniamo!
Mi faccio un bel bagno, Mi lavo da tutte le parti Con molta attenzione. Mi metto anche il talco, Son candido come un bambino… Maledizione! Adesso però non mi devo suggestionare… Da vomitare! Non ce la faccio, è un odore che non si distrugge Con una lavata. Ci vorrebbe un programma in risciacquo, La schiuma frenata! Mi spalmo le creme, i profumi, Dai piedi alla testa…
Il puzzo sovrasta, ce l’ho nella pelle, che schifo mi faccio, Che corpo ignorante così puzzolente! Come faccio con tutta la gente che mi ama e mi stima, Come faccio? Non c’è niente da fare la puzza è più forte di prima, Che schifo! Io che c’avevo tanti amici, sono uno che lavora, mi son fatto una carriera, Non è giusto che la perda, mi son fatto tutto da me, Mi son fatto tutto da me! Io che conosco tanta gente, son venuto su dal niente, C’ho una bella posizione, non è giusto che la perda, Mi son fatto tutto da me, mi son fatto tutto da me, Mi son fatto tutto da me… Mi son fatto tutto di merda!
Compositori: Alessandro Luporini / Giorgio Gaberscik
Audio Lezioni sulla Letteratura del novecento del prof. Gaudio