Testo dei versi 46-129 del terzo canto del Purgatorio
Noi divenimmo intanto a piè del monte;
quivi trovammo la roccia sì erta,
che ’ndarno vi sarien le gambe pronte. 48
Tra Lerice e Turbìa la più diserta,
la più rotta ruina è una scala,
verso di quella, agevole e aperta. 51
“Or chi sa da qual man la costa cala”,
disse ’l maestro mio fermando ’l passo,
“sì che possa salir chi va sanz’ala?”. 54
E mentre ch’e’ tenendo ’l viso basso
essaminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso, 57
da man sinistra m’apparì una gente
d’anime, che movieno i piè ver’ noi,
e non pareva, sì venïan lente. 60
“Leva”, diss’io, “maestro, li occhi tuoi:
ecco di qua chi ne darà consiglio,
se tu da te medesmo aver nol puoi”. 63
Guardò allora, e con libero piglio
rispuose: “Andiamo in là, ch’ei vegnon piano;
e tu ferma la spene, dolce figlio”. 66
Ancora era quel popol di lontano,
i’ dico dopo i nostri mille passi,
quanto un buon gittator trarria con mano, 69
quando si strinser tutti ai duri massi
de l’alta ripa, e stetter fermi e stretti
com’a guardar, chi va dubbiando, stassi. 72
“O ben finiti, o già spiriti eletti”,
Virgilio incominciò, “per quella pace
ch’i’ credo che per voi tutti s’aspetti, 75
ditene dove la montagna giace,
sì che possibil sia l’andare in suso;
ché perder tempo a chi più sa più spiace“. 78
Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l’altre stanno
timidette atterrando l’occhio e ‘l muso; 81
e ciò che fa la prima, e l’altre fanno,
addossandosi a lei, s’ella s’arresta,
semplici e quete, e lo ’mperché non sanno; 84
sì vid’io muovere a venir la testa
di quella mandra fortunata allotta,
pudica in faccia e ne l’andare onesta. 87
Come color dinanzi vider rotta
la luce in terra dal mio destro canto,
sì che l’ombra era da me a la grotta, 90
restaro, e trasser sé in dietro alquanto,
e tutti li altri che venieno appresso,
non sappiendo ’l perché, fenno altrettanto. 93
“Sanza vostra domanda io vi confesso
che questo è corpo uman che voi vedete;
per che ’l lume del sole in terra è fesso. 96
Non vi maravigliate, ma credete
che non sanza virtù che da ciel vegna
cerchi di soverchiar questa parete”. 99
Così ’l maestro; e quella gente degna
“Tornate”, disse, “intrate innanzi dunque”,
coi dossi de le man faccendo insegna. 102
E un di loro incominciò: “Chiunque
tu se’, così andando, volgi ’l viso:
pon mente se di là mi vedesti unque”. 105
Io mi volsi ver’ lui e guardail fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso. 108
Quand’io mi fui umilmente disdetto
d’averlo visto mai, el disse: “Or vedi”;
e mostrommi una piaga a sommo ’l petto. 111
Poi sorridendo disse: “Io son Manfredi,
nepote di Costanza imperadrice;
ond’io ti priego che, quando tu riedi, 114
vadi a mia bella figlia, genitrice
de l’onor di Cicilia e d’Aragona,
e dichi ’l vero a lei, s’altro si dice. 117
Poscia ch’io ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volontier perdona. 120
Orribil furon li peccati miei;
ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
che prende ciò che si rivolge a lei. 123
Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia, 126
l’ossa del corpo mio sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora. 129
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Parafrasi dei versi 46-129 del terzo canto del Purgatorio
Versi 46-48
Intanto arrivammo ai piedi del monte; lì trovammo la roccia così ripida che anche delle gambe ben allenate vi sarebbero salite inutilmente.
Versi 49-51
Tra Lerice e Turbìa, la rovina più disabitata e frantumata è una scala agevole e aperta, rispetto a questa.
