Contesto del Canto
Nel quinto canto del Purgatorio, Dante si trova nel girone dell’Antipurgatorio, dove espiano le anime di coloro che sono morti violentemente, ma che si pentirono solo all’ultimo momento. Qui, Dante incontra vari spiriti, tra cui Buonconte da Montefeltro e Pia de’ Tolomei, due figure che incarnano temi centrali come la misericordia divina, il pentimento, e la crudeltà umana.
I versi di Buonconte da Montefeltro (vv. 109-129)
La prima parte dei versi che ci interessa è il racconto di Buonconte da Montefeltro, un condottiero ghibellino, figlio del celebre Guido da Montefeltro. Buonconte era morto nella battaglia di Campaldino (1289), a cui Dante stesso aveva partecipato, ma il destino del suo corpo era rimasto incerto. Nel poema, Buonconte rivela finalmente cosa accadde: dopo essere stato ferito a morte, si era pentito all’ultimo momento, tracciando con le mani una croce sul suo petto prima di morire.
Analisi del Racconto di Buonconte
Versi 109-111:
Giunse quel mal voler che pur mal chiede
con lo ’ntelletto, e mosse il fummo e ’l vento
per la virtù che sua natura diede.
Dante rappresenta l’arrivo del diavolo, simbolo del “mal voler”, il desiderio malvagio, che vuole trascinare l’anima di Buonconte all’inferno. Il diavolo mette in moto una tempesta, usando il fumo e il vento come strumenti di distruzione. Questa tempesta è un segno della lotta tra le forze del bene e del male per l’anima di Buonconte.
Versi 112-114:
Indi la valle, come ’l dì fu spento,
da Pratomagno al gran giogo coperse
di nebbia; e ’l ciel di sopra fece intento,
Il paesaggio toscano diventa cupo: la valle si copre di nebbia e il cielo si fa scuro, un’immagine che sottolinea il dramma e la gravità del momento della morte di Buonconte.
Versi 115-120:
sì che ’l pregno aere in acqua si converse;
la pioggia cadde, e a’ fossati venne
di lei ciò che la terra non sofferse;
e come ai rivi grandi si convenne,
ver’ lo fiume real tanto veloce
si ruinò, che nulla la ritenne.
La tempesta si intensifica e l’acqua si riversa nei torrenti, che si ingrossano fino a confluire nel fiume Arno. Questa descrizione vivida simboleggia la potenza della natura che, come volontà divina, si manifesta sopra la volontà degli uomini. Il fiume in piena diventa il veicolo che porta via il corpo di Buonconte, abbandonato sulla riva.
Versi 121-123:
Lo corpo mio gelato in su la foce
trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse
ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce.
Buonconte racconta che il suo corpo, ormai privo di vita, fu trovato dal torrente Archiano, che lo spinse nell’Arno. Qui, l’immagine della croce che aveva tracciato sul petto viene “sciolta” dall’impeto dell’acqua. Il gesto della croce rappresenta il pentimento finale di Buonconte, ma il fiume, con la sua forza, annulla simbolicamente l’ultimo atto di pietà del condottiero. Questo dettaglio rivela la fragilità dell’azione umana di fronte alle forze della natura, ma anche l’importanza di quel gesto: nonostante l’azione fisica sia “lavata via”, il pentimento rimane valido.
Versi 124-129:
ch’i’ fe’ di me quando ’l dolor mi vinse;
voltòmmi per le ripe e per lo fondo,
poi di sua preda mi coperse e cinse”.
Il corpo di Buonconte viene trascinato lungo il fiume, tra le sponde e il fondale, fino a essere sommerso. Questa scena, quasi violenta, sottolinea l’indifferenza della natura di fronte alla sorte del corpo. Nonostante ciò, l’anima di Buonconte è salva, perché la sua redenzione è avvenuta nell’ultimo istante di vita, nonostante il diavolo abbia tentato di impossessarsene.
Commento al Racconto di Buonconte
La storia di Buonconte da Montefeltro si configura come un esempio della misericordia divina: anche chi si pente all’ultimo momento può essere salvato. Tuttavia, Dante introduce una forte tensione tra le forze della redenzione e quelle della dannazione, incarnate nel duello tra l’angelo e il diavolo che rivendicano l’anima del condottiero. La lotta, sebbene silenziosa, è raccontata attraverso la tempesta e l’inondazione, come se la natura stessa fosse coinvolta in questa battaglia soprannaturale. Buonconte riesce a salvarsi grazie al suo pentimento, un monito per tutti coloro che credono che sia mai troppo tardi per riconciliarsi con Dio.
I versi di Pia de’ Tolomei (vv. 130-136)
Versi 130-132:
“Deh, quando tu sarai tornato al mondo
e riposato de la lunga via”,
seguitò ‘l terzo spirito al secondo,
Dopo Buonconte, prende la parola Pia de’ Tolomei, un’anima femminile che si rivolge a Dante in modo cortese e sommesso. Le sue parole sono delicate e quasi imploranti: chiede a Dante di ricordarla una volta tornato nel mondo dei vivi. Qui emerge il tema della memoria come strumento di redenzione postuma. L’anima di Pia, infatti, desidera non essere dimenticata, in un tono che contrasta con il racconto drammatico di Buonconte.
Versi 133-136:
“ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ’nnanellata pria
disposando m’avea con la sua gemma”.
Pia si identifica brevemente, con due versi che contengono tutta la tragedia della sua vita: nacque a Siena e fu distrutta dalla Maremma, una regione paludosa famosa per essere malsana. Probabilmente, Pia fu portata in Maremma dal marito e vi morì in circostanze poco chiare, forse uccisa per ragioni d’interesse o di adulterio. La sua frase finale – “lo sa bene colui che mi aveva sposato” – allude con amara riservatezza al marito, che è responsabile della sua fine. Il tono pacato e la brevità del racconto suggeriscono una sofferenza silenziosa e dignitosa.
Commento al Racconto di Pia de’ Tolomei
Pia de’ Tolomei rappresenta una figura di donna nobile, vittima delle circostanze della sua epoca, forse del tradimento o della cupidigia del marito. A differenza di Buonconte, la sua richiesta è dolce e discreta, e la sua storia non è raccontata con toni drammatici, ma piuttosto come un sussurro di dolore. Pia non chiede vendetta, ma semplicemente di essere ricordata. In questo, il suo racconto si distingue come un esempio di umiltà e rassegnazione. Pia è una figura profondamente umana, e la sua memoria diventa un atto di giustizia postuma che cerca di riparare all’ingiustizia subita.
Considerazioni Finali
I versi finali del quinto canto del Purgatorio presentano due figure che, pur nella diversità delle loro storie, sono unite da una comune esperienza: la morte violenta e il pentimento. Buonconte da Montefeltro e Pia de’ Tolomei incarnano la speranza della salvezza, anche in circostanze drammatiche o ingiuste. Mentre Buonconte si confronta con le forze cosmiche della natura e della grazia divina, Pia appare come una figura intima e malinconica, legata al tema della memoria e della dignità personale. Dante riesce magistralmente a intrecciare storie umane di sofferenza con il più ampio disegno della redenzione divina, mostrando come ogni anima possa trovare la pace, anche quando il mondo sembra averle
Testo e Parafrasi