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2 Febbraio 2021La didattica “su misura” nell’era Covid e non solo
6 Febbraio 2021
La valutazione, dunque, si ricolloca in una direzione e prospettiva formativa tendente a valorizzare e migliorare gli apprendimenti. Come per tutte le novità, in questi giorni nelle scuole primarie, docenti e dirigenti, stanno metabolizzando il cambiamento e riorganizzando le procedure di valutazione per procedere all’attuazione di quanto disposto dal Ministero. Si studiano i documenti relativi a questa novità che arriva in un momento di grandi difficoltà per la scuola a causa dell’emergenza sanitaria. Un’emergenza che ha costretto improvvisamente e velocemente tutti i docenti a vivere DAD, DID, rimodulazione del programma, dell’orario, dei tempi scuola, dei nuovi ambienti formativi, di strategie di supporto, di sorrisi e abbracci virtuali, di relazioni virtuali, nuove e diverse forme di empatia, nuovi linguaggi emozionali e motivazionali. Tutto ciò verso bambini di 5/10 anni. E mentre a scuola “impazzano” link di corsi online per informare, guidare e sostenere dirigenti e docenti per la compilazione dei documenti valutativi e “ulteriori” adempimenti richiesti, i bambini e le famiglie si preparano a ricevere il “giudizio” espresso con il nuovo documento di valutazione.
La scuola cambia, si innova, rigenera strumenti, metodologie, strategie. Uno sforzo importante e decisivo per affrontare le sfide della nostra Era tecnologica, globalizzata e complessa. Qualora tale innovazione dovesse presentarsi, però, come una politica scolastica frammentaria ad essere compromesso sarebbe l’intero impianto riformativo.
La valutazione è parte integrante dell’esperienza formativa dell’alunno, poiché favorisce ed orienta il processo di introspezione e di crescita. In quest’ottica la valutazione ha un vero e specifico potenziale formativo soprattutto in relazione alle modalità con le quali viene comunicata all’alunno. E’ questo feedback con l’alunno, infatti, che ne determina il “valore” . Ma quando l’alunno leggerà i suoi voti dovrà dare un significato a quei nuovi termini, un valore, un significante. In quel preciso momento, ogni bambino, vivrà “un’esperienza educativa” magica o frustrante. I termini a cui la scuola italiana affida la “valutazione formativa” sono: livello avanzato, intermedio, base, in via di prima acquisizione. Il livello sarà, poi, accompagnato da un giudizio descrittivo.
Credo sia condivisibile il concetto che bisogna avere molto rispetto delle parole. In questo caso specifico “incorporate” in un testo, in un tempo e in un luogo, che valuta piccoli studenti. I termini usati per indicare il livello raggiunto, le “parole” non diventano e non esprimono soltanto significati concettuali. Non fondano soltanto una semantica ma, anche, una pragmatica personale, sociale, istituzionale e, nel nostro caso, didattico-educativa. In altri termini, producono pratica e organizzazione, e si trasformano in “dispositivi pedagogici latenti” .
Quindi ad essere sbagliati, oggi, sono i termini, le parole utilizzate per dare i voti (incomprensibili per bambini delle prime classi non solo concettualmente e con risvolti da scoprire nel tempo); i tempi in cui questa nuova valutazione approda a scuola (tempi di pandemia); le modalità, una “burocrazia elettronica” che porterà i docenti a trascorrere molte ore davanti al registro elettronico. Vi invito ad immaginare il viso/espressione del bambino quando leggerà per ogni competenza/obiettivo il voto corrispondente, per esempio: intermedio (dal vocabolario Treccani: “che sta in mezzo, che è posto tra due cose, tra due limiti di spazio o di tempo, o, fig., tra due possibilità” ).
