Miser catulle desinas ineptire vv.3-19
28 Dicembre 2019La tregua di Primo Levi – Luigi Gaudio
28 Dicembre 2019Commento e testo di una poesia (Vita Nuova, cap. XLI)
Poi mandaro due donne gentili a me pregando che io mandasse loro di queste mie parole rimate; [1] onde io, pensando la loro nobilitade, propuosi di mandare loro e di fare una cosa nuova, la quale io mandasse a loro con esse, acciò che più onorevolemente adempiesse li loro prieghi. E dissi allora uno sonetto, lo quale narra del mio stato, e manda’lo a loro co lo precedente sonetto accompagnato, e con un altro che comincia: Venite a intender. [2] Lo sonetto lo quale io feci allora, comincia: Oltre la spera; lo quale ha in sé cinque parti. Ne la prima dico ove va lo mio pensero, nominandolo per lo nome d’alcuno suo effetto. Ne la seconda dico perché va là suso, cioè chi lo fa così andare. Ne la terza dico quello che vide, cioè una donna onorata là suso; e chiamolo allora ’spirito peregrino’, acciò che spiritualmente va là suso, e sì come peregrino lo quale è fuori de la sua patria, vi stae. [3] Ne la quarta dico come elli la vede tale, cioè in tale qualitade, che io non lo posso intendere, cioè a dire che lo mio pensero sale ne la qualitade di costei in grado che lo mio intelletto no lo puote comprendere; con ciò sia cosa che lo nostro intelletto s’abbia a quelle benedette anime sì come l’occhio debole a lo sole: [4] e ciò dice lo Filosofo nel secondo de la Metafisica. [5] Ne la quinta dico che, avvegna che [6] io non possa intendere là ove lo pensero mi trae, cioè a la sua mirabile qualitade, almeno intendo questo, cioè che tutto è lo cotale pensare de la mia donna, però ch’io sento lo suo nome spesso nel mio pensero: e nel fine di questa quinta parte dico ’donne mie care’, a dare ad intendere che sono donne coloro a cui io parlo. La seconda parte comincia quivi: intelligenza nova; la terza quivi: Quand’elli è giunto; la quarta quivi: Vedela tal; la quinta quivi: So io che parla. Potrebbesi più sottilmente ancora dividere, e più sottilmente fare intendere; ma puotesi passare con questa divisa, [7] e però non m’intrametto di più dividerlo.
Oltre la spera, che più larga gira,
Passa il sospiro ch’esce del mio core:
Intelligenza nuova, che l’Amore
Piangendo mette in lui, pur su lo tira. 4
Quand’egli è giunto là, dov’el desira,
Vede una donna, che riceve onore,
E luce sì, che per lo suo splendore
Lo peregrino spirito la mira. 8
Vedela tal, che, quando il mi ridice,
Io non lo intendo, sì parla sottile
Al cor dolente, che lo fa parlare. 11
So io ch’el parla di quella gentile,
Perocchè spesso ricorda Beatrice,
Sicch’io lo intendo ben, donne mie care. 14
Commiato e conclusione del libro (Vita Nuova, cap. XLII)
Appresso questo sonetto [1] apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta [2] infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com’ella sae veracemente. [3] Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna. E poi piaccia a colui che è sire de la cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna, cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira ne la faccia di colui qui est per omnia secula benedictus. [4]