Dalle invasioni barbariche ai regni romano-germanici
28 Dicembre 2019Glauco e Diomede terza parte
28 Dicembre 2019
L’ultimo colloquio tra Enea e Didone, tratto dal libro IV dell’Eneide di Virgilio, è uno dei momenti più drammatici e intensi dell’intera epopea.
In questo passaggio, Didone, regina di Cartagine, affronta Enea dopo aver scoperto che l’eroe troiano intende lasciare la città e abbandonarla per seguire il suo destino di fondare Roma. Ecco il testo in questione con un’analisi dettagliata:
Testo (Eneide IV, 296-315)
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ParafrasiDidone: “Pensavi davvero di poter nascondere, traditore, un’azione così nefasta, e di poter partire in silenzio dalla mia terra? Non ti trattengono né il nostro amore, né la mano che un tempo ti fu data, né il fatto che Didone sia destinata a morire di una crudele morte? Stai addirittura preparando la flotta sotto il cielo invernale e ti affretti a partire per il mare in tempesta in pieno inverno, crudele? Ma dimmi, se non stessi cercando terre straniere e case sconosciute, e Troia esistesse ancora, tenteresti di raggiungerla attraverso il mare in tempesta? Mi stai fuggendo? Per queste lacrime e per la tua mano (poiché nient’altro mi resta ormai, infelice, a cui aggrapparmi), per il nostro matrimonio, per le nozze iniziate, se ho mai meritato qualcosa da te, o se c’è stato qualcosa di dolce in me per te, abbi pietà di questa casa che sta crollando e, ti prego, se c’è ancora spazio per le preghiere, cambia idea.” |
Analisi
In questo discorso, Didone esprime il suo dolore e la sua disperazione di fronte all’imminente abbandono da parte di Enea. Il linguaggio è carico di passione e di rimproveri, e Didone utilizza ogni argomento possibile per cercare di far cambiare idea a Enea, facendo leva sui vincoli d’amore, sul giuramento di fedeltà (la “dextra data” si riferisce alla promessa di matrimonio) e sul suo stato di donna disperata che si sente tradita e abbandonata.
- Dissimulare etiam sperasti, perfide, tantum / posse nefas tacitusque mea decedere terra?
Didone accusa Enea di essere un traditore (“perfide”) e si mostra incredula di fronte al fatto che egli abbia potuto pensare di andarsene in silenzio, senza dirle nulla. La parola “nefas” (azione nefanda) enfatizza la gravità dell’azione che Enea sta compiendo. - Nec te noster amor nec te data dextera quondam / nec moritura tenet crudeli funere Dido?
Qui Didone ricorda ad Enea il loro amore e il giuramento che lui le aveva fatto, chiedendosi come mai queste cose non lo trattengano. Evoca la propria morte imminente (“moritura…Dido”), suggerendo che il suo abbandono la condurrà a un crudele destino. - Quin etiam hiberno moliris sidere classem, / et mediis properas Aquilonibus ire per altum, / crudelis?
Didone sottolinea l’irrazionalità e la crudeltà di Enea, che sta preparando la flotta per partire durante l’inverno, affrontando i pericoli del mare tempestoso. - Mene fugis? Per ego has lacrimas dextramque tuam te
Didone si rivolge a Enea con disperazione, chiedendogli se la stia davvero fuggendo. La menzione delle sue lacrime e della “dextra” (la mano) che Enea le aveva dato sottolinea la profondità del legame che lei sente con lui. - Per conubia nostra, per inceptos hymenaeos,
Didone fa appello al matrimonio che hanno iniziato (“inceptos hymenaeos”) e al loro legame coniugale, sperando di suscitare pietà e ricordare ad Enea le promesse fatte. - si bene quid de te merui, fuit aut tibi quicquam / dulce meum, miserere domus labentis et istam, / oro, si quis adhuc precibus locus, exue mentem.
In questo passaggio finale, Didone implora Enea di avere pietà di lei e della sua casa, che sta crollando a causa del suo abbandono. Chiede a Enea di cambiare idea (“exue mentem”) se c’è ancora spazio per la compassione.
Commento
Questo discorso mette in luce la tragedia personale di Didone, che si sente tradita non solo come regina, ma anche come donna e amante. Virgilio ci mostra la profonda sofferenza di Didone, che cerca disperatamente di aggrapparsi a Enea utilizzando la forza delle sue parole e dei suoi sentimenti. Tuttavia, la risposta di Enea sarà altrettanto dolorosa, poiché egli giustificherà la sua partenza come un dovere imposto dagli dèi, sottolineando il conflitto tra il destino personale e il dovere divino.
Questo episodio è emblematico del tema virgiliano della pietas, che si manifesta nel conflitto tra i doveri individuali e quelli collettivi o divini. Enea, pur amando Didone, è costretto a seguire il suo destino di fondatore di Roma, un destino che gli richiede di sacrificare i suoi desideri personali. La sofferenza di Didone, in questo contesto, diventa simbolo del prezzo che Enea deve pagare per adempiere al suo compito.
L’intensità emotiva e la forza drammatica di questa scena rendono l’ultimo colloquio tra Enea e Didone uno dei momenti più memorabili e tragici dell’Eneide.