X Agosto di Giovanni Pascoli
28 Dicembre 2019Introduzione alla raccolta poetica Myricae
28 Dicembre 2019Momento particolarmente intenso e toccante, in questi versi del Canto XXV nel Paradiso, dove Dante esprime la sua speranza e la sua aspirazione finale: poter tornare a Firenze, riscattato dalla sua opera, e ricevere la corona poetica nel battistero dove fu battezzato.
Questo canto è anche il canto della speranza, una delle tre virtù teologali, e qui Dante incontra San Giacomo, uno degli apostoli associati a questa virtù.
Introduzione
In questo passaggio, Dante rivela il suo desiderio di tornare nella sua amata Firenze e ricevere la corona poetica come riconoscimento della sua opera. Il “poema sacro”, che ha consumato Dante per anni, è ciò che egli spera possa vincere la crudeltà del suo esilio. In questo canto, Dante si trova nel cielo delle stelle fisse, dove incontra le anime beate degli apostoli, e qui in particolare San Giacomo, apostolo della speranza. Dante è accompagnato da Beatrice, che lo guida e gli presenta le anime dei beati, lodandoli e intercedendo per lui affinché possa rispondere alle loro domande.
Analisi
Il canto si apre con un’intensa dichiarazione personale di Dante. Egli esprime la speranza che, se mai il suo “poema sacro”, frutto di anni di duro lavoro e sofferenza, riuscirà a vincere l’esilio e la crudeltà dei suoi nemici, potrà tornare a Firenze da poeta coronato. “Vello” e “voce” sono simboli del poeta che, rinnovato, ritornerà alla sua città, non come agnello (simbolo della sua umiltà passata), ma con un’altra “voce”, ossia come poeta maturo. Il “cappello” che Dante spera di ricevere presso il “fonte del mio battesmo” è la corona poetica, un segno di riconoscimento pubblico della sua grandezza letteraria.
Dante collega questo desiderio alla sua fede, che gli ha aperto le porte della redenzione, attraverso il battesimo e l’intercessione di San Pietro (“Pietro per lei sì mi girò la fronte”). L’incontro con San Giacomo è introdotto dall’arrivo di una luce splendente che si muove verso Dante, proveniente dalla sfera delle anime beate che circondano Cristo. Beatrice annuncia con gioia che quella luce appartiene a San Giacomo, il santo associato al pellegrinaggio verso Santiago de Compostela, uno dei più importanti centri di devozione cristiana.
Il confronto tra San Giacomo e San Pietro è descritto con l’immagine poetica dei colombi che si avvicinano l’uno all’altro, esprimendo il loro affetto girandosi e mormorando. La scena è un’immagine di dolcezza e armonia tra i due grandi santi della tradizione cristiana. Dopo che si sono salutati e lodati, si rivolgono a Dante, ora avvolti da una luce talmente intensa da superare la sua capacità di sopportarla.
Beatrice, sorridendo, presenta San Giacomo come “l’inclita vita” che ha scritto della generosità della “nostra basilica” (la Chiesa). San Giacomo, che ha spesso rappresentato la speranza cristiana, chiede a Dante di esprimere la sua concezione della speranza, poiché sa che Dante ha spesso raffigurato questa virtù nelle sue opere, come Gesù la presentò ai suoi discepoli. San Giacomo esorta Dante a sollevare il capo e a rassicurarsi: tutto ciò che sale al cielo dalla Terra, spiega, viene purificato dai raggi divini.
Dante, incoraggiato, solleva lo sguardo, e San Giacomo lo invita a esprimere la sua comprensione della speranza, chiedendogli di raccontare da dove gli derivi questa virtù. Prima che Dante possa rispondere, Beatrice lo precede con parole di grande lode, dichiarando che non c’è nessun figlio della Chiesa militante con più speranza di lui, secondo quanto è scritto nel “Sole” (Dio). Beatrice spiega che, per questa ragione, a Dante è concesso di compiere un viaggio simbolico, come gli ebrei che lasciarono l’Egitto per giungere alla Terra Promessa.
Infine, Beatrice lascia a Dante il compito di rispondere a due altre domande: non perché San Giacomo non conosca già le risposte, ma affinché Dante possa dimostrare quanto la speranza sia radicata nel suo cuore. Beatrice sa che Dante non risponderà con presunzione, e quindi gli affida il compito di parlare di questa virtù.
Commento
Questo canto è uno dei momenti più personali e intimi della Divina Commedia. Dante parla direttamente del suo esilio e del suo desiderio di riscatto. L’aspirazione di essere riconosciuto come poeta nel battistero dove fu battezzato è una speranza che si intreccia con la redenzione spirituale: Dante vuole che la sua grande opera, il “poema sacro”, sia lo strumento della sua giustificazione davanti a Firenze e al mondo.
