Diario clandestino di Giovannino Guareschi quarta parte
28 Dicembre 2019Il cavaliere inesistente di Italo Calvino
28 Dicembre 2019Il “buon nome” a cui ci si riferisce nel titolo è quello del dottor Leprani, un medico rinomato e rispettato, noto per la sua autorità e competenza, che non deve venir meno, ad ogni costo.
Il racconto mette in luce come la reputazione e l’immagine pubblica di una persona possano essere pericolosamente messe in discussione.
Quando il dottor Leprani emette una diagnosi errata riguardo alla salute del conte Attilio Fossadoro, dichiarandolo prossimo alla morte, la sua reputazione e la sua autorità potrebbero infatti essere messe in dubbio. La sua previsione sbagliata gli farebbe perdere la sua alta reputazione, soprattutto quando il conte si riprende completamente e appare in perfetta salute.
Il professor Marasca, uno degli assistenti del dottor Leprani, però, agisce per preservare la reputazione del famoso medico, avvelenando il conte Fossadoro.
In questo modo, il Marasca fa sembrare corretta la diagnosi del dottor Leprani, anche se il conte, in realtà, si era ripreso completamente.
Il gesto del Marasca evidenzia un aspetto oscuro della storia, mostrando come la reputazione professionale possa diventare così importante da giustificare azioni moralmente discutibili.
Il desiderio di preservare il prestigio del dottor Leprani porta il Marasca a commettere un crimine per mantenere l’illusione della sua infallibilità.
In questo modo, il racconto esplora, con sarcasmo, i temi della devozione professionale, della lealtà e della moralità, mostrando in modo surreale e assurdo come il desiderio di proteggere la reputazione di un individuo o di un’istituzione, possa la verità e la moralità.
La vicenda implicitamente mette in evidenza come anche i professionisti più rispettati possano essere soggetti a errori e fallimenti, e la correttezza e la professionalità dovrebbe portare a riconoscere i propri limiti, oltre che rivedere le proprie opinioni in base ai fatti e alle prove concrete.
Ma più che denuncia sociale, il racconto di Buzzati è una grottesca iperbole narrativa, si spera.
Il conte Attilio Fossadoro, di 74 anni, magistrato in pensione, signore oltremodo corpulento, una notte si senti male forse per avere esagerato nel mangiare e nel bere. L’emerito magistrato si abbandono di schianto sul letto, supino, a bocca aperta, e non rispondeva pin a nessuno.
Allora si pensò al peggio. La signora Eloisa telefonò al medico curante dottor Albrizzi.
A mezzanotte e mezzo il dottore arrivò. Fu deciso di ricorrere al massimo luminare, al vecchio clinico di celebrity internazionale. A ottantatré anni suonati, il professore Sergio Leprani era sempre il pin autorevole; e di riflesso il più caro.
Non era però una spesaccia che potesse spaventare i Fossadoro.
L’illustre dottore giunse al palazzo verso le ore due, accompagnato, anzi sostenuto, dal primo dei suoi assistenti, il professore Giuseppe Marasca.
Come il sommo entrò nella camera, il letargo del Fossadoro sembrava essersi fatto ancora più greve; e l’ansimare pin stentato.
Sedette ai piedi del letto e lascio fare al Marasca e all’Albrizzi, i quali gli comunicavano via via i dati: temperatura, cuore, pressione, riflessi, eccetera.
Il Leprani ascoltava senza fare una piega. Dopo un consulto tra i medici l’ Albrizzi, con le dovute cautele, comunicò il perentorio responso del grande Leprani: embolo cerebrale, prognosi infausta, nessuna speranza, al massimo ancora una settimana di vita.
Quale non fu la stupefazione dell’ Albrizzi il mattino dopo quando si ripresento a palazzo Fossadoro per avere notizie.
Ida, la governante, gli apri la porta con un sorriso radioso:
«Tutto bene, dottore, tutto benone!
In quel momento comparve, gioviale, anche lui, il moribondo.
«Grazie, sa, caro Albrizzi, di tutto il disturbo che stanotte si 6 preso per me. Mi dispiace proprio… Lo so, lo so, non sono cose che si dovrebbero fare alla mia età.»
Stupefazione. Ma anche scandalo. Come il Marasca, primo assistente del Maestro, seppe dall’Albrizzi la “resurrezione” del Fossadoro, andò su tutte le furie:
«E assurdo! E inaudito! Il professor Leprani non sbaglia mai, non può sbagliare! E ormai lui lo ha già dato pubblicamente per cadavere, il Fossadoro. Andra io stesso a parlare con la contessa.»
Il Marasca, intrepido arrampicatore universitario, parlò chiaro a donna Eloisa: «Qui sta succedendo una cosa gravissima, il professor Leprani ha sentenziato un esito mortale a breve termine e il paziente se ne va in giro per la casa come se niente fosse.
«Mi dia lei un consiglio, professore.»
«Intanto, per prima cosa, persuadere il conte a mettersi a letto, fargli capire che è ammalato, gravemente ammalato.»
«Ma se lui si sente bene!»
«No, contessa, questa obiezione da lei non me l’aspettavo. Voglia considerare, mi permetta, anche il buon nome di casa Fossadoro…
«Professore, non le permetto…»
«Scusi, contessa, ma non è più il caso di fare complimenti. Il professor Leprani deve essere salvato ad ogni costo. In fondo sarà una cosa semplice… Somministrare, ad esempio, i cibi adatti… Il conte suo marito, eh, eh, non si farà pregare…»
«E la conclusione sarebbe?»
«Il professore Leprani non può essere smentito da chicchessia. Ha detto una settimana. Tiriamogli pure il collo, alla sua diagnosi. Vede che in fondo anch’io sono comprensivo. Ma entro quindici giorni, i funerali.»
A palazzo Fossadoro, dove il conte coi più ingegnosi pretesti (il freddo, il vento, la umidita, lo smog, un principio di raffreddore) veniva tenuto rinchiuso, urgevano le telefonate di circostanza.
Al quattordicesimo giorno il professor Leprani comincio a dar segni di agitazione. «Il terribile vecchio — domandava — ancora non si 6 deciso?»
Col sangue agli occhi, nel pomeriggio, il professor Marasca si presentò al palazzo Fossadoro accompagnato da due giovani assistenti travestiti da cuochi; e prese possesso della cucina.
Lavoro, per la verità, eseguito a regola d’arte. Emozione e disturbo ridotti al minimo. Come, al dessert, inghiotti il primo boccone di torta, il conte Attilio Fossadoro restò stecchito, con ancora sulle labbra il beato sorriso di poco prima.
Subito il Marasca telefono al luminare: «Ancora una volta congratulazioni, Maestro. Or ora il conte ha cessato di vivere.»