Verbi politematici greci
22 Settembre 2022Notre Dame de Paris di Victor Hugo genesi e personaggi del romanzo
23 Settembre 2022Trama dettagliata del romanzo Notre Dame de Paris di Victor Hugo
Libro primo
Il romanzo si apre nella Parigi medievale il 6 gennaio 1482, durante La festa dei Matti. Questa festa annuale coincide con il matrimonio del figlio di Luigi XI con una principessa fiamminga, e la città è piena di invitati e dignitari fiamminghi. C’è uno spettacolo pirotecnico in Place de Grève, un albero sarà piantato nella cappella di Braque e un “mistero” (o spettacolo) sarà rappresentato al Palazzo di Giustizia. La maggior parte dei dignitari fiamminghi si reca al Palazzo di Giustizia e si unisce all’enorme massa di parigini, formando un mare di persone che brulicano sul palco e attende con impazienza lo spettacolo e la successiva elezione del Papa dei Matti. La splendente architettura gotica del Palazzo e il suo gigantesco pavimento di marmo passano inosservati alla folla, che inizia a minacciare violenza se lo spettacolo non inizia presto. Pierre Gringoire, il drammaturgo, non sa se aspettare il cardinale, che è in ritardo, o affrontare l’ira della folla inferocita. La sua immediata preoccupazione di pacificare i cittadini arrabbiati, così come il suo orgoglio per il suo lavoro, lo convince a ordinare ai suoi attori di iniziare lo spettacolo, intitolato Il buon giudizio di Madame la Vergine Maria.
Gli attori di Gringoire appaiono sul palco, ognuno dei quali rappresenta una classe diversa della società francese: clero, nobiltà, borghesia commerciale e operai. Sfortunatamente per il drammaturgo, la folla trova lo spettacolo poco interessante e presto rivolge la sua attenzione a un mendicante, riconosciuto come Clopin Trouillefou, che si arrampica sul palco gridando: “Carità, per favore!” Gringoire cerca disperatamente di convincere la folla a prestare attenzione allo spettacolo, ma anche gli attori hanno perso interesse. Improvvisamente, il Cardinale entra nel Palazzo. È così potente, aggraziato e popolare che nessuno si preoccupa del suo ritardo. Il suo entourage di dignitari fiamminghi, e non l’opera teatrale, diventa presto il centro dell’attenzione. Uno degli ospiti fiamminghi, Jacques Coppenole, impressiona la folla con il suo senso dell’umorismo e presto rivolge la loro attenzione all’imminente elezione del Papa dei Matti. Gringoire finge di essere uno spettatore deluso e grida che lo spettacolo continui, ma la folla urla “Abbasso il mistero!” Avvilito per il fallimento del suo lavoro, Gringoire segue la folla all’esterno.
Coppenole convince i parigini a eleggere il loro “Papa” come fanno nelle Fiandre. Ogni candidato deve infilare la testa in un buco; vince quello con la faccia più brutta. Non passa molto tempo prima che Quasimodo, il campanaro di Notre Dame, venga eletto Papa dei Folli. A differenza degli altri candidati, che devono contorcere ferocemente il viso per rendere la folla isterica dalle risate, Quasimodo non deve fare nulla. La sua testa gigante è ricoperta di “setole rosse”, mentre, in mezzo alla schienaa, un’enorme gobba si alza sopra il suo collo, controbilanciata da una “protuberanza” che gli esce dal petto. Ha un solo occhio buono. L’altro è completamente coperto da una verruca sovradimensionata, e gambe e mani sono “stranamente messe insieme”. Nonostante il suo aspetto mostruoso, Quasimodo trasmette ancora un’aria di coraggio e forza. Chiamandolo “ciclope”, la folla issa Quasimodo su un finto trono e inizia a farlo sfilare per le strade di Parigi.
Nel frattempo, Gringoire torna sul suo palcoscenico e tenta disperatamente di far ripartire lo spettacolo ancora una volta. Scambia alcuni ritardatari per spettatori interessati ed è deluso nel trovarli spettegolare su tasse e affitti. All’improvviso, qualcuno chiama dalla finestra, esclamando che Esmeralda sta ballando nella piazza fuori dal Palazzo di Giustizia. Gringoire non capisce l’increspatura magica che attraversa la folla, mentre le persone rimaste corrono alle finestre per avere una visuale migliore. Sentendosi come un generale che è stato sonoramente sconfitto, Gringoire si arrende e abbandona il palco e il suo spettacolo.
Commento Libro Primo
Il gobbo di Notre Dame è stato il primo romanzo di Hugo dopo una serie di opere teatrali di successo. La struttura del romanzo segue da vicino quella di un’opera teatrale, soprattutto in questa prima sezione in cui Hugo usa la tecnica dell’esposizione per introdurre “naturalmente” i principali temi e personaggi del romanzo senza enfatizzare la presenza dell’autore. Ad esempio, mettendo Gringoire in una situazione imbarazzante, Hugo lascia che il suo personaggio si presenti a tutti, come se i lettori fossero spettatori che lo ascoltano parlare da un palco. Anzi, a un certo punto, lui dichiara semplicemente: “Mi chiamo Pierre Gringoire”. Inoltre, la Festa dei Matti permette a Hugo di presentare Quasimodo enfatizzando il suo aspetto fisico mostruoso, visto dalla folla. Possiamo così formarci una prima impressione sfumata di lui, che consente lo sviluppo ulteriore del personaggio man mano che il lettore inizia a saperne di più su di lui. Hugo introduce anche Jehan Frollo, il fratello del principale antagonista del romanzo, don Claude Frollo, come un membro anonimo della folla, prefigurando futuri sviluppi della trama. Anche Clopin, il mendicante che interrompe il gioco tornerà a minacciare la vita di Gringoire e attaccare Notre Dame nelle parti successive del romanzo.
Hugo non solo osserva rigide regole di accuratezza storica, ma scrive anche un romanzo storico. Il narratore afferma chiaramente la data esatta della scena di apertura del romanzo e fa di tutto, quando possibile, per discutere la storia dei vari monumenti che cita. Alla ricerca dell’autenticità, Hugo inserisce frequenti citazioni latine e greche, nonché espressioni arcaiche nel discorso dei suoi personaggi in modo che suonino medievali. Un ruolo fondamentale per definire il contesto storico è affidato all’architettura. Così Hugo introduce il tema artistico predominante del romanzo, quello dell’architettura gotica, mentre discute del Palazzo di Giustizia, e non ancora della Cattedrale. Il narratore esclama spudoratamente la sua preferenza per l’architettura gotica, dicendo “come sono abbagliati gli occhi!” o concentrandosi sulle finestre ogivali “smaltate con lastre di mille colori, che si incurvano verso i soffitti finemente intagliati tempestati d’oro di gigli (il simbolo della dinastia reale borbonica)”. Il narratore introduce così la nostalgia per l’arte gotica che figura per tutto il romanzo.
Come pioniere del movimento romantico, Hugo ha tentato di rompere con i classicisti e la loro ossessiva attenzione alle culture antiche della Grecia e di Roma come unica fonte di ispirazione letteraria. Nello scrivere questo romanzo, Hugo si è così distinto dalla grande tradizione della narrativa francese, ambientando la sua azione nella Francia medievale, affrontando a suo modo temi caldi contemporanei nel 1830 come la Chiesa e la monarchia, non con i modi diretti dell’attualità del Rosso e il Nero di Stendhal, ma con i paradossi e gli anacronismi. Questi problemi avevano recentemente sollevato una tempesta politica nella Rivoluzione del luglio 1830, proprio mentre Hugo stava scrivendo il romanzo. Di conseguenza, le figure allegoriche nell’opera teatrale di Gringoire, come Clero, Nobiltà e Terzo Stato, sono riferimenti alle differenze di classe che hanno ispirato la recente rivoluzione. Quando il narratore nota che la folla imitava perfettamente le figure allegoriche in scena, trasporta un problema sociale e politico attuale alle sue radici medievali. Questo non è stato l’unico modo in cui Hugo ha usato il passato della Francia per commentare il suo presente. Elogiando l’architettura gotica per tutto il romanzo, Hugo contribuì a un mutamento radicale di giudizio artistico nell’Europa del tempo, ancora intrisa di neoclassicismo, aiutando ad apprezzare gradualmente cattedrali ed edifici medievali, che erano stati precedentemente considerati barbari.
Secondo libro
Dato che è gennaio, la notte scende presto e Gringoire è costretto a vagare per le strade senza soldi, alla ricerca di un posto tranquillo dove passare la notte. La filosofia è il suo unico “amico” e tenta di medicare le sue ferite spiegando il suo fallimento quel pomeriggio. Gringoire tiene d’occhio un “cuscino di pietra”, sperando che una buona notte di sonno lo aiuti a dimenticare la sua miserabile vita a Parigi. Proprio in quel momento si imbatte nella processione del Papa dei Matti, e Gringoire la segue verso Place de Grève. Anche se lo ritiene un posto sinistro, spera almeno di trovare qualcosa da mangiare. Ma quando arriva lì, non è rimasto più nulla. Il narratore dipinge un quadro desolante di Place de Grève, il luogo ufficiale delle torture e delle esecuzioni pubbliche.
