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28 Dicembre 2019I versi 73-111 del Canto V del Purgatorio di Dante presentano due episodi di anime incontrate da Dante nel girone degli scomunicati.
Queste anime sono quelle di coloro che si sono pentiti solo alla fine della loro vita, non avendo avuto il tempo di ricevere i sacramenti in vita. In questo passaggio, Dante incontra due figure: Iacopo del Cassero e Bonconte da Montefeltro. Entrambe raccontano il loro tragico destino, ma con toni diversi, collegati al tema della morte improvvisa e del pentimento tardivo.
Parafrasi dettagliata e analisi
Versi 73-75: Iacopo del Cassero introduce il suo tragico destino
“Io ero da quelle parti; ma le profonde ferite da cui uscì il sangue sul quale ora mi trovo seduto, mi furono inferte nel territorio dei traditori, gli Antenori.”
Iacopo del Cassero, il primo dei due a parlare, racconta la sua morte, avvenuta per mano dei suoi nemici, nel territorio di Padova, che anticamente era collegata al tradimento (i “Antenori”, in riferimento al traditore troiano Antenore).
Versi 76-78: Il tradimento e la causa della sua morte
“Proprio là dove credevo di essere al sicuro, fui assassinato per ordine di Azzo VIII d’Este, che mi odiava molto più del giusto.”
Iacopo pensava di essere al sicuro, ma fu tradito e ucciso per ordine di Azzo VIII d’Este, signore di Ferrara, che nutriva verso di lui un odio ingiustificato. Il rancore di Azzo portò alla morte di Iacopo, vittima di una vendetta politica.
Versi 79-81: Il rimpianto per non essere fuggito in tempo
“Ma se fossi riuscito a fuggire verso la Mira, quando fui inseguito vicino ad Oriaco, sarei ancora tra i vivi.”
Iacopo si rammarica di non essere riuscito a scappare quando ne aveva l’opportunità, menzionando Mira e Oriaco, due località vicino alla laguna veneta. Se fosse fuggito verso la sicurezza della Mira, sarebbe sopravvissuto.
Versi 82-84: La morte di Iacopo
“Corsi verso la palude, ma le canne e il fango mi intralciarono a tal punto che caddi; e lì vidi il mio sangue formare un lago sulla terra.”
Iacopo descrive la sua morte: cercando di fuggire, rimase intrappolato in un’area paludosa, dove fu ferito mortalmente, e il suo sangue formò una pozza nel luogo in cui cadde.
Versi 85-87: L’intervento di Bonconte da Montefeltro
“Poi un altro disse: ‘Oh, se il desiderio che ti spinge verso l’alto monte si compie, aiutami con la tua pietà!’”
A questo punto, interviene un’altra anima, quella di Bonconte da Montefeltro, che implora l’aiuto di Dante affinché preghi per lui, dato che nessuno, nemmeno sua moglie Giovanna, si cura di lui.
Versi 88-90: La condizione di Bonconte
“Io sono Bonconte da Montefeltro; né Giovanna né altri si ricordano di me, perciò vado tra questi spiriti con la testa china.”
Bonconte lamenta il fatto che nessuno tra i vivi prega per la sua anima, e cammina tra i penitenti con umiltà e dolore per la sua condizione.
Versi 91-93: La domanda di Dante
“E io gli chiesi: ‘Quale forza o evento ti ha travolto così fuori dal campo di battaglia di Campaldino, che nessuno ha mai saputo dove fu sepolto il tuo corpo?’”
Dante si rivolge a Bonconte chiedendo spiegazioni sulla sua morte durante la battaglia di Campaldino, evento storico a cui anche Dante stesso partecipò nel 1289.
Versi 94-96: Bonconte racconta la sua fuga
“‘Oh!’, rispose lui, ‘ai piedi del Casentino scorre un fiume chiamato Archiano, che nasce sopra l’eremo in Appennino.”
Bonconte inizia a raccontare la sua fuga dalla battaglia di Campaldino. Scappando, si trovò nei pressi del fiume Archiano, che scorre attraverso il Casentino, una valle toscana.
Versi 97-99: Bonconte ferito e morente
“Lì, dove il fiume perde il suo nome, arrivai, ferito alla gola, fuggendo a piedi e sanguinando per tutta la pianura.”
Bonconte raggiunse l’Archiano gravemente ferito alla gola, e mentre fuggiva, il sangue usciva copiosamente, segnando il suo tragico destino.
Versi 100-102: Gli ultimi momenti di Bonconte
“Lì persi la vista e la parola; morii invocando il nome di Maria, e lì caddi, lasciando il mio corpo privo di vita.”