L’incontro con San Giacomo, apostolo della speranza, è particolarmente significativo. Dante ha bisogno di rispondere a una domanda che ha a che fare con una delle tre virtù teologali, e ciò avviene in un contesto di straordinaria bellezza spirituale. Il dialogo tra i santi e la descrizione dei loro movimenti nella sfera celeste rappresentano una sorta di danza divina, in cui la luce e la gioia dell’amore celeste si manifestano pienamente.
La metafora dei colombi, che si incontrano in segno di affetto, riflette la purezza e la dolcezza del dialogo tra i santi, in contrasto con le lotte terrene a cui Dante ha assistito. Beatrice, come sempre, è la guida e l’intermediaria che facilita il dialogo tra Dante e i santi, lodando il poeta per la sua virtù e incoraggiandolo a rispondere con umiltà.
Parafrasi
Se mai continga che ’l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
sì che m’ha fatto per molti anni macro,
Se mai dovesse accadere che il poema sacro, a cui hanno collaborato il cielo e la terra, e che mi ha consumato per molti anni,
vinca la crudeltà che fuor mi serra
del bello ovile ov’ io dormi’ agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;
superi la crudeltà che mi tiene lontano dal bel gregge (Firenze) dove ho dormito come un agnello, nemico dei lupi che lo attaccano;
con altra voce omai, con altro vello
ritornerò poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prenderò ’l cappello;
allora tornerò come poeta con una nuova voce e una nuova veste, e al fonte del mio battesimo riceverò la corona poetica;
però che ne la fede, che fa conte
l’anime a Dio, quivi intra’ io, e poi
Pietro per lei sì mi girò la fronte.
perché fu in quel fonte che entrai nella fede, che fa contare le anime davanti a Dio, e per essa Pietro mi segnò la fronte (col battesimo).
Indi si mosse un lume verso noi
di quella spera ond’ uscì la primizia
che lasciò Cristo d’i vicari suoi;
Allora si avvicinò a noi una luce da quella sfera dove si trova il primo vicario che Cristo lasciò sulla Terra (San Pietro);
e la mia donna, piena di letizia,
mi disse: «Mira, mira: ecco il barone
per cui là giù si vicita Galizia».
e la mia donna, piena di gioia, mi disse: “Guarda, guarda: ecco il barone per cui si visita la Galizia (San Giacomo, associato al pellegrinaggio a Santiago di Compostela)”.
Sì come quando il colombo si pone
presso al compagno, l’uno a l’altro pande,
girando e mormorando, l’affezione;
Come quando il colombo si posa accanto al compagno e, girandosi e mormorando, gli manifesta il suo affetto;
così vid’ ïo l’un da l’altro grande
principe glorïoso essere accolto,
laudando il cibo che là sù li prande.
così vidi due grandi principi gloriosi (San Pietro e San Giacomo) salutarsi, lodando il cibo spirituale che li nutre lassù.
Ma poi che ’l gratular si fu assolto,
tacito coram me ciascun s’affisse,
ignito sì che vincëa ’l mio volto.
Ma dopo che si furono salutati, si fermarono in silenzio davanti a me, brillando con una luce così intensa che superava la mia capacità di vedere.
Ridendo allora Bëatrice disse:
«Inclita vita per cui la larghezza
de la nostra basilica si scrisse,
Sorridendo, allora Beatrice disse: “Gloriosa vita, per cui si scrisse della generosità della nostra basilica (San Giacomo),
fa risonar la spene in questa altezza:
tu sai, che tante fiate la figuri,
quante Iesù ai tre fé più carezza».
fa risuonare la speranza in questo luogo elevato: tu sai che l’hai rappresentata tante volte, quanto Gesù mostrò amore ai suoi tre discepoli prediletti (Pietro, Giacomo e Giovanni).”
«Leva la testa e fa che t’assicuri:
ché ciò che vien qua sù del mortal mondo,
convien ch’ai nostri raggi si maturi».
“Alza la testa e fatti coraggio: perché tutto ciò che viene qui su dal mondo mortale deve maturare alla luce dei nostri raggi.”
Questo conforto del foco secondo
mi venne; ond’ io leväi li occhi a’ monti
che li ’ncurvaron pria col troppo pondo.
Questo conforto mi venne dal secondo fuoco (San Giacomo); allora alzai gli occhi verso le alte vette che prima erano abbassate dal troppo peso.
«Poi che per grazia vuol che tu t’affronti
lo nostro Imperadore, anzi la morte,
ne l’aula più secreta co’ suoi conti,
“Poiché per grazia divina ti è concesso di affrontare il nostro Imperatore (Dio), prima della morte, nella sua aula più segreta con i suoi conti (i santi),
sì che, veduto il ver di questa corte,
la spene, che là giù bene innamora,
in te e in altrui di ciò conforte,
così che, vedendo la verità di questa corte, la speranza, che giù in Terra suscita tanto amore, trovi conforto in te e in altri,
dì quel ch’ell’ è, dì come se ne ’nfiora
la mente tua, e dì onde a te venne».
