La prosa del duecento
28 Dicembre 2019L’indefinito negativo nemo nihil
28 Dicembre 2019I versi 43-90 del Canto VI del Purgatorio di Dante Alighieri, descrivono un momento importante del viaggio di Dante e Virgilio e sfociano in una potente invettiva contro l’Italia del tempo di Dante.
ANALISI
Il brano inizia con il dialogo tra Dante e Virgilio e si conclude con un’aspra denuncia di Dante contro l’Italia. Dopo che Virgilio ha avvertito Dante di non farsi bloccare da dubbi troppo grandi senza prima aver ascoltato Beatrice, la guida divina che lo attende sulla sommità del monte, essi continuano il loro viaggio. Durante la salita, incontrano l’anima di Sordello, un poeta e patriota mantovano del XIII secolo, che si rivolge a Virgilio con grande affetto poiché scopre che entrambi sono originari di Mantova. Questo incontro serve da pretesto per una delle invettive più celebri e amare di tutta la Divina Commedia: Dante denuncia il degrado dell’Italia, definendola “serva”, ridotta a un “bordello” (luogo di disordine e dissolutezza), priva di guida politica e morale.
Sordello, che si rallegra solo per il fatto di aver incontrato un concittadino, mette in evidenza l’assurdità della situazione attuale dell’Italia, dove invece i vivi, pur condividendo la stessa terra, si combattono tra di loro senza tregua.
COMMENTO
Questo passaggio è significativo per due ragioni principali:
- L’incontro tra Sordello e Virgilio: L’episodio del riconoscimento tra i due poeti mantovani sottolinea il tema dell’amore per la patria. Sordello si dimostra immediatamente disposto ad aiutare Virgilio solo perché riconosce in lui un concittadino. Questo gesto di solidarietà tra esuli accentua per contrasto la divisione e le lotte intestine che affliggono l’Italia.
- L’invettiva contro l’Italia: La famosa invettiva di Dante contro l’Italia ha radici nella sua esperienza diretta. Nel Trecento, l’Italia era frammentata in una moltitudine di città-stato, ciascuna governata da signori locali o tiranni, e la lotta tra fazioni politiche come guelfi e ghibellini era all’ordine del giorno. Dante, esiliato da Firenze a causa di questi conflitti, lamenta amaramente l’assenza di un’autorità centrale forte, capace di riportare ordine e giustizia. L’Italia, descritta come una “nave sanza nocchiere in gran tempesta”, è alla deriva, priva di una guida, e lontana dall’ideale di una nazione unita e fiorente.
Testo e Parafrasi dei versi 43-90 del canto sesto del Purgatorio di Dante
Veramente a così alto sospetto
non ti fermar, se quella nol ti dice
che lume fia tra ’l vero e lo ’ntelletto.
Non soffermarti su dubbi così grandi, a meno che non te li spieghi colei (Beatrice) che illuminerà la tua mente e la verità.
Non so se ’ntendi: io dico di Beatrice;
tu la vedrai di sopra, in su la vetta
di questo monte, ridere e felice”.
Non so se hai capito: parlo di Beatrice; la vedrai più in alto, sulla vetta di questo monte, sorridente e felice.
E io: “Segnore, andiamo a maggior fretta,
ché già non m’affatico come dianzi,
e vedi omai che ’l poggio l’ombra getta”.
E io risposi: “Signore, andiamo più velocemente, perché ormai non mi stanco come prima, e vedi che il monte comincia a proiettare la sua ombra”.
“Noi anderem con questo giorno innanzi”,
rispuose, “quanto più potremo omai;
ma ’l fatto è d’altra forma che non stanzi.
“E noi andremo avanti per tutto il tempo che il giorno ci concederà”, rispose Virgilio, “ma ci sono eventi che non possiamo accelerare.”
Prima che sie là sù, tornar vedrai
colui che già si cuopre de la costa,
sì che ’ suoi raggi tu romper non fai.
Prima di arrivare in cima, vedrai tornare il sole che già si nasconde dietro il pendio, così che i suoi raggi non ti colpiscono più direttamente.
Ma vedi là un’anima che, posta
sola soletta, inverso noi riguarda:
quella ne ’nsegnerà la via più tosta”.
Ma guarda lì, c’è un’anima solitaria che ci guarda: sarà lei a indicarci la via più veloce.
Venimmo a lei: o anima lombarda,
come ti stavi altera e disdegnosa
e nel mover de li occhi onesta e tarda!
