Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon
28 Dicembre 2019Seconda parte del Carme dei Sepolcri vv. 91-172
28 Dicembre 2019Diverse sono le Fonti dei Sepolcri, da cui emerge la personalità poliedrica di un artista che opera fra classicismo, illuminismo e romanticismo.
I Sepolcri sono un poemetto di Ugo Foscolo, composto nel 1806 e pubblicato nel 1807. Questo componimento rappresenta una delle opere più importanti della letteratura italiana, non solo per la sua bellezza poetica, ma anche per l’intensità dei temi trattati, come il rapporto tra la morte, la memoria e il valore delle tombe.
Fonti dei Sepolcri
Foscolo si ispira a diverse fonti culturali e letterarie per scrivere “I Sepolcri”:
- L’influenza classica: Foscolo si rifà alla tradizione classica, in particolare a Omero, Virgilio e Orazio. L’idea del culto dei morti, del valore della memoria e delle tombe è centrale nella cultura greco-romana.
- Il pensiero illuminista: Il poema riflette anche l’influenza del pensiero illuminista, soprattutto per quanto riguarda la visione razionale della morte e la critica delle superstizioni religiose.
- Le considerazioni sulla morte di Melchiorre Cesarotti: Questo filosofo, traduttore dell’“Iliade” in prosa, aveva scritto “Saggio sopra gli antichi sepolcri”, un’opera che analizza il culto dei morti nel mondo antico e che sicuramente influenzò Foscolo.
- L’influenza del Romanticismo: Pur essendo Foscolo più vicino al Neoclassicismo, alcuni elementi romantici, come il culto delle memorie eroiche e l’importanza della sepoltura per l’immortalità della memoria, emergono nel poema.
Elementi caratterizzanti
- Il tema della sepoltura e del culto dei morti: Foscolo esplora il significato delle tombe come simbolo di memoria, affetto e legame tra i vivi e i morti.
- Il valore civile della memoria: Le tombe, secondo Foscolo, non sono solo un conforto personale, ma hanno un valore civile e sociale, poiché mantengono viva la memoria dei grandi uomini che hanno fatto la storia.
- Il pessimismo foscoliano: In “I Sepolcri”, emerge il pessimismo di Foscolo riguardo alla caducità della vita e all’ineluttabilità della morte. Tuttavia, la poesia rappresenta anche una forma di resistenza alla dissoluzione, poiché la memoria dei grandi può sopravvivere grazie all’arte e alla poesia.
- La bellezza del linguaggio: Foscolo usa un linguaggio elevato e classicheggiante, ricco di immagini poetiche e di riferimenti mitologici, che conferisce al testo una grande intensità emotiva.
Parafrasi dei primi 90 versi
Ecco una parafrasi dei primi 90 versi:
All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
Confortate di pianto è forse il sonno
Della morte men duro? Ove più il Sole
Per me alla terra non fecondi questa
Bella d’erbe famiglia e d’animali, 5
E quando vaghe di lusinghe innanzi
A me non danzeran l’ore future,
Nè da te, dolce amico, udrò più il verso
E la mesta armonia che lo governa,
Nè più nel cor mi parlerà lo spirto 10
Delle vergini Muse e dell’Amore,
Unico spirto a mia vita raminga,
Vv. 1-12: “Se la sacra legge del sepolcro (che la pietà dei morti custodisce) viene abolita, l’anima vaga errante sulla riva desolata dell’Acheronte. Ma anche se, come tu dici, i sepolcri non danno nessun conforto ai morti, li toglieresti anche ai vivi? Anche se l’ultima voce della fama non arriva alle orecchie di chi giace nei sepolcri, a me basta sapere che i vivi ne traggono conforto.”
Qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso
Che distingua le mie dalle infinite
Ossa che in terra e in mar semina morte? 15
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
Ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve
Tutte cose l’obblio nella sua notte;
E una forza operosa le affatica
Di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe 20
E l’estreme sembianze e le reliquie
Della terra e del ciel traveste il tempo.
