Questo componimento riflette uno dei temi centrali dell’opera di Montale: la percezione del male di vivere, un sentimento di angoscia esistenziale che attraversa la sua poesia.
Ecco il testo della poesia:
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
In questi versi, Montale esprime la sua visione pessimistica della vita, dove il “male di vivere” è una presenza costante e inevitabile. Questo male si manifesta attraverso immagini concrete e simboliche:
Questi elementi della natura, che esprimono sofferenza e decadenza, sono contrapposti al “bene”, che Montale identifica con la “divina Indifferenza”. Questa indifferenza è simbolizzata da immagini di immobilità e distacco:
La poesia riflette la condizione esistenziale dell’uomo, che è costretto a confrontarsi con il dolore e l’angoscia, mentre il bene sembra risiedere solo in uno stato di indifferenza divina, lontano dalle preoccupazioni umane.
La poesia è scritta in endecasillabi e si compone di due quartine. Lo stile è essenziale, privo di retorica, con un linguaggio semplice e diretto, che rafforza il tono di desolazione e pessimismo. Montale utilizza immagini visive forti e concrete, che lasciano un’impressione duratura nel lettore.
“Spesso il male di vivere” è uno dei componimenti più rappresentativi della poetica di Montale. Esprime in modo efficace il suo pessimismo e la sua visione disincantata della realtà, dove il male è una presenza costante e il bene è un’illusione distante e inaccessibile. La poesia ha avuto un forte impatto sulla letteratura italiana del Novecento e continua a essere un punto di riferimento per chi esplora i temi dell’esistenza e del dolore.