Ci avvicinammo a lei: oh, anima lombarda, come te ne stavi alteramente e con disdegno, e i tuoi occhi si muovevano con dignità e lentezza!
Ella non ci dicëa alcuna cosa,
ma lasciavane gir, solo sguardando
a guisa di leon quando si posa.
Non ci diceva nulla, ma ci lasciava passare, osservandoci solamente, come fa un leone quando è a riposo.
Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
che ne mostrasse la miglior salita;
e quella non rispuose al suo dimando,
Virgilio si avvicinò a lei e la pregò di indicarci la via migliore per salire; ma lei non rispose alla sua richiesta,
ma di nostro paese e de la vita
ci ’nchiese; e ’l dolce duca incominciava
“Mantüa…” e l’ombra, tutta in sé romita,
ma ci chiese da dove venivamo e della nostra vita. Il dolce Virgilio iniziò a rispondere “Mantova…” e l’anima, che fino a quel momento si era mostrata chiusa in se stessa,
surse ver’ lui del loco ove pria stava,
dicendo: “O Mantoano, io son Sordello
de la tua terra!”; e l’un l’altro abbracciava.
si alzò dal luogo dove era seduta, dicendo: “Oh, mantovano, io sono Sordello, della tua stessa terra!” e si abbracciarono reciprocamente.
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
Ah, Italia serva, dimora del dolore, nave senza timoniere in grande tempesta, non più signora di province, ma ridotta a un bordello!
Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;
Quell’anima nobile fu così pronta, solo per il dolce suono della propria terra, a far festa per il concittadino incontrato lì;
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.
e ora, in te, i tuoi abitanti non vivono in pace, si combattono tra loro come se fossero rinchiusi tra mura e fossati.
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode.
Guarda intorno alle tue coste, misera Italia, e poi osserva dentro di te se vi è qualche parte che goda di pace.
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustinïano, se la sella è vòta?
Sanz’esso fora la vergogna meno.
Che ti serve se Giustiniano ha restaurato per te le leggi (il freno), se ora il seggio imperiale (la sella) è vuoto? Sarebbe stata meno vergognosa la tua condizione senza di lui.
COMMENTO
La bellezza di questo passo risiede nella maestria di Dante nel passare dall’incontro tra le anime a una riflessione politica e sociale di ampio respiro. L’incontro tra Sordello e Virgilio rappresenta un ideale di fratellanza, che Dante contrappone all’Italia del suo tempo, frammentata e divisa da guerre e fazioni. Sordello, pur essendo un’anima separata e distaccata, si emoziona al suono della parola “Mantova”, ricordando il suo legame con la terra d’origine. Questo amore per la patria è il punto di partenza dell’invettiva contro l’Italia, che Dante descrive come serva, corrotta, priva di guida politica e morale.
Testo dei versi 43-90 del sesto canto del Purgatorio di Dante
Veramente a così alto sospetto
non ti fermar, se quella nol ti dice
che lume fia tra ’l vero e lo ’ntelletto.45
Non so se ’ntendi: io dico di Beatrice;
tu la vedrai di sopra, in su la vetta
di questo monte, ridere e felice”.48
E io: “Segnore, andiamo a maggior fretta,
ché già non m’affatico come dianzi,
e vedi omai che ’l poggio l’ombra getta”.51
“Noi anderem con questo giorno innanzi”,
rispuose, “quanto più potremo omai;
ma ’l fatto è d’altra forma che non stanzi.54
Prima che sie là sù, tornar vedrai
colui che già si cuopre de la costa,
sì che ’ suoi raggi tu romper non fai.57
Ma vedi là un’anima che, posta
sola soletta, inverso noi riguarda:
quella ne ’nsegnerà la via più tosta”.60
Venimmo a lei: o anima lombarda,
come ti stavi altera e disdegnosa
e nel mover de li occhi onesta e tarda!63
Ella non ci dicëa alcuna cosa,
ma lasciavane gir, solo sguardando
a guisa di leon quando si posa.66
Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
che ne mostrasse la miglior salita;
e quella non rispuose al suo dimando,69
ma di nostro paese e de la vita
ci ’nchiese; e ’l dolce duca incominciava
“Mantüa…” e l’ombra, tutta in sé romita,72
surse ver’ lui del loco ove pria stava,
dicendo: “O Mantoano, io son Sordello
de la tua terra!”; e l’un l’altro abbracciava.75
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!78
Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;81
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.84
Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode.87
Che val perché ti racconciasse il freno
Iustinïano, se la sella è vòta?
Sanz’esso fora la vergogna meno. 90