Un approccio educativo con una valutazione formativa rappresenta un importante “momento” di confronto per l’alunno, che ha l’opportunità di sperimentare come orientarsi autonomamente nel proprio processo di crescita, nel raggiungimento degli obiettivi e nell’autovalutazione dei progressi raggiunti. Questo processo nelle prime classi avviene con gli strumenti semplici che l’alunno possiede che gli consentono una interpretazione molto “intuitiva” es.: 8 o 10 viene associato alla quantità numerica che conosce, bravo e ottimo sono termini sperimentati in classe e ai quali è in grado di associare un valore, un significato. Da pedagogista mi preme precisare che la valutazione svolge anche un ruolo importante nel processo “motivazionale” oltre che in quello “relazionale” con i docenti. Per valutare il successo scolastico e formativo occorre, anche, considerare la componente determinante degli effetti a “lungo termine” . Esempio: complimenti Pierino, sei ad un livello intermedio! Cosa significherà per un bambino di 7 anni essere ad un livello intermedio? Pierino, forse, si chiederà quante vite ha ancora a disposizione come fa con i video giochi della play station o del gameboy advance, Di fatto, conosce già i livelli di gioco per vincere e passare alla fase successiva, ma la scuola non è un gioco e pertanto andrebbero prese in maggiore considerazione le connessioni logiche a cui induciamo il bambino e l’adolescente se lo valutiamo per livelli.
Considero la valutazione una “dimensione sensibile” dell’azione didattica, “dimensione centrale” , strettamente legata alle scelte metodologiche e in coerenza con gli obiettivi. Una didattica che utilizza metodologie attive e che vuole mettere l’allievo al centro del processo di apprendimento non può servirsi di una valutazione classificatoria e non finalizzata al miglioramento dell’alunno stesso. La valutazione formativa, dunque, è certamente uno strumento che contribuisce a dare al processo valutativo una funzione “attivante” , essa merita pertanto una strutturazione più attenta e più rispettosa di chi la riceve, dell’alunno che è anche, e soprattutto, un bambino. Pertanto, non intendo muovere una critica verso la valutazione per competenze o verso il giudizio descrittivo, ma verso i quattro livelli individuati e i termini ad essi associati. Le quattro “dimensioni” , infatti, dovrebbero descrivere l’apprendimento utilizzando termini che i bambini possano facilmente interpretare e vivere attingendo dall’esperienza personale.
L’allontanamento della guida Pedagogica dal sistema scuola in Italia è un prezzo pagato caramente da tutto il sistema. Da quando le scuole sono dirette da figure con competenze più manageriali che pedagogiche, i governi avrebbero dovuto introdurre la figura del pedagogista sia nelle scuole che nei tavoli tecnici che strutturano le riforme scolastiche.
Non basta più chiedersi come può la politica muovere passi di riforma importanti senza avere al proprio fianco competenze specifiche nell’ambito pedagogico. In termini di diritto all’istruzione, di diritto al successo scolastico la politica non può permettersi di scegliere senza il supporto di professionisti competenti. E’ veramente difficile credere che dei pedagogisti abbiano preso parte a tali scelte determinando nel tempo le varie sostituzioni dei voti passando dal “10” a ” ottimo” , per giungere all’odierno “livello avanzato” . Nella scuola primaria, il termine “livello avanzato” rischia di parcellizzare i risultati sui singoli apprendimenti a danno di una rassicurante “gestalt” di cultura e di apprendimento, rischiando di indurre il bambino verso una concezione frazionata e, quindi, ansiogena dell’apprendimento stesso, così come gli succede quando affronta i diversi livelli dei videogiochi.
La pedagogia e la ricerca scientifica devono tornare ad avere un ruolo centrale nelle scelte politiche per garantire ai bambini il diritto ad essere bambini (protetti dal furto di identità infantile e dall’adultizzazione) e a vivere opportunità educative motivanti, intense, ricche, variegate.
La pedagogia deve tornare a pronunciarsi su questioni e temi che le appartengono.
Il Ministero, in termini generali, dovrebbe responsabilmente attivare politiche di sperimentazione, dovrebbe favorire, avviare e finanziare specifici studi e ricerche prima di realizzare ogni riforma e/o cambiamento, perché operando per tentativi ed errori si rischia di sbagliare, di discostarsi dai reali bisogni e dal progetto di una buona scuola, di danneggiare i risultati scolastici di intere generazioni. Il ruolo della politica dovrebbe essere quello di intervenire sui cambiamenti connessi alla modernità per mitigare, moderare, orientare e guidare un sano accompagnamento allo sviluppo del paese.
In sintesi, è necessario avere un “sistema sostenibile” all’interno del quale possano coesistere direzioni solide e condivise (contratto sociale) per contrastare la povertà educativa e l’insuccesso scolastico, per costruire l’efficacia e l’efficienza del sistema scolastico, per investire su nuove vision e mission del e per il futuro.
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Grazie Professore Gerbino.