I versi che ci interessano (97-130) fanno parte del dialogo tra Dante e due anime beate: Piccarda Donati e Costanza d’Altavilla, collocate nella prima sfera del Paradiso, quella della Luna, che accoglie gli spiriti mancanti di fermezza.
Parafrasi
97-99:
“perché fino al morir si vegghi e dorma
con quello sposo ch’ogne voto accetta
che caritate a suo piacer conforma.”
Piccarda sta spiegando a Dante come coloro che abbracciano la vita monastica fanno voto di vivere come spose di Cristo, il loro “sposo”. Il voto è accettato da Dio quando è conforme alla carità divina, ossia alla volontà di Dio stesso.
100-102:
“Dal mondo, per seguirla, giovinetta
fuggi’ mi, e nel suo abito mi chiusi
e promisi la via de la sua setta.”
Piccarda racconta come, da giovane, scelse di fuggire dal mondo per abbracciare la vita monastica, prendendo i voti e vestendo l’abito religioso.
103-105:
“Uomini poi, a mal più ch’a bene usi,
fuor mi rapiron de la dolce chiostra:
Iddio si sa qual poi mia vita fusi.”
Purtroppo, uomini abituati al male più che al bene la costrinsero con la forza a lasciare il convento, e solo Dio sa come è proseguita la sua vita dopo questo rapimento forzato.
106-108:
“E quest’altro splendor che ti si mostra
da la mia destra parte e che s’accende
di tutto il lume de la spera nostra,”
Piccarda indica a Dante un’altra anima beata che si trova accanto a lei, la quale risplende anch’essa completamente della luce della sfera celeste della Luna.
109-111:
“ciò ch’io dico di me, di sé intende;
sorella fu, e così le fu tolta
di capo l’ombra de le sacre bende.”
Anche questa donna, come Piccarda, fu costretta ad abbandonare il suo velo religioso contro la sua volontà.
112-114:
“Ma poi che pur al mondo fu rivolta
contra suo grado e contra buona usanza,
non fu dal vel del cor già mai disciolta.”
Sebbene costretta a tornare al mondo, non si allontanò mai spiritualmente dal suo voto religioso: il suo cuore restò sempre fedele, come se portasse ancora il velo monacale.
115-117:
“Quest’è la luce de la gran Costanza
che del secondo vento di Soave
generò ’l terzo e l’ultima possanza.”
L’anima che Dante vede è quella di Costanza d’Altavilla, madre di Federico II e moglie di Enrico VI (il “secondo vento di Soave”), una figura storica importante che generò l’ultimo imperatore del Sacro Romano Impero (Federico II, il “terzo e l’ultima possanza”).
118-120:
“Così parlommi, e poi cominciò ’Ave,
Maria’ cantando, e cantando vanio
come per acqua cupa cosa grave.”
Piccarda, dopo aver terminato il suo discorso, comincia a cantare l’Ave Maria e, mentre canta, scompare dalla vista di Dante, come un oggetto pesante che si immerge nell’acqua scura.
121-123:
“La vista mia, che tanto lei seguio
quanto possibil fu, poi che la perse,
volsesi al segno di maggior disio,”
Dante segue Piccarda con lo sguardo finché riesce, ma quando non può più vederla, si rivolge a ciò che desidera di più: Beatrice.
124-126:
“e a Beatrice tutta si converse;
ma quella folgorò nel mïo sguardo
sì che da prima il viso non sofferse;”
Dante guarda Beatrice, ma la sua vista è colpita dalla luce folgorante di lei, tanto che non riesce subito a sostenerne lo splendore.
127-130:
“e ciò mi fece a dimandar più tardo.”
Questo abbagliamento provoca in Dante un esitazione: non riesce immediatamente a formulare le sue domande a causa dello stupore.
Analisi e Commento
Questi versi offrono un’intensa riflessione sul valore della fedeltà religiosa e sui drammi personali vissuti da anime come Piccarda e Costanza. Il tema centrale è il contrasto tra la volontà umana e la coercizione esterna. Piccarda e Costanza sono state costrette a rinunciare a un voto religioso che avevano liberamente scelto, ma nonostante ciò, il loro cuore è rimasto fedele a Dio. Questo elemento rappresenta una delle tante riflessioni di Dante sulla libertà di scelta e sull’importanza del libero arbitrio nella dimensione morale e spirituale.
Piccarda è simbolo della virtù della fedeltà e della forza interiore. Anche se fisicamente allontanata dalla “dolce chiostra” (il convento), la sua anima non è mai venuta meno al suo impegno. Costanza, indicata da Piccarda come “la gran Costanza”, condivide la stessa storia di sofferenza e coerenza morale. La loro posizione nel cielo della Luna, associato alla mutevolezza, rappresenta proprio questo: il fatto che, per cause esterne, non riuscirono a mantenere la loro promessa fino in fondo, ma restarono comunque spiritualmente integre.
Infine, il tema del “velo del cuore” è particolarmente toccante: anche quando forzate a rinunciare al velo fisico, Piccarda e Costanza non lo fecero mai spiritualmente. La loro volontà fu in linea con la giustizia divina, e per questo motivo sono state ricompensate con la beatitudine.
L’apparizione delle anime che svaniscono lentamente, accompagnate dal canto, suggerisce l’idea di una realtà ultraterrena fluida, dove le anime non sono statiche ma si muovono e interagiscono con la luce divina, il tutto in un’atmosfera di pace e bellezza eterna.
In sintesi, questi versi sottolineano il potere del libero arbitrio e la capacità dell’anima umana di restare fedele ai propri voti, nonostante le avversità. L’immagine di Beatrice, che con il suo splendore acceca momentaneamente Dante, sottolinea la maestosità della sua guida e il suo ruolo come intermediaria tra Dante e la verità divina.