Aspettandosi di trovare solo strumenti di tortura rimasti nella piazza, Gringoire si imbatte in un falò circondato da un enorme gruppo di spettatori affascinati da una “visione abbagliante”. Stanno guardando Esmeralda, una zingara dall’aspetto elegante e grandi “occhi di fuoco” neri. Lei è capace di tenere in equilibrio due spade sulla fronte, incantando la folla, che non si muove nemmeno dopo che lei ha terminato la sua esibizione. Gringoire la trova straordinariamente bella. Improvvisamente, il falò getta una “luce tremante” rossa sull’ampio cerchio dei volti mentre un austero uomo calvo di circa trentacinque anni grida: “C’è la stregoneria in fondo a tutto questo!” Esmeralda rabbrividisce e si volta verso la sua capra, Djali, a cui ha insegnato a leggere l’ora e fare il verso ai politici. La folla ama questi nuovi trucchi e trascura il misterioso sconosciuto.
Proprio in quel momento, il corteo del Papa dei Matti entra in piazza, con Quasimodo in testa, che per la prima volta nella sua vita è orgoglioso di se stesso, si gode i festeggiamenti, ma in qualche modo è consapevole che la folla lo odierà di nuovo al mattino. Tuttavia, il suo momento di gloria termina bruscamente quando il misterioso sconosciuto lo afferra e gli ordina di inginocchiarsi. Quasimodo obbedisce all’istante e attraverso una serie di segni e gesti accetta di seguire lo sconosciuto fuori da Place de Grève. Gringoire riconosce immediatamente lo straniero attraverso il suo abito ecclesiastico come don Claude Frollo, l’arcidiacono di Notre Dame. Anche se è stupito da questo spettacolo, Gringoire è più preoccupato di trovare qualcosa da mangiare.
Non trovando cibo, Gringoire “rinuncia al suo libero arbitrio” e decide di seguire Esmeralda. Il narratore spiega questa decisione come la disposizione naturale di qualcuno che non ha un posto dove passare la notte. Proprio quando si rende conto che Gringoire la sta seguendo, Esmeralda viene improvvisamente attaccata da Quasimodo. Gringoire pensa di reagire, ma prima che possa salvare Esmeralda, Quasimodo lo mette fuori combattimento. Dal nulla, però, appaiono gli arcieri del re, la salvano e catturano Quasimodo. Il capitano, Febo de Chateaupers, si presenta a Esmeralda poco prima che scompaia. Quando Gringoire si riprende, non ha idea di cosa sia successo e inizia a cercare un posto dove passare la notte. Cercando inutilmente di sfuggire a falsi storpi e zoppi, si perde e si ritrova nella Corte dei Miracoli, covo di criminali, mendicanti e zingari. Un gruppo di essi cerca di aggredirlo, ma quando scoprono che non ha soldi, lo portano davanti al loro “re”, che si scopre essere lo stesso mendicante che ha interrotto il suo gioco, Clopin Trouillefou. Stanno tutti per giustiziarlo, quando appare Esmeralda e accetta di prendere Gringoire come suo marito per quattro anni. Stordito, Gringoire la segue a casa sua solo per scoprire che non lo ama ma voleva solo salvargli la vita. Lei non dice quasi una parola, solo gli chiede cosa significa la parola “Febo”. Gringoire le dice che è la parola latina per il sole. Lei infine scompare nella sua stanza e Gringoire trascorre la notte sul pavimento.
Commento Libro Secondo
Il titolo francese de Il gobbo di Notre Dame è Notre Dame de Paris, a indicare l’interesse di Hugo per la storia di Parigi. Ad esempio, il narratore lamenta costantemente la distruzione dei vecchi edifici gotici, operata ai suoi tempi, e “l’inondazione di nuovi brutti edifici che sta inghiottendo così rapidamente tutte le antiche strutture di Parigi”. Cerca così di dare una storia, quindi un valore, a questi antichi monumenti, preservandone la memoria del passato e ispirando i suoi lettori a proteggerli nel presente. Hugo cerca anche di mettere in relazione la sua Parigi medievale con l’attuaità. Inizia a scrivere il romanzo durante la Rivoluzione del luglio 1830, che depose la famiglia Borbone e celebrò la causa della rivoluzione originale del 1789. La Place de Grève, o “punto fatale”, rimase il luogo di esecuzioni pubbliche fino ai giorni di Hugo, ma fu ricordata soprattutto per aver ospitato la ghigliottina nel Periodo del Terrore, iniziato nel 1793. Quando cita la “ghigliottina miserabile, furtiva, timida, vergognosa”, Hugo fornisce ai suoi lettori il contesto storico per capire cosa rappresentava Place de Grève nel Medioevo, ma lancia anche un monito sul fervore rivoluzionario contemporaneo. Insiste sul fatto che la ghigliottina non dovrebbe riapparire nella nuova monarchia “illuminata” di Luigi Filippo.
Questa sezione fornisce uno sviluppo dei personaggi di Gringoire ed Esmeralda. Gringoire si rivela un fallimento in tutto tranne che in poesia. In effetti, non è affatto in grado di proteggere Esmeralda. Rimasto orfano all’età di sei anni, ha vagato per le strade di Parigi sin dalla sua giovinezza, alla ricerca di cibo e amicizia. Anche Esmeralda è orfana. Nonostante le voci sui suoi costumi “leggeri”, in realtà è casta e spera di ritrovare i suoi genitori perduti da tempo. Porta un gingillo magico al collo, un falso smeraldo, che spera possa aiutare la sua ricerca, ma finora è servito solo per individuare il suo soprannome. Ha una visione molto romantica dell’amore, si innamora all’istante di Febo quando lui la salva, e in seguito definisce così l’amore: “un uomo e una donna che si fondono in un angelo”. Il lettore intravede anche il malvagio Claude Frollo, il fratello di Jehan, che era apparso già nella prima sezione. Introduce il tema della stregoneria e della stregoneria. Le sue accuse contro Esmeralda rivelano il suo cuore di tenebra. Il fatto che Gringoire lo riconosca al falò non è solo una sottile manovra della trama di Hugo, ma mostra anche quanto sia piccola Parigi in questo momento: tutti si conoscono. Inoltre, il fatto che la maggior parte dei parigini medievali siano orfani rappresenta la preoccupazione di Hugo per gli orfani nel presente.
A differenza della narrativa tradizionale francese dell’inizio del diciannovesimo secolo, l’opera di Hugo affronta esplicitamente il problema della povertà. La discesa di Gringoire nel mondo criminale di Parigi non sarebbe così diversa nell’ottocento. In effetti, il tribunale del canguro, cioè il processo sommario presieduto da Trouillefou e dagli altri vagabondi, è in modo allarmante simile nella condotta e nell’assurdità ai procedimenti giudiziari “ufficiali” che seguono nelle sezioni successive. Per molti versi, il processo di Gringoire è più umano dei processi di Quasimodo ed Esmeralda: a Gringoire infatti viene permesso di difendersi, e alla fine viene liberato. La compassione comica di questa scena evoca paradossalmente l’umanità dei mendicanti e dei loro amici. Hugo implicitamente offre uno squarcio ai suoi lettori contemporanei sulla necessità di giustizia sociale e sulla possibilità di sollevare i parigini dalla povertà.
Terzo libro DIGRESSIONE SULLA CATTEDRALE E SU PARIGI
Il narratore interrompe la storia per fornire al lettore una storia e un’impressione più approfondite della cattedrale di Notre Dame, un “edificio sublime e maestoso”. Iniziata da Luigi VII nel 1163 e terminata da Filippo Augusto più di un secolo dopo, la cattedrale ha a malapena resistito alla prova del tempo. Con un lento processo, “l’innalzamento irresistibile” del livello del suolo ha inghiottito le fondamenta un tempo visibili della cattedrale. Ma le varie tracce di distruzione che ancora ne segnano la facciata furono per lo più opera di uomini. Durante la Rivoluzione francese, gran parte della cattedrale fu saccheggiata dagli oppositori della monarchia. Di conseguenza, al momento del romanzo, la facciata aveva perso un’innumerevole quantità di statue e persino una rampa di undici gradini che conduceva all’ingresso principale. Come osserva il narratore: “Il tempo è cieco, uomo stupido”. Tuttavia, sottolinea i bei esemplari di architettura che rimangono, in particolare i tre portici con i loro archi ogivali, che portano a una “vasta sinfonia di pietra”.
Il narratore cerca quindi un modo appropriato per descrivere il tipo di architettura della cattedrale, concludendo che i precedenti tentativi di “migliorare” la sua facciata hanno portato solo a un’ulteriore distruzione e “amputazione”. Queste moderne “mode, sempre più sciocche e grottesche” hanno rappresentato il declino dell’architettura fin dal medioevo (fatta eccezione per la “deviazione del Rinascimento). Continua accusando i tentativi di miglioramento di aver fatto più male di folle rivoluzionarie inferocite, attaccando le stesse “ossa dell’arte”, hackerare e uccidere l’edificio senza logica o stile, tutto in nome del buon gusto. Di conseguenza, Notre Dame non appartiene a una particolare classe architettonica. Non è né romana né gotica. Come ogni l’età ha cercato di imprimere il suo senso di bellezza sulla facciata della cattedrale, ha perso un certo periodo di tempo da chiamare proprio, diventando un “edificio di transizione”.Il suo antico portale e i pilastri rotondi sono separati da sei secoli, il che significa che tutti i le chiese della Francia, sia nuove che antiche, si fondono e si amalgamano nella chiesa madre di Notre Dame.