Così seguì ’l secondo lume ancora.
dì cos’è la speranza, dì come fiorisce nella tua mente, e dì da dove ti è venuta.” Così parlò il secondo fuoco (San Giacomo).
E quella pïa che guidò le penne
de le mie ali a così alto volo,
a la risposta così mi prevenne:
E colei, Beatrice, che mi ha guidato a volare fino a queste altezze, mi prevenne con la sua risposta:
«La Chiesa militante alcun figliuolo
non ha con più speranza, com’ è scritto
nel Sol che raggia tutto nostro stuolo:
“La Chiesa militante (sulla Terra) non ha alcun figlio con più speranza di lui, come è scritto nel Sole (Dio) che illumina tutto il nostro ordine di beati.
però li è conceduto che d’Egitto
vegna in Ierusalemme per vedere,
anzi che ’l militar li sia prescritto.
Perciò gli è concesso di venire dall’Egitto a Gerusalemme (dal mondo terreno al paradiso) per vedere, prima che la sua vita militante (terrena) sia terminata.
Li altri due punti, che non per sapere
son dimandati, ma perch’ ei rapporti
quanto questa virtù t’è in piacere,
Gli altri due punti, che non ti sono stati chiesti per sapere, ma affinché tu possa dimostrare quanto ami questa virtù,
a lui lasc’ io, ché non li saran forti
né di iattanza; ed elli a ciò risponda,
e la grazia di Dio ciò li comporti».
li lascio a lui, perché non troverà difficile rispondere né sarà presuntuoso; e che risponda, con l’aiuto della grazia di Dio.”
Conclusione
Questo canto rappresenta uno dei punti più profondi del viaggio di Dante, dove la speranza, virtù teologica fondamentale, viene esplorata e celebrata. La riflessione di Dante sul suo esilio, sulla sua opera e sulla speranza di redenzione, è un tema centrale che illumina tutta la Divina Commedia.
Solo testo dei primi 63 versi del venticinquesimo canto del Paradiso di Dante
Se mai continga che ’l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
sì che m’ha fatto per molti anni macro,3
vinca la crudeltà che fuor mi serra
del bello ovile ov’ io dormi’ agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;6
con altra voce omai, con altro vello
ritornerò poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prenderò ’l cappello;9
però che ne la fede, che fa conte
l’anime a Dio, quivi intra’ io, e poi
Pietro per lei sì mi girò la fronte.12
Indi si mosse un lume verso noi
di quella spera ond’ uscì la primizia
che lasciò Cristo d’i vicari suoi;15
e la mia donna, piena di letizia,
mi disse: «Mira, mira: ecco il barone
per cui là giù si vicita Galizia».18
Sì come quando il colombo si pone
presso al compagno, l’uno a l’altro pande,
girando e mormorando, l’affezione;21
così vid’ ïo l’un da l’altro grande
principe glorïoso essere accolto,
laudando il cibo che là sù li prande.24
Ma poi che ’l gratular si fu assolto,
tacito coram me ciascun s’affisse,
ignito sì che vincëa ’l mio volto.27
Ridendo allora Bëatrice disse:
«Inclita vita per cui la larghezza
de la nostra basilica si scrisse,30
fa risonar la spene in questa altezza:
tu sai, che tante fiate la figuri,
quante Iesù ai tre fé più carezza».33
«Leva la testa e fa che t’assicuri:
ché ciò che vien qua sù del mortal mondo,
convien ch’ai nostri raggi si maturi».36
Questo conforto del foco secondo
mi venne; ond’ io leväi li occhi a’ monti
che li ’ncurvaron pria col troppo pondo.39
«Poi che per grazia vuol che tu t’affronti
lo nostro Imperadore, anzi la morte,
ne l’aula più secreta co’ suoi conti,42
sì che, veduto il ver di questa corte,
la spene, che là giù bene innamora,
in te e in altrui di ciò conforte,45
dì quel ch’ell’ è, dì come se ne ’nfiora
la mente tua, e dì onde a te venne».
Così seguì ’l secondo lume ancora.48
E quella pïa che guidò le penne
de le mie ali a così alto volo,
a la risposta così mi prevenne:51
«La Chiesa militante alcun figliuolo
non ha con più speranza, com’ è scritto
nel Sol che raggia tutto nostro stuolo:54
però li è conceduto che d’Egitto
vegna in Ierusalemme per vedere,
anzi che ’l militar li sia prescritto.57
Li altri due punti, che non per sapere
son dimandati, ma perch’ ei rapporti
quanto questa virtù t’è in piacere,60
a lui lasc’ io, ché non li saran forti
né di iattanza; ed elli a ciò risponda,
e la grazia di Dio ciò li comporti». 63