Bonconte descrive il suo ultimo momento di vita: morì invocando la Vergine Maria, atto che salvò la sua anima, anche se il suo corpo rimase abbandonato e mai sepolto.
Versi 103-105: La lotta tra l’angelo e il diavolo
“Ti dirò la verità, e tu la riferirai tra i vivi: l’angelo di Dio mi prese, mentre il demonio gridava: ‘O tu del cielo, perché mi privi?’”
Bonconte narra lo scontro tra un angelo e un demone per la sua anima. L’angelo di Dio lo salva per via del suo pentimento, mentre il demonio si lamenta di essere stato privato della sua anima.
Versi 106-108: La “lacrima” che salva l’anima di Bonconte
“‘Tu ti porti via l’anima di costui per una piccola lacrima che mi impedisce di prenderlo; ma io mi occuperò del suo corpo.’”
Il demone riconosce che una singola lacrima di pentimento, versata in punto di morte, è sufficiente a salvare l’anima di Bonconte, ma promette di occuparsi del suo corpo.
Versi 109-111: Il fenomeno atmosferico
“Sai bene come nell’aria si raccoglie il vapore umido, che si trasforma in acqua non appena raggiunge una zona fredda.”
Bonconte conclude con una descrizione del fenomeno atmosferico per spiegare come la natura stessa si accanì sul suo corpo non sepolto. Questa metafora prepara il racconto del destino del suo corpo, che verrà trascinato dalle acque dell’Archiano.
Commento
Questo passaggio del Purgatorio mette in evidenza la riflessione sul pentimento e sul destino dell’anima dopo la morte. Entrambi i personaggi, Iacopo del Cassero e Bonconte da Montefeltro, muoiono in modo violento, ma il loro destino ultraterreno è diverso. Iacopo non menziona alcun pentimento, mentre Bonconte, nonostante una vita peccaminosa, si salva grazie alla sua invocazione di Maria nell’ultimo istante.
L’intervento dell’angelo e del diavolo che si contendono l’anima di Bonconte rappresenta la lotta tra bene e male al momento della morte, e sottolinea il potere del pentimento sincero, anche se espresso in un solo istante, come simbolizzato dalla “lacrimetta” di Bonconte. La potenza redentrice del pentimento emerge con forza, mostrando che anche un piccolo gesto di fede, come una lacrima, può salvare un’anima dalla dannazione eterna.
Inoltre, Dante introduce la visione della natura come forza distruttrice, che si accanisce sul corpo di Bonconte, spazzandolo via con una tempesta generata dai vapori. Questo rafforza il senso di impotenza del corpo di fronte alla morte e alla natura, ma allo stesso tempo mette in risalto la superiorità dell’anima, che, grazie al pentimento, può sfuggire al destino del corpo.
Testo dei versi 73-111 del Canto quinto del Purgatorio di Dante
Quindi fu’ io; ma li profondi fóri
ond’uscì ’l sangue in sul quale io sedea,
fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,75
là dov’io più sicuro esser credea:
quel da Esti il fé far, che m’avea in ira
assai più là che dritto non volea.78
Ma s’io fosse fuggito inver’ la Mira,
quando fu’ sovragiunto ad Orïaco,
ancor sarei di là dove si spira.81
Corsi al palude, e le cannucce e ’l braco
m’impigliar sì ch’i’ caddi; e lì vid’io
de le mie vene farsi in terra laco”.84
Poi disse un altro: “Deh, se quel disio
si compia che ti tragge a l’alto monte,
con buona pïetate aiuta il mio!87
Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;
Giovanna o altri non ha di me cura;
per ch’io vo tra costor con bassa fronte”.90
E io a lui: “Qual forza o qual ventura
ti travïò sì fuor di Campaldino,
che non si seppe mai tua sepultura?”.93
“Oh!”, rispuos’elli, “a piè del Casentino
traversa un’acqua c’ ha nome l’Archiano,
che sovra l’Ermo nasce in Apennino.96
Là ’ve ’l vocabol suo diventa vano,
arriva’ io forato ne la gola,
fuggendo a piede e sanguinando il piano.99
Quivi perdei la vista e la parola;
nel nome di Maria fini’, e quivi
caddi, e rimase la mia carne sola.102
Io dirò vero, e tu ’l ridì tra ’ vivi:
l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno
gridava: “O tu del ciel, perché mi privi?105
Tu te ne porti di costui l’etterno
per una lagrimetta che ’l mi toglie;
ma io farò de l’altro altro governo!”.108
Ben sai come ne l’aere si raccoglie
quell’umido vapor che in acqua riede,
tosto che sale dove ’l freddo il coglie. 111