Dopo aver presentato Notre Dame nel suo contesto sociale, culturale e storico, il narratore colloca la cattedrale sullo sfondo della Parigi medievale. Il narratore insiste sul fatto che Parigi ha perso molto di più in bellezza di quanto non abbia guadagnato in dimensioni dal XV secolo. A quel tempo, la città aveva già superato tre mura concentriche e copriva un certo numero di isole. Divide la città in tre parti, La Cité, la Ville e l’Universitè. La Cité, l’isola densamente popolata della Senna, ha il maggior numero di chiese, tra cui Notre Dame, la Ville ha il maggior numero di palazzi, tra cui il Louvre e il municipio, e l’Université ha tutti i college, inclusa la Sorbona. Queste “città” apparentemente distinte formano il labirinto di strade e monumenti che componeva Parigi nel 1482. Tuttavia, il narratore si affretta a sottolineare che la Parigi gotica ha avuto una vita breve. Era appena stata completata, che il Rinascimento iniziò a demolire i suoi edifici per fare spazio. Questo “rinnovamento” ciclico ogni cinquant’anni ha lasciato Parigi senza uno stile distintivo e il narratore chiede al lettore di confrontare il futuro dell’intonaco di Parigi con le sue torri di marmo che svettano nel cielo della Parigi gotica. Si lamenta della morte della Parigi del suo tempo e rimanda il lettore indietro nel tempo alla città cantante, respirante e tremante del 1482.
Commento al terzo libro
Il profondo messaggio di Hugo sulla conservazione storica e l’importanza del passato risuona fortemente in questi due capitoli. Nel momento in cui Hugo scriveva, Notre Dame stava cadendo a pezzi e c’era pochissimo rispetto per la sua architettura. In effetti, nulla era stato fatto per riparare i danni subiti durante la Rivoluzione francese. Il movimento letterario romantico si impadronì della cattedrale come simbolo del glorioso passato cristiano della Francia. Ad esempio, nella famosa rappresentazione della Rivoluzione del 1830 di Eugène Delacroix, Libertà che guida il popolo, sullo sfondo si possono vedere le due torri di Notre Dame, che evocano la presenza mitica di Parigi. Hugo ammirò molto questo dipinto e si sforzò di rappresentare Notre Dame come il centro culturale e politico di Parigi. In Il gobbo di Notre Dame, Hugo descrive così la cattedrale come una “chimera” che rappresenta tutta la Francia. Il suo mix di stili architettonici e le cicatrici di epoche passate non sono opere di un individuo ma “opere sociali” e la “progenie della nazione”. Notre Dame è un simbolo dell’unità nazionale: il tempo ne è stato l’architetto e l’intero paese il suo muratore. Su sollecitazione dei romantici, i parigini arrivarono gradualmente a vedere Notre Dame come un monumento nazionale e un simbolo della Francia. Nel 1845 iniziò un massiccio programma di restauro di Notre Dame.
La presentazione di Parigi di Hugo arriva con un importante avvertimento: ogni parte della città può essere vista dalle torri di Notre Dame, riaffermando il suo posto come centro di Parigi. la cattedrale viene a rappresentare il “cuore gotico” di Parigi, un ricordo del suo passato splendente. Anche se la maggior parte di questo passato è stata spazzata via, Hugo paragona la città a una creatura vivente, che “parla”, “canta”, “respira” e “cresce” ogni giorno. Sostiene che Parigi è sull’orlo di un grande cambiamento che cancellerà per sempre il suo passato gotico. Evocando le divisioni Cité, Ville e Université del XV secolo, Hugo presenta ai lettori una versione di Parigi che potrebbero ancora riconoscere ma che sta rapidamente scomparendo. Infatti, entro vent’anni dalla pubblicazione de Il gobbo di Notre Dame, Napoleone III e il barone von Haussmann iniziarono un massiccio programma di ricostruzione in gran parte della città, demolendo i vecchi quartieri e allargando le strade in viali. Gli artisti che avevano abbracciato il movimento di Hugo per salvaguardare il passato rimasero inorriditi, mentre lo stesso Hugo si trasferì in esilio autoimposto.
Hugo fa di tutto per criticare i miglioramenti del “pasticcio urbanistico” di Parigi all’inizio del diciannovesimo secolo. Dichiara che la chiesa di Sainte-Genviève è una “torta di pietra” e ridicolizza l’architetto per aver creato una chiesa così abominevole, soprattutto rispetto a Notre Dame. Questa chiesa in seguito divenne il Pantheon, dove ora è sepolto Hugo. Per quanto ironica sia questa situazione, dimostra anche quanto sia stato venerato Hugo, in una misura che lui non è mai stato disposto ad accettare. Anche se lui aveva chiesto una sepoltura “tranquilla” e un funerale discreto, alla sua morte nel 1885, il governo francese dichiarò festa nazionale e fece sfilare il suo corpo per tutta Parigi prima di seppellirlo.
Quarto libro
Sedici anni prima degli eventi delle prime due sezioni, Quasimodo fu deposto dopo la messa a Notre Dame in un letto speciale per bambini abbandonati. L’orrore assoluto della folla per la bruttezza del bambino dissuade chiunque dall’adottare Quasimodo fino a quando un giovane prete lo avvolge nella sua tonaca e lo porta via. Uno spettatore sussurra che si dice che il prete, Claude Frollo, sia uno stregone. Per tutta la vita Frollo era stato destinato alla Chiesa. Fu sempre uno studente straordinario, eccellente in tutte le materie, in particolare filosofia e medicina. I suoi genitori morirono durante la peste del 1466 e Claude adottò suo fratello minore Jehan. Fino a questo punto della sua vita, Claude non aveva amato altro che i libri, ma poi scoprì che l’amore del fratellino era sufficiente a riempirgli il cuore per tutta la vita. Si dedicò completamente al fratellino e, di conseguenza, divenne ancora più devoto come sacerdote, diventando infine il più giovane cappellano di Notre Dame. Quando vide il brutto trovatello trascurato dalla folla beffarda, il cuore di Claude si sciolse dalla pietà, rendendosi conto che la stessa cosa sarebbe potuta accadere a Jehan.
La bruttezza del trovatello non fece che aumentare la compassione di Claude, che giurò di allevare questo ragazzo per amore di suo fratello, chiamandolo Quasimodo. Questo nome commemora il giorno in cui lo aveva trovato ed esprime l’incompletezza della figura del povero ragazzo. Tagliato fuori dal resto del mondo, Quasimodo vede Notre Dame come la sua casa, il suo paese e il suo universo. È naturalmente attratto dal set di campane sospese e da bambino inizia a dormire accanto a loro. Diventa incredibilmente forte e presto può facilmente scalare l’intera facciata della cattedrale. Ma è anche con un occhio solo, gobbo e zoppo. Dopo essere diventato il campanaro a quattordici anni, le sue amate campane lo rendono presto sordo e smette quasi totalmente di parlare, per evitare il ridicolo degli altri. Anche se Frollo cerca di istruire Quasimodo nel miglior modo possibile, lo stato d’animo di Quasimodo gli impedisce di apprendere, perché è prevenuto e generalmente sospettoso nei confronti dell’umanità. C’è tuttavia una logica “fatale” nella sua vita: era malizioso perché era selvaggio e selvaggio perché era brutto.
Tutto ciò che gli porta felicità sono le campane. Le ama teneramente, parla con loro, e le accarezza come fossero bambini. Come spiega il narratore, anche se le campane lo avevano assordato, spesso le madri sono più affezionate al bambino che ha causato loro più dolore. Chiama “Mary” la sua campana preferita e la compatisce sempre per i violenti rintocchi che deve subire. Quasimodo, infatti, si comporta come un animale selvatico quando suona le campane, i suoi occhi “lampeggiano di fuoco” e la bocca è schiumante di furia ed eccitazione perché l’intenso riverbero della luce era l’unica cosa che poteva penetrare nel silenzio della sua sordità.
L’unica persona che ha più potere su Quasimodo era Claude Frollo. Vede Frollo come un padre imperioso, che però gli ha insegnato tutto ciò che sa, e poi soprattutto gli ha fatto conoscere le sue amate campane. Non importa quanto duro e brusco e Frollo diventi con lui, Quasimodo al suo cospetto diventa il più “sottomesso degli schiavi”. Lo stesso Frollo diventa più riservato e cupo con il passare degli anni a causa dell’incapacità di suo fratello Jehan di seguire le sue orme. La sua dissolutezza mette in imbarazzo Claude, che si rivolge all’astrologia e all’alchimia per lenire il suo dolore. Comincia a nascondersi in una cella appartata della torre della cattedrale dove può praticare segretamente la magia nera. Le persone sospettano che sia uno stregone, e sono scioccate dal suo totale disprezzo per le donne (una volta Frollo si è perfino rifiutato di vedere la figlia del re.
Commento quarto libro
Quasimodo significa letteralmente “fatto a metà” e dimostra l’interesse del movimento romantico per la ” fisiognomica”. Cioè i romantici erano irrazionalmente convinti che l’ aspetto esteriore dettasse i tratti del carattere. Ad esempio, certi tratti del viso appartenevano a un certo “tipo”, e quel tipo corrispondeva a un determinato comportamento. Normalmente, più brutto è l’aspetto, peggiore è il comportamento. Il carattere di Quasimodo aderisce solo in parte a questa regola. Il suo nome “fatto a metà” richiama la sua figura deforme, e spiega il suo comportamento selvaggio e da bestia. Così Quasimodo è costantemente umiliato, ad esempio durante la straziante scena della tortura, ma in modo più sottile anche nella processione del Papa dei Matti della notte precedente. In realtà, però, Hugo rompe con l’uso romantico della fisiognomica, facendo di Quasimodo uno specchio del mondo malvagio che lo circonda, più che del suo animo. C’è una purezza fondamentale nel suo cuore, che è legata alla cattedrale stessa. In effetti, il suo amore per le campane di Notre Dame e il bellissimo suono del loro squillo rappresentano la sua unica forma di comunicazione. L’intera Parigi gode così ironicamente del “canto” di Quasimodo e allo stesso tempo lo detesta per la sua bruttezza. La sua anima è tutt’uno con l’architettura radiosa della cattedrale, qualcosa che il narratore sente mancare nel presente: “senti che c’è qualcosa che manca. Questo corpo immenso è vuoto… lo spirito è assente».