Ma perchè pria del tempo a sè il mortale
Invidierà l’illusion che spento
Vv. 13-24: “Il sonno della morte è eterno, e quando l’anima abbandona il corpo, è destinata a non tornare più, come insegnano le antiche religioni. Ma l’animo immortale dell’uomo, non può rassegnarsi a sparire nel nulla: vuole una traccia tangibile che lo faccia sopravvivere nel ricordo degli altri. È per questo che desideriamo lasciare un segno del nostro passaggio su questa terra, come un monumento o un sepolcro.”
Pur lo sofferma al limitar di Dite? 25
Non vive ei forse anche sotterra, quando
Gli sarà muta l’armonia del giorno,
Se può destarla con soavi cure
Nella mente de’ suoi? Celeste è questa
Corrispondenza d’amorosi sensi, 30
Celeste dote è negli umani; e spesso
Per lei si vive con l’amico estinto
E l’estinto con noi, se pia la terra
Che lo raccolse infante e lo nutriva,
Nel suo grembo materno ultimo asilo 35
Porgendo, sacre le reliquie renda
Vv. 25-36: “Le tombe, però, non sono solo un segno di affetto per i morti, ma un insegnamento morale per i vivi. Esse ci ricordano le virtù degli uomini illustri e ci spingono a imitarli. È nei cimiteri che il pensiero della morte si fa più forte, ed è lì che i cuori più nobili trovano ispirazione per azioni generose.”
Dall’insultar de’ nembi e dal profano
Piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
E di fiori adorata arbore amica
Le ceneri di molli ombre consoli. 40
Sol chi non lascia eredità d’affetti
Poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
Dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
Fra ’l compianto de’ templi Acherontei,
O ricovrarsi sotto le grandi ale 45
Del perdono d’Iddio: ma la sua polve
Lascia alle ortiche di deserta gleba
Ove nè donna innamorata preghi,
Vv. 37-48: “I cimiteri sono sacri per tutti i popoli, anche per quelli più selvaggi e primitivi. Essi sono il luogo dove il dolore si trasforma in memoria, dove l’amore per i morti diventa desiderio di fare il bene. Lì, tra le tombe, l’uomo sente più forte il legame con i suoi simili e la necessità di vivere una vita onesta e virtuosa.”
Nè passeggier solingo oda il sospiro
Che dal tumulo a noi manda Natura. 50
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
Fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
Contende. E senza tomba giace il tuo
Sacerdote, o Talia, che a te cantando
Nel suo povero tetto educò un lauro 55
Con lungo amore, e t’appendea corone;
E tu gli ornavi del tuo riso i canti
Che il lombardo pungean Sardanapalo,
Cui solo è dolce il muggito de’ buoi
Che dagli antri abduani e dal Ticino 60
Lo fan d’ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
Spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
Fra queste piante ov’io siedo e sospiro
Il mio tetto materno. E tu venivi 65
E sorridevi a lui sotto quel tiglio
Ch’or con dimesse frondi va fremendo
Perchè non copre, o Dea, l’urna del vecchio,
Cui già di calma era cortese e d’ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi 70
Vagolando, ove dorma il sacro capo
Del tuo Parini?
Vv. 61-72: “Le tombe sono importanti anche per i popoli antichi, che avevano grande cura dei sepolcri dei loro eroi. Questo rispetto per i morti era segno di civiltà e di amore per la patria. I Greci, per esempio, costruivano tombe monumentali per i loro eroi, come quella di Achille, e queste tombe erano meta di pellegrinaggi e di celebrazioni.”
Vv. 73-90: “Le tombe dei grandi uomini sono come fari che illuminano il cammino delle generazioni future. Essi sono il simbolo della virtù e del coraggio, e il loro ricordo spinge gli uomini a compiere grandi azioni. Anche quando tutto sembra perduto, la memoria degli eroi ci dà la forza di resistere e di lottare per ciò che è giusto.”
