Storia della Mafia e origine della parola
28 Dicembre 2019Diario clandestino di Giovannino Guareschi seconda parte
28 Dicembre 2019“Bosco sull’autostrada” è una delle storie apparentemente realistiche, ma paradossali, ambientate all’epoca della repentina urbanizzazione negli anni del boom economico, contenute nella raccolta “Marcovaldo, ovvero Le stagioni in città” di Italo Calvino.
In questa breve narrazione, Marcovaldo, un modesto lavoratore cittadino, si trova a viaggiare lungo un’autostrada insieme alla sua famiglia.
Durante il tragitto, si imbattono in un curioso fenomeno: un bosco cresciuto improvvisamente nel mezzo dell’autostrada, apparentemente come conseguenza dell’abbandono di un cantiere autostradale.
Questo bosco rappresenta un’oasi di natura in mezzo al caos e all’artificiosità della città, suscitando negli abitanti della zona reazioni miste di stupore, interesse e nostalgia per una dimensione più autentica e selvaggia.
La storia riflette la tensione tra mondo naturale e mondo urbano, suggerendo la possibilità di ritrovare una connessione con la natura anche all’interno degli spazi urbanizzati.
Testo del racconto:
Il freddo ha mille forme e mille modi di muoversi nel mondo: sul mare corre come una mandria di cavalli,
sulle campagne si getta come uno sciame di locuste, nelle città come lama di coltello taglia le vie e infila le fessure delle case non riscaldate.
sulle campagne si getta come uno sciame di locuste, nelle città come lama di coltello taglia le vie e infila le fessure delle case non riscaldate.
A casa di Marcovaldo quella sera erano finiti gli ultimi stecchi, e la famiglia, tutta incappottata, guardava nella stufa impallidire le braci, e dalle loro bocche le nuvolette salire a ogni respiro.
Non dicevano più niente; le nuvolette parlavano per loro: la moglie le cacciava lunghe lunghe come sospiri, i figlioli le soffiavano assorti come bolle di sapone, e Marcovaldo le sbuffava verso l’alto a scatti come lampi di genio che subito svaniscono.
Non dicevano più niente; le nuvolette parlavano per loro: la moglie le cacciava lunghe lunghe come sospiri, i figlioli le soffiavano assorti come bolle di sapone, e Marcovaldo le sbuffava verso l’alto a scatti come lampi di genio che subito svaniscono.
Alla fine Marcovaldo si decise: «Vado per legna; chissà che non ne trovi».
Si cacciò quattro o cinque giornali tra la giacca e la camicia a fare da corazza contro i colpi d’aria, si nascose sotto il cappotto una lunga sega dentata, e così uscì nella notte, seguito dai lunghi sguardi speranzosi dei familiari, mandando fruscii cartacei ad ogni passo e con la sega che ogni tanto gli spuntava dal bavero.
Andare per legna in città: una parola! Marcovaldo si diresse subito verso un pezzetto di giardino pubblico che c’era tra due vie.
Tutto era deserto.
Marcovaldo studiava le nude piante a una a una, pensando alla famiglia che lo aspettava battendo i denti…
Il piccolo Michelino, battendo i denti, leggeva un libro di fiabe, preso in prestito alla bibliotechina della scuola.
Il libro parlava d’un bambino figlio di un taglialegna, che usciva con l’accetta, per far legna nel bosco. «Ecco dove bisogna andare,» disse Michelino, «nel bosco! Lì sì che c’è la legna!»
Nato e cresciuto in città, non aveva mai visto un bosco neanche di lontano.
Nato e cresciuto in città, non aveva mai visto un bosco neanche di lontano.
Detto fatto, combinò coi fratelli:
uno prese un’accetta, uno un gancio, uno una corda, salutarono la mamma e andarono in cerca di un bosco.
Camminavano per la città illuminata dai lampioni, e non vedevano che case: di boschi, neanche l’ombra.
uno prese un’accetta, uno un gancio, uno una corda, salutarono la mamma e andarono in cerca di un bosco.
Camminavano per la città illuminata dai lampioni, e non vedevano che case: di boschi, neanche l’ombra.
Incontravano qualche raro passante, ma non osavano chiedergli dov’era un bosco. Così giunsero dove finivano le case della città e la strada diventava un’autostrada. Ai lati dell’autostrada, i bambini videro il bosco: una folta vegetazione di strani alberi copriva la vista della pianura.
Avevano i tronchi fini fini, diritti o obliqui; e chiome piatte ed estese, dalle più strane forme e dai più strani colori, quando un’auto passando le illuminava coi fanali. Rami a forma di dentifricio, di faccia, di formaggio, di mano, di rasoio, di bottiglia, di mucca, di pneumatico, costellate da un fogliame di lettere dell’alfabeto.
«Evviva!» disse Michelino, «questo è il bosco!»