Hugo rompe ulteriormente con la rappresentazione stereotipata degli antagonisti del movimento romantico. L’arcidiacono Claude Frollo, infatti, non è un personaggio interamente malvagio, diretto a causare dolore e sofferenza. In effetti, è molto compassionevole. Ama teneramente suo fratello e fa tutto ciò che è in suo potere per renderlo felice dopo la morte dei suoi genitori. Estende la stessa pietà umana a Quasimodo, che cerca di plasmare in uno studioso proprio come suo fratello, insegnandogli a leggere e scrivere. Hugo spiega poi la discesa di Frollo nella magia nera, proprio attraverso la sua incapacità di allevare sia Jehan che Quasimodo. Jehan beve e scommette tutti i suoi soldi, trascurando completamente i suoi studi, mentre la sordità di Quasimodo rende praticamente impossibile insegnargli qualcosa. Il gobbo diventa così sia un simbolo di fallimento per Frollo, sia un potente strumento di vendetta per sfogare le sue frustrazioni nel mondo. La descrizione di Hugo della cella segreta di Frollo era molto probabilmente un tentativo di soddisfare l’interesse dei suoi lettori per la stregoneria. Hugo asseconda in parte le aspettative dei lettori, che si aspettavano l’alchimia come tema importante in un romanzo sul medioevo. In effetti, queste descrizioni servono più a dimostrare la follia di Frollo che a raccontare seriamente l’ascesa e la caduta della stregoneria.
Hugo usa questa sezione per creare un’interessante dualità tra i due “figli” adottivi di Frollo, Jehan e Quasimodo. Insieme, i loro tratti migliori formerebbero il bambino perfetto. La popolarità di Jehan, unita al senso di obbedienza di Quasimodo, avrebbe cambiato il corso della vita di Frollo e gli avrebbe impedito di impazzire. Tuttavia, i loro tratti peggiori hanno la meglio su di loro e, tra la bruttezza di Quasimodo e la dissolutezza morale di Jehan, essi simboleggiano il fallimento di Frollo come genitore e come persona. Ogni “figlio” rappresenta un errore diverso di Frollo e il casuale omicidio di Jehan da parte di Quasimodo, mentre difendeva La Esmeralda , prefigura anche l’autodistruzione di Frollo.
Quinto libro
Prima di descrivere il processo di Quasimodo. il narratore offre al lettore una digressione storica sull’ordinamento giuridico del medioevo. I tribunali erano diretti da prevosti nominati dal re. Ogni prevosto delegava l’autorità a un revisore dei conti, l’equivalente di un moderno pubblico ministero. A causa della totale mancanza di una forza di polizia e per via delle giurisdizioni contrastanti di diversi tribunali, alcuni addirittura gestiti dalla Chiesa, i procedimenti giudiziari medievali erano piuttosto caotici. Quasimodo non fa eccezione. Il suo attacco a Esmeralda e agli arcieri del re lo ha portato alla corte del Grand Chatelet, sotto la giurisdizione del giudice Florian Barbedienne. Anche Florian è sordo e la folla scoppia a ridere mentre tenta di interrogare Quasimodo. Nessuno dei due sa cosa sta dicendo l’altro. Florian presume che Quasimodo si stia comportando in modo sprezzante quando vede la folla ridere di lui. Diventa così irritato che ordina che Quasimodo sia torturato alla gogna. Quando finalmente qualcuno gli dice che Quasimodo è sordo, finge di sentire che Quasimodo ha fatto qualcos’altro per deriderlo e così lo condanna a una fustigazione extra.
In Place de Grève, dove Quasimodo sta per essere torturato, c’è un edificio metà gotico e metà romano, chiamato Tour Roland, che era diventato un luogo di ricovero per lebbrosi penitenti e vedove in cerca di rifugio dal mondo esterno. Il narratore ora si rivolge a un gruppo di donne che si dirigono al Tour Roland per portare una torta a Suor Gudule, una reclusa che ha trascorso gli ultimi diciotto anni della sua vita pregando in una cella di Tour Roland. Suor Gudule è famosa per odiare gli zingari, in particolare La Esmeralda . Una donna di Reims racconta la storia di Suor Gudule. Il suo vero nome è Paquette la Chantefleurie di Reims. Lei odia in particolare proprio gli zingari egiziani. Aveva sempre desiderato un figlio e quando aveva sedici anni aveva adottato una bambina abbandonata. La bambina la rendeva più felice di qualsiasi altra cosa al mondo. Aveva persino ricamato un paio di scarpe di raso degne di una principessa da far indossare alla sua bambina da grande. Un giorno, un gruppo itinerante di zingari arrivò in città per leggere il futuro. Mentre a Paquette gli zingari predicono che sua figlia un giorno sarebbe diventata una regina, altri zingari le rubano la sua bambina e la sostituiscono con un bambino orribilmente deforme con un occhio solo. Inorridita e convinta che gli egiziani abbiano mangiato il suo bambino, Paquette perde la testa e un giorno scompare. L’arcivescovo di Reims finisce per portare il mostro deforme a Notre Dame, perché sia adottato da chiunque sia disposto a prenderlo con sé.
Una volta arrivata alla Tour Roland, la donna di Reims aveva riconosciuto subito suor Gulude. I suoi lunghi capelli grigi e la carnagione rugosa mostrano a malapena che è viva, ma la donna di Reims è sicura di guardare in lei la prostituta Paquette la Chantefleurie. Suor Gudule non ammette la sua vera identità, ma si lamenta del baccano dei bambini che giocano, ed esorta le donne a nascondere i loro figli, altrimenti, se Esmeralda passa di lì, li avrebbe portati via. Le donne poi vedono una scarpa di raso sbrindellata distesa accanto a lei e gridano “Paquette la Chantefleurie!” La donna balza in piedi e inizia a maledire tutti i “ladri di bambini zingari”.
Non lontano da questa scena, Quasimodo viene attaccato alla gogna, un dispositivo di tortura medievale che stende il corpo su una rastrelliera. Proprio nel luogo in cui il giorno prima era stato orgogliosamente acclamato Papa dei Matti, ora subisce un violento stiramento e contrazione di ossa, quando la ruota inizia a girare e il carnefice incaricato inizia a frustarlo. Prima Quasimodo cerca di liberarsi, ma poi si scoraggia, accettando silenziosamente la sua punizione senza batter ciglio. Due assistenti gli lavano via il sangue dalla schiena e gli applicano unguento sulle ferite. Poi la folla inizia a scagliargli pietre, la maggior parte semplicemente irritata dalla sua bruttezza. Una pioggia di insulti si riversa su di lui, ma Quasimodo inizia a sorridere quando vede avvicinarsi l’arcidiacono Claude Frollo. Frollo però lascia Quasimodo alla sua sofferenza. Il gobbo comincia a chiedere l’acqua, ma riceve solo scherni dalla folla (quasi cristologica ripresa dal brano biblico della passione). Proprio in quel momento, appare Esmeralda e versa dell’acqua sulle labbra secche del torturato. Toccato dalla sua gentilezza e lacrimando dal suo unico occhio buono, Quasimodo si dimentica quasi di bere. Il torturatore poi lo rilascia e la folla si disperde.
Commento quinto libro
Sebbene Hugo elogi l’arte e l’architettura gotica, non si fa illusioni sulla giustizia e la tortura medievali. I giudici e i pubblici ministeri sono generalmente le stesse persone, che non hanno idea di cosa stanno facendo. I tribunali di solito sono più che disposti a mandare gli imputati alla gogna, solo per compiacere la folla. Il fatto che anche il giudice Florian sia sordo, non solo dimostra l’impossibilità per Quasimodo di sperare in un equo processo, ma dimostra anche che in realtà è solo la bruttezza di Quasimodo, e non la sua sordità, che gli impedisce di condurre una vita normale. Nessuno viene in suo aiuto durante il processo, nemmeno il suo fratellastro, Jehan. Questa scena conferisce anche una tragica legittimità alla continua umiliazione pubblica di Quasimodo. Finora lo avevano condannato per il suo aspetto solo singole persone, ora è tutta Parigi nel suo insieme che lo tortura “legalmente”, per il semplice fatto che è un “diverso”, un mostro. Hugo fa capire così che la giustizia medievale era sia cieca che sorda.
La scena della tortura è orribile non solo per l’interazione tra il torturatore e la sua vittima, ma per la complicità passiva dell’intera folla che guarda lo spettacolo. Proprio quando il sangue viene asciugato dalla schiena di Quasimodo, quasi speranza di un trattamento più umano, la folla ricomincia a torturarlo con le pietre. Anche Frollo gli volta le spalle, rifiutandosi di ammettere a se stesso che dovrebbe essere lui quello torturato al posto di Quasimodo. Il lettore non può fare a meno di provare simpatia per Quasimodo e perdonarlo per aver attaccato Esmeralda la sera prima (anche se stava solo seguendo gli ordini di Frollo). La stessa Esmeralda , infatti, lo perdona quando gli porta dell’acqua. Hugo castiga così l’ipocrisia della folla, per non parlare dell’arcidiacono Frollo, le cui credenze religiose dovrebbero incoraggiare l’empatia e il perdono compassionevole. Siamo pertanto stupiti che Esmeralda, zingara egiziana, unico personaggio non cristiano del romanzo, perdoni il suo stesso aggressore.
