I cristiani e la cultura classica. Le componenti della cultura medievale
28 Dicembre 2019Primo canto Purgatorio vv 1-33
28 Dicembre 2019Il terzo canto del Paradiso è una delle tappe iniziali del viaggio di Dante attraverso i cieli, e si svolge nel Cielo della Luna, il primo dei nove cieli del Paradiso.
In questo canto, Dante esplora temi complessi come l’influenza degli astri sul destino umano, la giustizia divina e la natura dell’anima beata.
Il Cielo della Luna
Il Cielo della Luna è caratterizzato dalla sua instabilità e mutabilità, simbolo della debolezza della volontà umana e della variabilità delle promesse non mantenute. Le anime che Dante incontra qui sono quelle che, pur avendo vissuto una vita virtuosa, hanno dovuto rompere i voti o subire altre limitazioni non per propria colpa ma a causa di circostanze esterne. Questo cielo rappresenta quindi le anime che non hanno potuto realizzare pienamente i loro desideri spirituali a causa di eventi al di fuori del loro controllo, ma che, nonostante ciò, sono beate e in pace con la volontà divina.
Incontro con Piccarda Donati
Il canto si apre con la visione di figure pallide e luminose che si muovono come riflessi sull’acqua o come immagini sbiadite su uno specchio. Dante, con un sentimento di timore reverenziale, si rivolge a Beatrice, chiedendo di identificare queste anime. La prima anima che si presenta a Dante è Piccarda Donati, una nobildonna fiorentina che, contro la sua volontà, fu costretta a lasciare il convento per sposarsi, violando così il voto di castità.
Piccarda spiega a Dante che le anime che risiedono in questo cielo sono quelle che, per costrizione, non hanno potuto mantenere i loro voti, ma accettano serenamente la loro condizione, perché la loro volontà è completamente sintonizzata con la volontà divina. La loro beatitudine non è diminuita dal fatto di risiedere nel cielo più basso, poiché la loro gioia è perfetta in relazione al loro stato di grazia.
Il Tema del Libero Arbitrio e della Volontà
Il dialogo con Piccarda introduce un tema centrale del canto: la questione del libero arbitrio e della volontà. Dante è incuriosito da come le anime possano essere beate nonostante la loro apparente “diminuzione” nella gerarchia paradisiaca. Piccarda risponde con una spiegazione che tocca uno dei principi fondamentali della teologia dantesca: l’adesione alla volontà divina è la vera fonte di beatitudine. Le anime del Paradiso, indipendentemente dal grado di gloria, sono completamente appagate perché la loro volontà è perfettamente allineata con quella di Dio. In altre parole, la giustizia divina è così perfetta che ogni anima riceve esattamente ciò che è più adatto alla sua condizione e questo la rende pienamente felice.
Il Caso di Costanza d’Altavilla
Piccarda, a conferma delle sue parole, introduce un’altra figura, quella di Costanza d’Altavilla, madre dell’imperatore Federico II, anche lei costretta a lasciare il convento per ragioni politiche. Questo esempio rafforza l’idea che le circostanze esterne possono influire sulla vita di una persona, ma non sulla sua capacità di essere in armonia con la volontà divina. Dante, attraverso la figura di Costanza, continua a esplorare l’interazione tra destino e volontà, interrogandosi sul significato del sacrificio e della rinuncia.
Beatrice e l’Ordine Divino
Alla fine del canto, Beatrice fornisce ulteriori chiarimenti a Dante, spiegando che l’intero Paradiso è organizzato secondo un ordine divino in cui ogni anima trova la propria giusta collocazione. Il libero arbitrio gioca un ruolo essenziale nella salvezza, ma è sempre subordinato alla grazia divina, che conduce le anime alla loro perfetta realizzazione. Beatrice sottolinea come la giustizia divina sia assolutamente inappellabile e come ogni anima accetti il proprio stato con gioia e serenità, poiché ogni desiderio è appagato nella contemplazione di Dio.
Significato e Simbolismo
Il terzo canto del Paradiso affronta dunque temi complessi come la relazione tra libero arbitrio e destino, la giustizia divina, e la perfetta beatitudine delle anime, anche in circostanze apparentemente “meno favorevoli”. Dante, attraverso il dialogo con Piccarda e Beatrice, propone una visione teologica in cui la felicità eterna non dipende dalle condizioni esterne o dal rango celeste, ma dall’adesione completa alla volontà divina. Questo canto offre una riflessione profonda sulla natura della felicità e della giustizia nel contesto della visione dantesca dell’aldilà, dove ogni anima, nonostante il diverso grado di gloria, vive nella pienezza della beatitudine.
In sintesi, il terzo canto del Paradiso non solo introduce Dante e il lettore alle prime anime beate del suo viaggio celeste, ma pone anche le basi per una comprensione più profonda del concetto di felicità eterna, in cui la volontà umana, quando perfettamente allineata con quella divina, trova la sua realizzazione completa.