Il geranio di Flannery O’Connor prima parte
28 Dicembre 2019La martora di Grazia Deledda
28 Dicembre 2019Verso la fine del capitolo di Gomorra intitolato Cemento armato troviamo una vera e propria dichiarazione di poetica, in linea con Pasolini, chiave di lettura per comprendere la strategia comunicativa di Saviano.
Egli racconta di essersi recato sulla tomba di Pasolini a Casarsa (che ci sia andato davvero o meno è poco rilevante dal momento che anche in questo caso l’episodio ha una funzione narrativa ben precisa, che non viene indebolita dalla sua eventuale non veridicità):
“Mi andava di trovare un posto. Un posto dove fosse ancora possibile riflettere senza possibilità di vergogna sulla possibilità della parola. La possibilità di scrivere sui meccanismi del potere, al di là delle storie, oltre i dettagli”.
“Io so e ho le prove. Io so come hanno origine le economie e dove prendono l’odore. L’odore dell’affermazione e della vittoria. Io so cosa trasuda il profitto. Io so. E la verità della parola non fa prigionieri perché tutto divora e di tutto fa prova. E non deve trascinare controprove e imbastire istruttorie. Osserva, soppesa, guarda, ascolta. Sa. Non condanna in nessun gabbio e i testimoni non ritrattano. Nessuno si pente. Io so e ho le prove. Io so dove le pagine dei manuali d’economia si dileguano mutando i loro frattali in materia, cose, ferro, tempo e contratti. Io so. E lo sanno le mie prove. Le prove non sono nascoste in nessuna pen-drive celata in buche sotto terra. Non ho video compromettenti in garage nascosti in inaccessibili paesini di montagna. Né possiedo documenti ciclostilati dei servizi segreti. Le prove sono inconfutabili perché parziali, riprese con le iridi, raccontate con le parole e temprate con le emozioni rimbalzate su ferri e legni. Io vedo, trasento, guardo, parlo, e così testimonio, brutta parola che ancora può valere quando sussurra: “è falso” all’orecchio di ascolta le cantilene a rima baciata dei meccanismi di potere. La verità è parziale, in fondo se fosse riducibile a formula oggettiva sarebbe chimica. Io so e ho le prove. E quindi racconto. Di queste verità.”
Questi i punti importanti del passo:
- il valore della testimonianza come atto di un autore che garantisce per la verità dei suoi enunciati perché ha la possibilità di provare ciò che afferma
- la scelta della scrittura in prima persona per esprimere il suo coinvolgimento diretto nei fatti: un sapere che deriva dall’esperienza, dall’osservare, dall’ascoltare, dal provare emozioni
- la parzialità della verità come garanzia della sua unicità: Saviano afferma che le sue prove sono “inconfutabili” proprio perché parziali, legate al suo sguardo, ai suoi sensi, eleggendo tale esperienza sensibile come garanzia della credibilità di ciò che scrive
- il costruire la testimonianza attraverso l’atto del raccontare, conferendo quindi ad essa una natura narrativa e non puramente documentale.
Rispetto a Pasolini:
- il sapere di Saviano ha un fondamento extra-letterario, nasce fuori dalla scrittura, nella concretezza e nella corporeità dell’esperienza
- tuttavia, Saviano sottolinea l’autonomia della parola come strumento conoscitivo e rivendica il diritto di non dovere mostrare le sue prove
- l’atteggiamento di Saviano presuppone una fiducia nella possibilità della parola di influire sulla realtà
- nell’ultima parte lo scrittore si sofferma sulle responsabilità di chi pratica la scrittura: si dipinge come testimone che racconta quello che sa, consapevole che la testimonianza si espone al rischio della delegittimazione.
Audio Lezioni su Pier Paolo Pasolini del prof. Gaudio