Marco Porcio Catone
28 Dicembre 2019Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
28 Dicembre 2019Il sonetto 77 del Canzoniere “Per mirar Policleto a prova fiso” è un meraviglioso esempio dell’arte poetica di Francesco Petrarca, che qui celebra la bellezza di Laura, la donna amata e musa della sua vita e della sua poesia.
Testo del sonetto
Per iniziare, riportiamo il testo del sonetto:
Per mirar Policleto a prova fiso
con gli altri ch’ebber fama di quell’arte
mill’anni, non vedrian la minor parte
de la beltà che m’ave il cor conquiso.
Ma certo il mio Simon fu in paradiso
(onde questa gentil donna si parte),
ivi la vide, et la ritrasse in carte
per far fede qua giú del suo bel viso.
L’opra fu ben di quelle che nel cielo
si ponno imaginar, non qui tra noi,
ove le membra fanno a l’alma velo.
Cortesia fe’; né la potea far poi
che fu disceso a provar caldo et gielo,
et del mortal sentiron gli occhi suoi.
Introduzione al contesto
Questo sonetto fa parte del Canzoniere, la raccolta di poesie più famosa di Petrarca, dedicata in gran parte all’amore platonico e spirituale per Laura, donna idealizzata e simbolo di perfezione estetica e morale. Il sonetto evidenzia la tensione tra il mondo terreno, limitato e imperfetto, e il mondo celeste, dove risiede la vera bellezza. Laura diventa un’immagine della perfezione divina, irraggiungibile nel mondo umano.
Parafrasi
Vediamo ora una parafrasi del testo per chiarirne il significato:
Quartina 1: “Anche se Policleto, fissando attentamente, insieme agli altri maestri della scultura, osservasse per mille anni, non vedrebbe neanche una piccola parte della bellezza che ha conquistato il mio cuore.”
Qui Petrarca inizia evocando Policleto, grande scultore greco, simbolo dell’arte classica e della sua ricerca per la perfezione fisica. Tuttavia, nemmeno lui, con tutta la sua abilità, potrebbe raffigurare la bellezza di Laura.
Quartina 2: “Ma di certo il mio Simone (probabilmente Simone Martini, famoso pittore gotico) fu in paradiso, dove questa donna gentile proviene, e lì la vide, poi la riprodusse sulla tela per testimoniare qua giù la sua bellezza.”
Petrarca si riferisce a Simone Martini, un artista che riesce a catturare su carta (o tela) la bellezza celestiale di Laura. L’artista, secondo Petrarca, deve aver visto Laura in paradiso, poiché la sua bellezza è di origine divina.
Terzina 1: “Il lavoro fu di quelli che si possono immaginare solo in cielo, non qui tra noi, dove il corpo fa da velo all’anima.”
Questa terzina esprime l’idea che la vera bellezza è immateriale e appartiene al regno celeste. Nel mondo terreno, il corpo è solo una maschera che copre l’anima, impedendo di vedere la sua vera essenza.
Terzina 2: “Fece quel capolavoro per cortesia, ma non poteva più farlo una volta che discese sulla terra a provare il caldo e il freddo, e i suoi occhi percepirono le cose mortali.”
L’arte sublime, secondo Petrarca, può essere realizzata solo in paradiso, poiché una volta che l’artista è tornato sulla terra e ha ripreso a vivere come un essere mortale, la sua capacità di rappresentare quella bellezza divina è svanita.
Analisi del sonetto
Il tema principale è la bellezza sovrumana di Laura, che Petrarca associa a un’idea di perfezione celeste. Non solo viene messa a confronto con la perfezione classica di Policleto, ma viene anche attribuita a un’origine divina.
Petrarca esalta l’inadeguatezza dell’arte umana nel rappresentare la bellezza spirituale e perfetta, che può essere apprezzata solo in paradiso. L’opera d’arte, creata da Simone Martini, diventa quindi una sorta di “reliquia” del mondo divino, una testimonianza parziale della vera bellezza che non può essere completamente catturata in questo mondo.
L’evocazione di Policleto nel primo verso è particolarmente significativa: Policleto è il simbolo della perfezione fisica nella scultura antica, ma Petrarca sottolinea che anche il maestro scultore, con tutto il suo talento e gli anni di osservazione, non riuscirebbe a cogliere nemmeno una parte della bellezza di Laura. Questo esprime non solo l’incommensurabilità della bellezza della sua amata, ma anche la limitazione della bellezza terrena rispetto a quella divina.
Inoltre, il tema della transitorietà della bellezza umana è contrapposto alla permanenza della bellezza divina, che è immutabile e inarrivabile.
Conclusione
Petrarca, in questo sonetto, ci regala un’affascinante riflessione sulla bellezza e sull’arte, mettendo in contrasto il mondo umano, limitato e imperfetto, con l’ideale celeste. Laura, come in molte altre poesie del Canzoniere, diventa non solo una musa ispiratrice, ma anche un simbolo di una perfezione inattingibile se non attraverso l’immaginazione e l’arte, e solo in parte.
Una vera dimostrazione dell’eleganza e della profondità del pensiero umanistico petrarchesco!
Analogie e differenze fra Policleto e Petrarca
Policleto e a Francesco Petrarca, due figure centrali nella storia dell’arte e della letteratura, ovviamente appartengono a due epoche ben distinte.
Policleto fu uno scultore greco del V secolo a.C., noto per il suo contributo allo sviluppo della scultura classica. Il suo famoso “Canone” rappresentava una sorta di “prova fisica” della perfezione umana attraverso proporzioni matematiche e armoniche. Policleto cercava l’equilibrio e la simmetria ideali nel corpo umano, usando misure precise per creare figure perfette. La sua opera più famosa, il Doriforo (Portatore di lancia), incarnava questo ideale, con la famosa posa del “contrapposto”, dove il peso del corpo è distribuito in modo naturale su una gamba, mentre l’altra rimane rilassata.
Ora, Francesco Petrarca, umanista, poeta e studioso del XIV secolo, è celebre per aver riscoperto molti testi classici, tra cui quelli greci e latini, che erano stati dimenticati durante il Medioevo. Anche se Petrarca era più interessato alla letteratura che alle arti figurative, il suo amore per il mondo classico e per l’armonia dei valori antichi può essere messo in parallelo con la ricerca della perfezione estetica di Policleto. Petrarca cercava una sorta di perfezione nell’espressione della lingua e delle idee, proprio come Policleto cercava la perfezione nella rappresentazione fisica.
In sintesi, se guardiamo Policleto come una “prova fisica”, nel senso di ricerca della perfezione corporea, Petrarca potrebbe essere visto come una “prova letteraria” o intellettuale della perfezione espressiva attraverso la poesia e la riscoperta dei classici.
Non è affascinante come la ricerca dell’ideale umano, che sia fisico o intellettuale, attraversi i secoli e le culture?
Policleto con il corpo e Petrarca con le parole: entrambi rappresentano tentativi di avvicinarsi alla perfezione, ognuno nel proprio campo.
Forse per questo Petrarca ha citato Policleto nel primo verso di questa sua bellissima poesia.