A lui non ombre pose
Tra le sue mura la città, lasciva
D’evirati cantori allettatrice,
Non pietra, non parola; e forse l’ossa 75
Col mozzo capo gl’insanguina il ladro
Che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
La derelitta cagna ramingando
Su le fosse e famelica ululando; 80
E uscir del teschio, ove fuggìa la Luna,
L’ùpupa, e svolazzar su per le croci
Sparse per la funerea campagna,
E l’immonda accusar col luttuoso
Singulto i rai di che son pie le stelle 85
Alle obblîate sepolture. Indarno
Sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
Dalla squallida notte. Ahi! sugli estinti
Non sorge fiore ove non sia d’umane
Lodi onorato e d’amoroso pianto: 90
In questi primi versi, Foscolo introduce i temi fondamentali del poema, esprimendo il suo pensiero sulla morte, sulla memoria e sull’importanza delle tombe come simboli di civiltà e di valore morale.
Testo dei primi 90 versi
All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
Confortate di pianto è forse il sonno
Della morte men duro? Ove più il Sole
Per me alla terra non fecondi questa
Bella d’erbe famiglia e d’animali, 5
E quando vaghe di lusinghe innanzi
A me non danzeran l’ore future,
Nè da te, dolce amico, udrò più il verso
E la mesta armonia che lo governa,
Nè più nel cor mi parlerà lo spirto 10
Delle vergini Muse e dell’Amore,
Unico spirto a mia vita raminga,
Qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso
Che distingua le mie dalle infinite
Ossa che in terra e in mar semina morte? 15
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
Ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve
Tutte cose l’obblio nella sua notte;
E una forza operosa le affatica
Di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe 20
E l’estreme sembianze e le reliquie
Della terra e del ciel traveste il tempo.
Ma perchè pria del tempo a sè il mortale
Invidierà l’illusion che spento
Pur lo sofferma al limitar di Dite? 25
Non vive ei forse anche sotterra, quando
Gli sarà muta l’armonia del giorno,
Se può destarla con soavi cure
Nella mente de’ suoi? Celeste è questa
Corrispondenza d’amorosi sensi, 30
Celeste dote è negli umani; e spesso
Per lei si vive con l’amico estinto
E l’estinto con noi, se pia la terra
Che lo raccolse infante e lo nutriva,
Nel suo grembo materno ultimo asilo 35
Porgendo, sacre le reliquie renda
Dall’insultar de’ nembi e dal profano
Piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
E di fiori adorata arbore amica
Le ceneri di molli ombre consoli. 40
Sol chi non lascia eredità d’affetti
Poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
Dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
Fra ’l compianto de’ templi Acherontei,
O ricovrarsi sotto le grandi ale 45
Del perdono d’Iddio: ma la sua polve
Lascia alle ortiche di deserta gleba
Ove nè donna innamorata preghi,
Nè passeggier solingo oda il sospiro
Che dal tumulo a noi manda Natura. 50
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
Fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
Contende. E senza tomba giace il tuo
Sacerdote, o Talia, che a te cantando
Nel suo povero tetto educò un lauro 55
Con lungo amore, e t’appendea corone;
E tu gli ornavi del tuo riso i canti
Che il lombardo pungean Sardanapalo,
Cui solo è dolce il muggito de’ buoi
Che dagli antri abduani e dal Ticino 60
Lo fan d’ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
Spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
Fra queste piante ov’io siedo e sospiro
Il mio tetto materno. E tu venivi 65
E sorridevi a lui sotto quel tiglio
Ch’or con dimesse frondi va fremendo
Perchè non copre, o Dea, l’urna del vecchio,
Cui già di calma era cortese e d’ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi 70
Vagolando, ove dorma il sacro capo
Del tuo Parini? A lui non ombre pose
Tra le sue mura la città, lasciva
D’evirati cantori allettatrice,
Non pietra, non parola; e forse l’ossa 75
Col mozzo capo gl’insanguina il ladro
Che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
La derelitta cagna ramingando
Su le fosse e famelica ululando; 80
E uscir del teschio, ove fuggìa la Luna,
L’ùpupa, e svolazzar su per le croci
Sparse per la funerea campagna,
E l’immonda accusar col luttuoso
Singulto i rai di che son pie le stelle 85
Alle obblîate sepolture. Indarno
Sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
Dalla squallida notte. Ahi! sugli estinti
Non sorge fiore ove non sia d’umane
Lodi onorato e d’amoroso pianto: 90