I colpi di scena di Hugo sono talvolta al limite della credibilità. In primo luogo, il lettore deve accettare l’improbabilità delle donne che vanno a vedere suor Gulude, poi raccontano la storia di Paquette la Chantefleurie, e infine scoprono che le due donne sono la stessa persona. È anche abbastanza chiaro che il bambino deforme, che viene lasciato dagli zingari e poi portato a Notre Dame, è Quasimodo. Inoltre, l’assoluta veemenza di suora Gulude nei confronti di Esmeralda e il fatto che lei e Quasimodo abbiano la stessa età, fanno intuire al lettore quanto verrà rivelato solo molto dopo, cioè che molto probabilmente Esmeralda è la figlia rapita di Paquette. Tutti gli orfani di Parigi stanno cercando i loro genitori, che li facciano uscire dalla miseria e dall’accattonaggio, mentre paradossalmente i loro genitori sono in realtà tragicamente vicini. Questo espediente della trama stabilisce anche una parentela non ufficiale tra Quasimodo e La Esmeralda . Il destino di lei è indissolubilmente legato a chi l’ha sostituita sin da quando era bambino.
Libro sesto – prima parte
Con un salto temporale si passa qualche mese dopo, a marzo. Il clima più mite permette a sempre più parigini di passeggiare per la città. In Place du Parvis, di fronte a Notre Dame, Febo de Chateaupers sta visitando un gruppo di giovani donne a casa di Fleur-de-Lys de Gondelaurier, una ricca aristocratica che vuole sposare l’affascinante giovane capitano. Le donne sono tutte innamorate di Febo, e, gelose del suo affetto, combattono per conquistarsi la sua attenzione. Una delle donne intravede Esmeralda che balla in piazza. Fleur-de-Lys è gelosa della bellezza di Esmeralda e fa finta di non vederla. Febo all’inizio non la nota, perché troppo impegnato respingere i sospetti che lui sia un dongiovanni e un impenitente seduttore di fronte alle accuse delle donne presenti. Fleur-de-Lys cerca di attirare la sua attenzione chiedendogli se la zingara che balla è la stessa donna che aveva salvato due mesi prima da “una dozzina di ladri”. Febo riconosce immediatamente Esmeralda dalla sua capra, Djali. Per un momento, notano tutte l’arcidiacono Claude Frollo che la guarda dall’alto di Notre Dame. Su una cosa sono tutte d’accordo, cioè sul fatto che detestano le egiziane (per l’invidia che suscita loro la bellissima Esmeralda).
La curiosità, però, ha la meglio sulle donne, che gridano a Esmeralda (chiamandola “Bambina!”) di venire dove sono sedute. Lei riconosce immediatamente Febo e tutto il sangue le scorre alle guance. Ma la sua bellezza sconvolge improvvisamente l'”equilibrio” tra le donne e ognuna si sente subito ferita, gelosa del suo bell’aspetto. Il narratore commenta che una goccia di vino è sufficiente per arrossare l’acqua, spiegando così con un’immagine il malumore che improvvisamente esse provano verso La Esmeralda . Cominciano così a prendere in giro i suoi vestiti, dicendole che la sua gonna è troppo corta e che le sue braccia sono indecentemente esposte. Questi insulti feriscono i suoi sentimenti, ma Esmeralda fissò gli occhi su Febo con uno sguardo di tenerezza. Phebus cerca di farla sentire meglio, ma poi Fleur-de-Lys chiede cosa ha Esmeralda in una borsa di pelle appesa al collo. Lei risponde che è un segreto, ma quando si distrae, Fleur-de-Lys apre la borsa e trova un mucchio di lettere d’amore di Febo alla zingara. Fleur-de-Lys è indignata dal fatto che Esmeralda sia una rivale in amore, la chiama strega e poi sviene. Esmeralda scappa e Febo la segue.
Frollo era stato nella sua cella segreta finché non aveva sentito il suono del tamburello di La Esmeralda . Si precipita in cima alla torre nord e con tutta Parigi ai suoi piedi si concentra esclusivamente sulla figura della zingara danzante. Dopo aver notato che anche Quasimodo la sta guardando, Frollo si precipita in piazza a cercarla. Quando lui arriva, lei se n’è andata. Con suo sgomento trova solo Pierre Gringoire in equilibrio su una sedia e un gatto sulla testa per la gioia di una folla che si è formata intorno a lui. Vede Frollo e lo segue di nuovo nella cattedrale. Frollo chiede di sapere dove è stato Gringoire negli ultimi due mesi e perché è in giro con la ballerina gitana. Gringoire gli racconta l’intera storia del suo “matrimonio” con La Esmeralda , spiegando che rimarrà casta fino a quando non troverà i suoi genitori. A Frollo non importa nulla della permanenza di Gringoire con i vagabondi e vuole sapere tutto su La Esmeralda . Gringoire gli dice che è venuta dall’Egitto attraverso l’Ungheria ed esaslta le doti della sua capretta. Gringoire mette in imbarazzo Frollo chiedendogli perché vuole sapere così tanto su di lei, si separano.
Commento sesto libro – prima parte
Notre Dame rimane il centro della Parigi medievale di Hugo. Frollo è in grado di guardare tutto ciò che accade nella piazza sotto la cattedrale. Il breve riferimento del narratore all’intera vista di Parigi visibile dalla cima della torre suggerisce anche che Frollo poteva vedere tutto ciò che voleva, rendendo la cattedrale stessa non solo un simbolo di moralità, ma anche un avvertimento per i parigini, che possono essere osservati dall’alto. Il narratore paragona il grande rosone nella parte anteriore della cattedrale con un gigantesco “occhio di ciclope” che osserva la gente che passa. Questo è anche un sottile riferimento a Quasimodo (che è spesso chiamato Ciclope). La sua stessa deturpazione rispecchia quindi le “amalgamazioni” architettoniche di Notre Dame, mentre allo stesso tempo rappresenta uno dei pochi sensi che gli sono rimasti, proprio come il rosone anteriore lascia entrare la luce nella cattedrale, l’unico occhio buono di Quasimodo è il suo unico modo di percepire il mondo esterno.
Il lettore apprende rapidamente che l’amore di Esmeralda per Febo è destinato ad essere frustrato. Ovviamente Febo ha preso l’abitudine di frequentare le prostitute ed è tanto volgare, che non fa quasi nulla per evitare di scandalizzare le donne benestanti che ha corteggiato. Ma proprio come nessuno può vedere oltre l’orribile aspetto esteriore di Quasimodo, nessuno è disposto a guardare nell’orribile natura nascosta di Febo. Vedono solo il suo bell’aspetto e lo ammirano perché è un soldato. Nel frattempo, l’antagonismo tra queste donne e Esmeralda rappresenta le differenze di classe nella società francese. Fleur-de-Lys è un’aristocratica, mentre le sue amiche provengono da famiglie borghesi; tutti rimarcano il loro ceto, per sottolineare la loro superiorità sociale ed economica su La Esmeralda . Le donne la vedono solo come un oggetto da guardare e non come una persona umanae. Così, quando vedono quale potere ha la sua bellezza su Febo, sono determinate a umiliarla.
Questa scena segna anche la prima volta che Frollo ha usato la sua identità di prete per un fine malvagio. Frollo è infatti dietro il tentativo di rapimento di Esmeralda da parte di Quasimodo, che avrebbe fatto qualsiasi cosa Frollo gli avesse chiesto. Ma quando Frollo finge di essere preoccupato per Gringoire, solo per imparare tutto ciò che può su La Esmeralda , fa il suo primo passo verso l’abbandono della sincerità religiosa e usa invece il suo abito sacerdotale per i propri fini malvagi. Hugo narra sia il decadimento morale di Frollo e l’ossessiva brama per La Esmeralda , sia la silenziosa passione di Quasimodo per lei. Tutti presumono che la sua tortura lo abbia portato a essere meno serio riguardo al suo ruolo di campanaro, ma in realtà è stata la presenza di un “rivale” a fargli trascurare le sue amate campane “per un oggetto più bello e amato”. Sebbene Quasimodo sia quasi completamente sparito dopo la scena della tortura, Hugo vuole far sapere al lettore che è costantemente attento a tutto quello che succede ad La Esmeralda , e la guarda attentamente dalle torri della cattedrale. Questo non solo prefigura il suo futuro tentativo di salvataggio, ma indica anche la misura in cui lo straordinario atto di gentilezza e perdono di Esmeralda ha sciolto il cuore di pietra di Quasimodo.
Sesto libro – seconda parte
Alla fine di marzo, Jehan Frollo si rende conto che non ha più soldi e decide di andare a Notre Dame per chiedere a suo fratello Claude abbastanza soldi per mangiare qualcosa. È sicuro che riceverà una severa lezione da suo fratello Arcidiacono, ma teme anche di non ricevere soldi. Un prete gli dice che Claude è nella sua cella e Jehan coglie l’occasione per vedere il nascondiglio segreto di suo fratello. Claude non sente entrare suo fratello e Jehan approfitta della situazione per spiarlo. Il narratore confronta la scena con un dipinto di Rembrandt del dottor Faustus, notando la presenza inquietante di teschi, globi, strane pergamene e iscrizioni magiche sulle pareti. Claude borbotta tra sé e sé in greco, latino ed ebraico, discutendo diversi aspetti dell’alchimia e cercando di evitare di pensare a Esmeralda.