E i fratelli guardavano incantati la luna spuntare tra quelle strane ombre: «Com’è bello…» Michelino li
richiamò subito allo scopo pe r cui erano venuti lì: la legna. Così abbatterono un alberello a forma di fiore di primula gialla, lo fecero in pezzi e lo portarono a casa.
Marcovaldo tornava col suo magro carico di rami umidi, e trovò la stufa accesa. «Dove l’avete preso?» esclamò indicando i resti del cartello pubblicitario che, essendo di legno compensato, era bruciato molto in fretta. «Nel bosco!» fecero i bambini. «E che bosco?» «Quello dell’autostrada. Ce n’è pieno!» Visto che era così semplice, e che c’era di nuovo bisogno di legna, tanto valeva seguire l’esempio dei bambini.
E i fratelli guardavano incantati la luna spuntare tra quelle strane ombre: «Com’è bello…» Michelino li
richiamò subito allo scopo pe r cui erano venuti lì: la legna. Così abbatterono un alberello a forma di fiore di primula gialla, lo fecero in pezzi e lo portarono a casa.
Marcovaldo tornava col suo magro carico di rami umidi, e trovò la stufa accesa. «Dove l’avete preso?» esclamò indicando i resti del cartello pubblicitario che, essendo di legno compensato, era bruciato molto in fretta. «Nel bosco!» fecero i bambini. «E che bosco?» «Quello dell’autostrada. Ce n’è pieno!» Visto che era così semplice, e che c’era di nuovo bisogno di legna, tanto valeva seguire l’esempio dei bambini.
Marcovaldo tornò a uscire con la sua sega, e andò sull’autostrada.
L’agente Astolfo della polizia stradale era un po’ corto di vista, e la notte, correndo in moto per il suo servizio, avrebbe avuto bisogno degli occhiali; ma non lo diceva, per paura d’averne un danno nella sua carriera. Quella sera viene denunciato il fatto che sull’autostrada un branco di monelli stava buttando giù i cartelloni pubblicitari.
L’agente Astolfo parte d’ispezione.
Ai lati della strada la selva di strane figure ammonitrici e gesticolanti accompagna Astolfo, che le scruta a una a una, strabuzzando gli occhi miopi.
Ecco che, al lume del fanale della moto, sorprende un monellaccio arrampicato su un cartello.
Astolfo frena: «Ehi! Che fai lì, tu? Salta giù subito!» Quello non si muove e gli fa la lingua. Astolfo si avvicina
e vede che è la réclame d’un formaggino, con un bamboccione che si lecca le labbra. «Già, già!» fa Astolfo, e riparte a gran carriera. Dopo un po’, nell’ombra di un gran cartellone, illumina una triste faccia spaventata.
«Alto là! Non cercate di scappare!» Ma nessuno scappa: è un viso umano dolorante in mezzo a un piede tutto calli: la réclame di un callifugo1. «Oh, scusi» dice Astolfo, e corre via. Il cartellone di una compressa contro l’emicrania era una gigantesca testa d’uomo, con le mani sugli occhi dal dolore. Astolfo passa, e il fanale illumina Marcovaldo arrampicato in cima, che con la sua sega cerca di tagliarsene una fetta.
Astolfo frena: «Ehi! Che fai lì, tu? Salta giù subito!» Quello non si muove e gli fa la lingua. Astolfo si avvicina
e vede che è la réclame d’un formaggino, con un bamboccione che si lecca le labbra. «Già, già!» fa Astolfo, e riparte a gran carriera. Dopo un po’, nell’ombra di un gran cartellone, illumina una triste faccia spaventata.
«Alto là! Non cercate di scappare!» Ma nessuno scappa: è un viso umano dolorante in mezzo a un piede tutto calli: la réclame di un callifugo1. «Oh, scusi» dice Astolfo, e corre via. Il cartellone di una compressa contro l’emicrania era una gigantesca testa d’uomo, con le mani sugli occhi dal dolore. Astolfo passa, e il fanale illumina Marcovaldo arrampicato in cima, che con la sua sega cerca di tagliarsene una fetta.
Abbagliato dalla luce, Marcovaldo si fa piccolo piccolo e resta lì immobile, aggrappato a un orecchio del testone, con la sega che è già arrivata a mezza fronte.
Astolfo studia bene, dice: «Ah, sì: compresse Stappa! Un cartellone efficace!
Ben trovato! Quell’omino lassù con quella sega significa l’emicrania che taglia in due la testa! L’ho subito
capito!» E se ne riparte soddisfatto.
Ben trovato! Quell’omino lassù con quella sega significa l’emicrania che taglia in due la testa! L’ho subito
capito!» E se ne riparte soddisfatto.
Tutto è silenzio e gelo. Marcovaldo dà un sospiro di sollievo, si riassesta sullo scomodo trespolo e riprende il suo lavoro.
Nel cielo illuminato dalla luna si propaga lo smorzato gracchiare della sega contro il legno.
Il bosco sull’autostrada (I. Calvino, Marcovaldo, Einaudi, Torino)