Da Costantino a Giuliano l’Apostata
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28 Dicembre 2019Ecco la sintesi del capitolo 15 dei Promessi Sposi
Capitolo XV
Nel capitolo 15 de I Promessi Sposi, Renzo, ormai ubriaco e fuori controllo, viene accompagnato dall’oste, che chiede agli altri avventori di lasciarlo in pace, fino alla sua camera. Qui, Renzo crolla esausto sul letto. L’oste lo aiuta a spogliarsi e a mettersi a letto, approfittando del momento per farsi pagare il conto. Una volta addormentato il giovane, l’oste lo osserva alla luce di una lampada, criticando in cuor suo l’ingenuità e la sprovvedutezza di Renzo, pensando: “Sei proprio un ingenuo! Domani capirai le conseguenze delle tue azioni”. Poi scende in cucina, dà istruzioni alla moglie di occuparsi degli ospiti e si dirige in fretta al palazzo di giustizia.
Lungo la strada, l’oste riflette su quanto accaduto e maledice Renzo per aver rischiato di metterlo nei guai. Sebbene anche lui disapprovi le gride (le leggi proclamate contro i tumulti), non è così imprudente da dichiararlo apertamente. Sa bene che per non incorrere in problemi, bisogna trattare le gride con il massimo rispetto, a differenza di Renzo che, dopo aver visto una rivolta, ha ingenuamente pensato che il mondo stesse per cambiare.
Quando arriva al palazzo di giustizia, trova la situazione molto agitata: i poliziotti stanno organizzando le misure di sicurezza per il giorno seguente, tentando di prevenire ulteriori disordini. È stata ordinata una sorveglianza stretta alla casa del vicario di provvisione, i fornai sono obbligati a vendere il pane a prezzi più bassi e si cerca di arrestare alcuni rivoltosi per dare un esempio alla folla. L’oste racconta la sua versione dei fatti a un notaio criminale, che però ha già avuto informazioni su Lorenzo Tramaglino dal poliziotto che si era finto suo amico. Anzi, il notaio accusa l’oste di non dirgli tutta la verità, insinuando che Renzo abbia rubato del pane o deriso le gride e lo stemma del governatore. L’oste si difende dicendo di non poter prestare attenzione a tutte le sciocchezze dette dalla folla, poiché deve occuparsi dei suoi affari essendo un uomo povero. Quando il notaio scopre che Renzo sta dormendo nella locanda, ordina all’oste di non farlo scappare e lo congeda.
La mattina seguente, Renzo viene svegliato bruscamente dagli sbirri e dal notaio, che gli ordinano di alzarsi e vestirsi perché deve essere portato dal capitano di giustizia. Il notaio è impaziente di portare via Renzo prima che i tumulti in città ricomincino, ma Renzo si muove con estrema lentezza, chiede di parlare con Ferrer e vuole sapere quale percorso seguiranno per raggiungere il palazzo di giustizia. Nel vestirsi, Renzo nota che sono spariti sia i suoi soldi sia la lettera di padre Cristoforo, e insiste per riaverli. Per evitare ulteriori problemi e ritardi, il notaio ordina agli sbirri di restituire a Renzo ciò che gli è stato sottratto. Dopo averlo fatto vestire e portato in cucina, i poliziotti gli mettono i “manichini”, una sorta di manette fatte di corde che avvolgono i polsi e sono tenute strette da stanghette di legno. Renzo protesta, ma il notaio lo rassicura dicendo che si tratta solo di una formalità e gli consiglia di camminare con dignità per non farsi notare e non compromettere il suo onore. “Cammina in modo che nessuno noti nulla”, raccomanda anche ai poliziotti, “come se foste tre galantuomini che passeggiano insieme”.
Renzo, però, non è così ingenuo da credere alle parole del notaio e capisce che sta cercando di distrarlo per impedirgli di cogliere l’opportunità di fuggire una volta in strada.
Una volta usciti dalla locanda, Renzo cerca di attirare l’attenzione dei passanti e riesce a formare una piccola folla che li circonda con atteggiamento minaccioso. Il notaio cerca di giustificare l’arresto dicendo che Renzo è un ladro, ma il giovane non perde l’occasione e spiega alla folla che viene portato in prigione “perché ieri ho gridato: pane e giustizia. Non ho fatto nulla; sono un galantuomo: aiutatemi, non abbandonatemi, amici!”
La gente si schiera dalla parte di Renzo, e la folla inizia a supportarlo sempre più. I birri, che all’inizio cercavano di mantenere il controllo, iniziano a chiedere, e poi pregare, che la folla si disperda, ma la pressione della gente continua ad aumentare.