Jehan chiude la porta e finge di essere appena entrato nella cella di suo fratello. Gli chiede soldi, ma Claude rifiuta, spiegando quanto sia esasperato dal fatto che Jehan litiga e beve invece di studiare. Jehan controbatte che studia e che studierà sempre di più, così riesce per l’ennesima volta a convincere suo fratello a pagarlo, mentre un collaboratore di Claude si avvicina e Jehan è costretto a nascondersi sotto un camino. È infatti il maestro Jacques Charmolue ad entrare nella cella, e inizia a discutere con Claude sulle leggi dell’alchimia e su come ricavare l’oro mediante trasformazioni. Jacques, però, ad un ceeto punto vede che Claude non gli sta prestando attenzione, ma sta invece guardando una mosca incastrata nella tela di un ragno. Improvvisamente un enorme ragno si precipita sulla preda e uccide la mosca. Prima che entrambi lascino la stanza, Claude avverte infine Jacques di non “immischiarsi nella fatalità”.
Mentre esce dalla cattedrale, Jehan si imbatte in Febo de Chateaupers. Sono vecchi amici e decidono di andare a bere insieme in una taverna locale. Non sanno che l’arcidiacono li sta seguendo, molto infastidito dal comportamento di Jehan e ancor più preoccupato che il suo amico sia lo stesso “Febo” di cui gli aveva parlato Pierre Gringoire. Infatti, Febo si vanta con Jehan di avere in programma di incontrare Esmeralda quella stessa notte. Allo scoccare delle sette, escono da un locale, Jehan inciampa nel fango, Febo va incontro alla ballerina gitana. Claude Frollo si nasconde in un mantello e segue Febo, invece di aiutare suo fratello. Presto Febo si accorge che qualcuno lo sta seguendo e proprio mentre si gira, coglie l’ombra di Frollo, che appare come un frate tutto incappucciato, che si insinua dietro di lui lungo un muro. Preoccupato per le voci che ha sentito di un monaco indemoniato che si aggira per le strade notturne di Parigi, Febo si gira per affrontare il suo inseguitore. Frollo non rivela la sua identità, ma interroga Febo sul suo incontro con Esmeralda. Così quel frate indemoniato afferra Febo e lo accusa di mentire. Stanno quasi litigando, ma Frollo è disposto a dare del denaro a Febo a condizione che possa verificare che Febo stia dicendo la verità sul suo incontro con la ballerina gitana.
Febo è d’accordo e i due entrano in una casa vicina. Proprio mentre Esmeralda entra in casa, Febo nasconde Frollo in una stanza attigua, che ha uno spioncino. Esmeralda pensa che loro due siano soli e dichiara il suo amore eterno a Febo. Lui, che in realtà non nutre un uguale sentimento, finge di amarla altrettanto. Febo quindi coglie ogni occasione per baciarla, mentre Frollo digrigna i denti nel buio. Esmeralda però è delusa quando Febo dichiara che non vuole sposarsi. Lei si rifiuta di fargli toccare il suo amuleto magico, sperando che un giorno l’aiuterà a trovare la madre perduta da tempo. A questo punto Febo la accusa di non amarlo più, ma lei impegna tutta la sua anima a Febo, giurando di fare qualsiasi cosa lui dica per il resto della sua vita. Improvvisamente, appare qualcuno dall’oscurità, e Esmeralda sviene proprio mentre vede un prete dall’aspetto malvagio pugnalare ripetutamente Febo. Quando si sveglia, sente gli ufficiali che si dicono l’un l’altro che una “maga” ha accoltellato il loro capitano.
Commento alla seconda parte del sesto libro
Il lettore, che, non dimentichiamolo, è un uomo della modernità, insieme a Jehan, riesce finalmente a sbirciare all’interno della cella segreta di Claude e scoprire quanto sia diventato matto e ossessionato dall’alchimia. Claude rimane sacerdote solo di nome, e per gli abiti che indossa. Ha rifiutato Dio e crede in una sola cosa: la fatalità. Il tema ricorrente della fatalità domina questa sezione, specialmente nella scena in cui Frollo osserva una mosca che viene catturata in una tela di ragno. Molti personaggi del romanzo non credono nel libero arbitrio. Ad esempio, quando Pierre Gringoire segue Esmeralda, “rinuncia al suo libero arbitrio” e accetta qualsiasi direzione lei scelga. Allo stesso modo, Frollo crede che tutte le azioni siano state predeterminate e che nulla possa impedirgli di catturare Esmeralda. Proprio come la mosca era destinata a rimanere intrappolata nella tela del ragno, pensa che sia destinata a cadere in una delle sue trappole. Usa quindi questo concetto di fatalità per giustificare le sue azioni, poiché nulla che lui o qualcun altro possa fare cambierà il futuro predeterminato. Come avverte al suo socio, non ci si dovrebbe mai “opporre alla fatalità”.
Hugo fa appello ai gusti letterari popolari dell’inizio del diciannovesimo secolo enfatizzando il tema della magia nera e del soprannaturale. Circondato da teschi e altri strumenti di stregoneria, Frollo è l’immagine stereotipata di un prete miscredente. I suoi tentativi di trasformare la vile materia in oro mostrano il suo abbandono del cristianesimo per l’eresia dell’alchimia, ma indicano anche quanto la sua ossessione per Esmeralda lo abbia portato lontano dalla realtà. In effetti, guardare Frollo borbottare tra sé e sé in diverse lingue e scrivere incantesimi sui muri non solo rappresenta una rinuncia a Dio, ma dimostra anche che non ha più nulla di umano. Inoltre, Frollo veste facilmente il ruolo mitico del “monaco-indemoniato”. Ci chiediamo se le voci su questo essere non riguardassero davvero Frollo da sempre. Continua persino a spiare Esmeralda nella sua cella, confermando la natura voyeuristica della loro relazione. Quando attacca Febo con una lamaa, la sua faccia verde e demoniaca sconvolge entrambi gli amanti e la sua scomparsa attraverso una finestra aperta che si affaccia sulla Senna lo fa sembrare più spettrale che mai.
Gli eventi soprannaturali in questa sezione sono tutti razionalmente spiegabili. Frollo non è proprio un demone e nessuna delle sue opere di stregoneria riesce. Ciò che rende spaventosi questi riferimenti è la stessa Parigi di notte, e i suoi vicoli più bui. Mentre Febo si gira per affrontare l’ombra inquietante che lo segue lungo una strada parigina nebbiosa e deserta, convinto fi essere inseguito da un diavolo, noi sappiamo che si tratta solo di Frollo. La suspense è amplificata dagli edifici circostanti e dalla sensazione spettrale che sembra emanare da tutte le direzioni. In effetti, la cella di Frollo e i suoi incantesimi magici non sortiscono alcun effetto pratico, ma nelle oscure fessure di Notre Dame acquisiscono una qualità stravagante e surreale che è fondamentalmente demoniaca. Scene come l’attentato a Febo potrebbero essere scioccanti per i lettori contemporanei di Hugo. La qualità spettrale e soprannaturale del personaggio di Frollo rende questa macabra scena di accoltellamento molto più facile da accettare.
Libro settimo – parte prima
Pierre Gringoire e gli altri vagabondi chiedono notizie di Esmeralda da più di un mese, senza trovarne traccia. Gringoire sente dire che è stata vista con un ufficiale ma non ci crede, anche se noi sappiamo essere vero. Un giorno sta passando davanti al Palazzo di Giustizia quando sente di una donna processata per aver ucciso un ufficiale degli arcieri del Re. Con suo orrore, scopre che è Esmeralda ad essere sotto processo e apprende anche che lei è sospettata di stregoneria. A questo punto Gringoire assiste al processo. Ascolta il proprietario della casa in cui è stato assassinato Febo de Chateaupers dare una testimonianza. Lui non è in grado di spiegare cosa sia successo, solo che Febo e uno “spettro in abito da prete” sono entrati per primi, seguiti dalla ragazza e dalla sua capra, Djali. Dopo aver sentito un urlo, alcune donne dicono di aver visto la figura del prete saltare nella Senna e nuotare verso la Cité.
Jacques Charmolue, che è il socio di Claude Frollo, è il pubblico ministero. Chiede alla corte di ricordare che è stato trovato un pugnale su Esmeralda e che lo “spettro” era molto probabilmente un demone dell’inferno che ha evocato per uccidere Febo. Dopo aver sentito la parola “Febo”, Esmeralda grida selvaggiamente e chiede dove sia. Charmolue risponde che Febo sta morendo e molto probabilmente non ce la farà a passare la notte. A peggiorare le cose, il giudice sospetta che anche la sua capra sia uno strumento di Satana e la porta in giudizio come una seconda prigioniera accusata. Il tribunale accusa la capra di essere posseduta dal diavolo. I magistrati cominciano a chiedere a Djali che ore sono e gli fanno scrivere “Febo” da un gruppo di lettere. Questi sono tutti trucchi che Esmeralda gli ha insegnato per le loro esibizioni di strada, ma in quel processo tutto sembra confermare l’accusa di stregoneria. Esmeralda si rifiuta di riconoscere che la sua capra è posseduta e poi si rifiuta di confessare di aver ucciso Febo. Charmolue prende in giro i suoi riferimenti a un “monaco-indemoniato” e chiede alla corte il permesso di torturarla.