Versi 52-54
“Chi sa da quale lato scende la costa”, disse il mio maestro fermandosi, “così che chi va senza ali possa salire?”.
Versi 55-57
E mentre, tenendo lo sguardo basso, rifletteva sulla strada, io guardavo in alto intorno alla roccia.
Versi 58-60
Dal lato sinistro mi apparve un gruppo di anime che si muovevano verso di noi, e non sembravano farlo, tanto venivano lentamente.
Versi 61-63
“Alza”, dissi, “maestro, gli occhi tuoi: ecco, da questa parte, chi ci darà consiglio, se tu non puoi averlo da te stesso”.
Versi 64-66
Allora guardò, e con un atteggiamento rassicurato rispose: “Andiamo là, perché vengono lentamente; e tu rafforza la speranza, dolce figlio”.
Versi 67-69
Quel gruppo era ancora lontano, dico, a mille passi da noi, quanto un buon lanciatore potrebbe lanciare con la mano.
Versi 70-72
Quando si strinsero tutti contro i duri massi della ripida riva, e stettero fermi e stretti, come chi, incerto, si ferma a osservare.
Versi 73-75
“O spiriti ben conclusi, o già eletti”, iniziò Virgilio, “per quella pace che credo che per voi tutti sia attesa,
Versi 76-78
diteci dove si trova la salita della montagna, in modo che possiamo andare in su; perché a chi sa di più dispiace perdere tempo”.
Versi 79-81
Come le pecorelle escono dal recinto, una, due, tre, e le altre stanno, timorose, abbassando lo sguardo e il muso;
Versi 82-84
e ciò che fa la prima, fanno anche le altre, accodandosi a lei, se essa si ferma, semplici e tranquille, e senza sapere il perché;
Versi 85-87
così vidi muoversi a venire il capo di quel gruppo fortunato allora, pudico in volto e dignitoso nel camminare.
Versi 88-90
Come quelli davanti videro la luce rotta in terra dal mio lato destro, così che l’ombra era da me alla grotta,
Versi 91-93
si fermarono e si tirarono indietro un po’, e tutti gli altri che venivano dietro, non sapendo il perché, fecero altrettanto.
Versi 94-96
“Senza che voi domandiate, io vi confesso che questo è corpo umano che vedete; per questo la luce del sole è divisa in terra.
Versi 97-99
Non vi meravigliate, ma credete che non senza virtù che venga dal cielo cerchi di superare questa parete”.
Versi 100-102
Così parlò il maestro; e quella gente degna disse: “Tornate”, e quindi “entrate davanti a noi”, facendo segno con le mani.
Versi 103-105
E uno di loro iniziò: “Chiunque tu sia, così camminando, volgi il viso: presta attenzione se mai mi vedesti dall’altra parte”.
Versi 106-108
Mi volsi verso di lui e lo guardai attentamente: era biondo e bello e di aspetto nobile, ma uno dei suoi sopraccigli era diviso da una ferita.
Versi 109-111
Quando umilmente negai di averlo mai visto, disse: “Ora vedi”; e mi mostrò una ferita sulla parte superiore del petto.
Versi 112-114
Poi sorridendo disse: “Io sono Manfredi, nipote dell’imperatrice Costanza; perciò ti prego che, quando torni,
Versi 115-117
vada da mia bella figlia, madre dell’onore di Sicilia e d’Aragona, e le dica la verità, se si dice altro.
Versi 118-120
Dopo che ebbi il corpo trafitto da due ferite mortali, mi rivolsi, piangendo, a colui che perdona volentieri.
Versi 121-123
Orribili furono i miei peccati; ma la bontà infinita ha braccia così grandi che accoglie chiunque si rivolge a lei.
Versi 124-126
Se il vescovo di Cosenza, che fu inviato a perseguitarmi da papa Clemente allora, avesse letto bene questa verità in Dio,
Versi 127-129
le ossa del mio corpo sarebbero ancora presso il ponte vicino a Benevento, sotto la protezione della pesante lapide. |