Esmeralda viene portata in una stanza dall’ “aspetto sinistro”, piena di strumenti di tortura, come pinze e tenaglie. Charmolue le chiede di confessare in tre diverse occasioni e alla fine ordina a un “dottore” di allungare il corpo di Esmeralda in quattro direzioni diverse. Il suo dolore è immenso ma resiste ancora a confessare un crimine che non ha commesso. Urla il nome di Febo mentre il dolore diventa intollerabile e alla fine, quando richiudono il suo piede in uno stivaletto di tortura per storpiarglielo, implora pietà, confessando tutto ciò che il pubblico ministero le chiede. Quando Esmeralda torna in aula, Djali inizia a scimmiottare il giudice, ridicolizzandolo e fornendo un’ulteriore “prova” della stregoneria di Esmeralda. Il giudice così le condanna entrambe alla pubblica penitenza davanti a Notre Dame e poi all’impiccagione in Place de Grève. Per Esmeralda è tutto un tremendo incubo.
Imprigionata in una cella sotterranea molto buia, Esmeralda implora di rivedere presto il suo Febo, anche se morto. Lontana da qualsiasi fonte di luce, non ha idea di che giorno sia, e non riesce ancora a distinguere la realtà da quello che considera un vero e proprio incubo ad occhi aperti. Una goccia d’acqua costante che cade a intervalli uguali prima preoccupa la sua mente e poi inizia a farla impazzire. Improvvisamente appare un uomo, che afferma di essere un prete. Si scopre che si tratta di Frollo, ed Esmeralda è inorridita dal volto orribile del prete che l’ha tormentata per così tanto tempo e l’ha derubata del suo unico vero amore. Frollo prorompe in una confessione, sostenendo che l’ha sempre amata e che l’ha fatta accusare di omicidio in modo da poterla visitare privatamente in prigione. Frollo afferma inoltre di aver evitato tutte le donne fino a quando non ha posato gli occhi su di lei, e ha sentito la mano del destino dirigere il suo amore malato verso di lei. La implora di amarlo e si offre di salvarle la vita, spiegandole che non l’ha mai amata così tanto quanto ora, che la sua vita è in pericolo. Tuttavia lei si rifiuta persino di avvicinarsi a lui, urlando che non saranno mai insieme, nemmeno all’inferno. Invoca Febo, mentre Frollo si gira per andarsene, dicendo le parole “è morto”.
Commento Libro settimo – parte prima
Questa sezione riprende da dove il processo caotico e assurdo di Quasimodo si interrompe. Il giudice e il pubblico ministero sono più preoccupati di dare agli spettatori un bello spettacolo che di provare il presunto crimine di Esmeralda. La loro unica prova della colpevolezza di Esmeralda è lo strano comportamento della sua capra e l’insistenza della vecchia sul fatto che la moneta che Febo le diede in seguito si trasformò in una foglia. La corte ritiene che la tortura condurrà sempre alla verità e quindi non si rende conto che Esmeralda ammetterà qualsiasi cosa sotto un dolore così enorme. Hugo usa queste scene di aule di tribunale e di tortura ingiuste per riferirsi all’Inquisizione spagnola, che avveniva in contemporanea, anch’essa alla fine del XV secolo. A differenza di altri scrittori romantici francesi che lodavano il “passato cristiano” della Francia, Hugo condanna il medioevo per la sua ipocrisia religiosa. Il personaggio più benevolo, compassionevole e clemente è Esmeralda, che non crede nemmeno in Dio.
L’ossessione di Frollo per il destino culmina in questa sezione. Come sottolinea cupamente il narratore, il confronto di Frollo tra la mosca che viene catturata nella tela del ragno e il destino finale di Esmeralda si rivela accurato. Mentre lei è legata a un letto di pelle e allungata fino a quando le sue ossa iniziano a scricchiolare e deve chiedere pietà al torturatore, assomiglia molto a una mosca catturata nella tela di un ragno. Più tardi, quando Frollo le si avvicina nelle segrete del Palazzo di Giustizia, insiste sul fatto che non era mai stata sua intenzione innamorarsi di lei o farle del male in alcun modo, ma che “ha sentito la mano del Fato” su di lui. Quindi insiste sul fatto che “il destino si è dimostrato più potente di me … è stato il destino a catturarti e a gettarti tra i terribili ingranaggi della macchina che avevo segretamente costruito”. Hugo riconosce che il destino gioca un ruolo importante nel romanzo, ma secondo lui il libero arbitrio è sempre possibile. Al contrario, Hugo suggerisce che la totale fiducia di Frollo nella fatalità e la rinuncia al suo libero arbitrio sono ciò che gli permette di diventare una persona così orribile. L’implicazione è che dobbiamo tutti esercitare il nostro libero arbitrio per mantenere il nostro senso di moralità e decenza umana.
Nonostante l’intensa sofferenza di Esmeralda in questa sezione, lei non è esente da difetti, in particolare per la sua passione irragionevole per Febo. Lei non lo ama veramente come persona, ma è invece infatuata dal suo nome e dall’idea di un cavaliere dall’armatura scintillante. Per lei è più un simbolo di speranza che una persona reale. Il suo nome significa “il sole” in greco e lei arriva ad associare la luce al loro amore. È giusto che, per contrappasso, quando è imprigionata, sia immersa nel sottosuolo e nelle tenebre, l’esatto opposto del dio Sole. Anche se Febo risulta essere ancora vivo, Esmeralda crede che sia morto perché non riesce più a comprendere nulla. I suoi sogni eccessivi e l’infatuazione passiva per Febo sono in parte responsabili della sua prigionia ed esecuzione.
Libro settimo – parte seconda
Mentre Esmeralda viene torturata dai suoi aguzzini e poi da Claude Frollo, suor Gudule subisce una tortura tutta sua. Invece di ricordarle la sua bambina che giocava, la scarpetta ricamata che porta in giro è uno “strumento di tortura”. Una mattina, il suo dolore è ancora più violento del solito, e lei si lamenta per la scomparsa della sua bambina di tanti anni prima. Grida a Dio, chiedendo perché ha permesso che sua figlia fosse portata via e implorando il suo ritorno. Afferma che le sue ginocchia sono state scorticate per aver implorato in ginocchio il ritorno di sua figlia per quindici anni. Il narratore commenta che un dolore come il suo non invecchia mai: anche se il tessuto della sua sofferenza si è logorato e ha perso il colore, il suo cuore rimane nero per sempre. Improvvisamente, sente trambusto per le strade e scopre che Esmeralda sarà impiccata. Suor Gudule contentissima balza verso Place de Grève come un ragno verso la sua rete, senza sapere cioè che non avrà nulla da gioire per quella esecuzione.
Nel frattempo, Febo si è completamente ripreso dalle sue ferite anche se erano state così gravi che nessuno pensava che sarebbe sopravvissuto. In effetti, Frollo credeva davvero a quello che stava dicendo quando aveva detto a Esmeralda che Febo era morto. Febo, da parte sua, era così imbarazzato per le circostanze di un attacco in cui lui, ufficiale, era stato vinto da un prete, che non ne parla con nessuno. Poiché non c’erano giornali e le notizie viaggiavano così lentamente e irregolarmente in quel momento, nessuno che conosce Febo sospetta che sia stato proprio lui l’apparente vittima dell’omicidio nel processo di Esmeralda. Dopo una lunga assenza da Parigi, torna in città, determinato a fare di Fleur-de-Lys sua moglie. Le dichiara il suo amore eterno e la definisce la donna più bella del mondo.
Mentre discutono dei loro piani di matrimonio, una grande folla si raduna davanti a Notre Dame. Febo chiede a Fleur-de-Lys cosa sta succedendo e lei gli dice che una strega sta per essere giustiziata. Nessuno può ricordare quale fosse il suo crimine, dal momento che così tante streghe erano state giustiziate di recente. All’improvviso, Febo riconosce Esmeralda e diventa pallido. Fleur-de-Lys è ancora gelosa di lei e chiede a Febo di starne fuori e guardare la sua pubblica umiliazione da lontano. Febo, però, la trova ancora incredibilmente bella; anche con le guance incavate, ha una figura sublime. Il narratore osserva che, nonostante gli scherni della folla, molti popolani erano commossi fino alle lacrime per la sua bellezza così martoriata. Esmeralda inizia a sussurrare la parola “Febo” sottovoce e guardando lontano si rende conto che in realtà lui è vivo, e la sta guardando dritto negli occhi. Lei gli urla selvaggiamente ed è scioccata nel vederlo accigliarsi senza avanzare verso di lei, anzi tornare nella casa di Fleur-de-Lys.
Esmeralda si rende conto di essere stata ingiustamente condannata a morte. Comincia a svenire. I carnefici la legano di nuovo e la portano a Place de Grève. Nel frattempo, Quasimodo, che ha seguito l’intera scena, lega una corda a una delle statue lungo la facciata di Notre Dame. Lanciandosi nel vuoto, abbatte due guardie e corre come un fulmine verso la cattedrale con Esmeralda che penzola sulla sua spalla robusta. Quando arriva all’ingresso, grida “Asilo! Diritto di asilo!” e la folla lo acclama, rispondendo al grido di ” Diritto di asilo!” La legge medievale stabiliva che Notre Dame, così come altre chiese e conventi, fosse un luogo di rifugio dalla legge. Esmeralda non poteva essere danneggiata dai carnefici fintanto che rimaneva all’interno delle sue mura.
Commento alla parte seconda del Libro settimo
Hugo si impegna a scrivere con grande precisione storica. A un certo punto di questa sezione, il narratore spera di “meritare il carattere di uno storico fedele”. La scappatoia del “diritto di asilo”, ad esempio, era una pratica comune nel Medioevo. La Chiesa era considerata esentata dalla giustizia nella società medievale francese fino alla Rivoluzione francese. Le terre e le proprietà del clero erano vaste e sotto la indiscutibile e completa giurisdizione della Chiesa. Le persone condannate per crimini dalla giustizia dello stato potevano chiedere asilo ed essere salvate da chiese che le proteggessero da ulteriori procedimenti giudiziari o esecuzioni, ma solo fintanto che rimanevano all’interno delle mura della chiesa. Come osserva il narratore, molti criminali che rivendicavano il diritto di asilo invecchiarono e morirono senza mai più lasciare la loro chiesa.
Esmeralda non viene giustiziata davanti a Notre Dame poiché le impiccagioni avvenivano sempre in Place de Grève. L’impiccagione corrispondeva a una “pubblica umiliazione”. Il paragone della corda con un serpente da parte del narratore ricorda l’attrazione di Frollo per l’immagine di un serpente che si morde la coda. È particolarmente ironico che l’impiccagione di Esmeralda debba avvenire nello stesso punto in cui lei ballava per soldi. Esmeralda rimane un oggetto da guardare e non è mai considerata una persona reale dalla folla. La sua mancanza d’identità individuale si riflette nell’ampia varietà di nomi che le vengono dati: “Esmeralda”, “la boema”, “l’egiziana” e “la zingara”. Anche il suo vero nome, Agnes, è un nome adottivo datole da suor Gudule. Questi nomi diversi aggiungono un mistero romantico al suo personaggio ed evidenziano un fallimento da parte di Hugo nel descrivere il suo protagonista femminile come persona reale, piuttosto che come oggetto di attenzione maschile.
Proprio come la bellezza di Esmeralda tira fuori il peggio in Frollo, la sua compassione e il suo cuore gentile tirano fuori il meglio in Quasimodo. Per la prima volta nella sua vita, lui è veramente “bello” nei panni del coraggioso eroe che salva una donna in difficoltà. Al contrario della scena iniziale del romanzo in cui Quasimodo è solo apparentemente protagonista, in realtà oggetto di scherno nella parata del Papa dei Matti, qui è un vero eroe. La folla ripete le sue grida di “Diritto di asilo”, approvando non solo le azioni di Quasimodo, ma lui come persona. Questa scena gli permette di dimostrare la sua bellezza interiore al mondo esterno, mentre il presunto coraggioso e bello Febo finge di non vedere Esmeralda, perché ha paura di fare brutta figura. Tutte le azioni pubbliche di Quasimodo hanno una qualità drammatica e teatrale. Dalla processione del Papa dei Matti all’inchino davanti alla folla sbalordita con Esmeralda sulle sue spalle, Quasimodo è sempre consapevole che le persone fissano la sua bruttezza e approfitta di quell’attenzione.
Libro ottavo
La narrazione si ricongiunge a Claude Frollo che, incapace di rimanere a guardare la morte di Esmeralda, è scappato sulle colline circostanti del quartiere dell’Université. Non si rende conto che Esmeralda è ancora viva. Lasciato a se stesso, Frollo guarda chiaramente nelle pieghe della sua anima. È inorridito per essere stato responsabile della morte della donna che ama, mentre Febo, l’unica persona che ha cercato di uccidere, è ancora viva. Tuttavia, non si sente ancora in colpa e scoppia in una risata satanica. È diventato un demone, scappato dalla natura, da Dio, dalla scienza e da tutto ciò in cui un tempo credeva. Si tuffa nella follia, convinto che gli scheletri lo stiano seguendo. Guarda lontano, e intravede in una finestra suo fratello, Jehan, con una prostituta. Inorridito, torna di corsa a Notre Dame, e gli sembra di vedere il fantasma di Esmeralda, senza rendersi conto che è ancora viva.
Esmeralda è inorridita nel vedere Quasimodo che la fissa quando riprende conoscenza. Capisce presto che l’ha salvata, ma non riesce a capire perché. Le porta cibo e vestiti e viene a guardarla mentre dorme. La sua presenza all’inizio la spaventa. Quasimodo, del resto, è titubante, e spiega che “il gufo non dovrebbe mai entrare nel nido dell’allodola”. Ma lui resta e allora i due si contemplano in silenzio, lui vede in lei solo bellezza, e lei vede in lui solo bruttezza. Presto stabiliscono alcune regole di vita, e Esmeralda si abitua ad avere Quasimodo vicino. Anche se è sordo, lui non è mai lontano, soprattutto quando lei canta melodie tristi. Quasimodo la chiama “goccia di rugiada” e “raggio di sole” e promette di proteggerla. Lei comincia a compatirlo e formano un’amicizia comunque complessa.
Esmeralda può ancora pensare solo a Febo. Anche se sa che è ancora vivo e che è stata condannata all’impiccagione per averlo ucciso, non lo biasima per non essersi fatto avanti. Il suo amore è così profondo che incolpa se stessa per la sua disgrazia, decidendo che è stata colpa sua se ha confessato. Un giorno lo vede dall’altra parte della piazza e gli urla. Febo non la sente e Quasimodo si offre di andare a prenderlo. Il gobbo aspetta tutto il giorno davanti alla casa di Fleur-de-Lys, senza rendersi conto che lei e Febo stanno per sposarsi. Quando Febo finalmente esce, Quasimodo gli chiede di venire a vedere Esmeralda. Febo non sapeva che era scappata e, credendola morta, dice che non lo seguirà, anzi invita Quasimodo ad andarsene, perché non gli crede. Quasimodo non capisce. Tuttavia, poiché fuori era buio e Esmeralda non ha visto cosa è successo, le dice che non è riuscito a trovare Febo, e questo getta lei nella disperazione più cupa.
Frollo non sa cosa fare quando scopre che Esmeralda è ancora viva. Dapprima si ammala, poi inizia a spiare lei e Quasimodo. Diventa persino geloso del gobbo, immaginando che i due siano diventati amanti. Frollo infine trova la chiave della sua stanza e una notte le si avvicina di soppiatto mentre dorme. Lei si sveglia con la sua faccia demoniaca china su di lei e grida. Frollo la implora di amarlo. Quando lei rifiuta, lui la afferra e le si arrampica sopra. Esmeralda trova un fischietto che Quasimodo le ha dato. Lo soffia e il gobbo arriva in pochi secondi. Poiché il buio era fittissimo, Quasimodo afferra Frollo per il collo e inizia a soffocarlo senza rendersi conto di chi sia. Improvvisamente, la luna fece capolino tra le nuvole e Quasimodo vide che sta soffocando il suo padrone. Il gobbo lascia subito andare Frollo. Frollo prende a calci Quasimodo e si precipita fuori dalla cella, mormorando tra sé: “Nessuno l’avrà!”
Commento al libro ottavo
La descrizione di Hugo dei diversi distretti che componevano Parigi nel 1482 fa da sfondo a questa sezione, mentre Frollo si aggira per il quartiere dell’Université. Oggi conosciuto come la Rive Gauche, questo quartiere era scarsamente popolato nel Medioevo. Frollo è in gran parte abbandonato a se stesso, vaga tra pascoli e piccoli appezzamenti di fattoria. Hugo utilizza questo ambiente idilliaco sia per scopi storici che stilistici. Hugo descrive con attenzione la rapida urbanizzazione di Parigi dal 1750. L’idea dei prati erbosi e delle fattorie a Parigi sarebbe risultata inverosimile ai parigini negli anni ’30 dell’Ottocento. Questa ambientazione rafforza il fulcro storico del romanzo, facendo capire ai lettori negli anni ’30 dell’Ottocento quanto la recente rivoluzione industriale avesse trasformato Parigi in una città manifatturiera in piena espansione. L’ambientazione pastorale evoca anche la solitudine assoluta di Frollo. Mentre strappa l’erba e profana gli alberi, prende le distanze da tutto ciò che è umano. Ironia della sorte, ovunque vada Quasimodo, la posizione elevata del quartiere dell’Université permette di tenere sempre d’occhio Notre Dame, dimostrando come davvero la cattedrale sia il centro geografico e morale della città. Frollo non può sfuggire a questo simbolo di fede e compassione, che gli ricorda acutamente che ha perso ogni rispetto per l’umanità.
Hugo presenta l’amicizia di Quasimodo e Esmeralda come una meditazione sul significato della bellezza. Seduti insieme nella stessa stanza, si trovano ai lati completamente opposti dello “spettro della bellezza”. La donna più bella di Parigi deve guardare l’uomo più brutto di Parigi, meditando sul fatto che la bellezza sta dentro di sé. Non importa quanto sia gentile e generoso Quasimodo con Esmeralda. Lei non può fare a meno di indietreggiare inorridita ogni volta che lo guarda. In questo senso, la sua reclusione a Notre Dame non solo la isola dal mondo esterno, ma la esclude anche dagli standard e dai pregiudizi prevalenti per cui si giudicano le persone in base al loro aspetto. Ogni volta che guarda oltre le mura della cattedrale nella città, però, le sue vecchie concezioni di bellezza ritornano. Ad esempio, quando vede Febo dall’altra parte della piazza, gli grida dietro e dichiara di amarlo più che mai, anche se morirà a causa della sua codardia e stupidità. I suoi sentimenti non si basano su ciò che Febo ha detto o fatto, ma solo sul suo aspetto. Quando preferisce Febo a Quasimodo, il gobbo realizza tristemente cosa significa amare qualcuno nel mondo reale: “Ah! Capisco. Uno deve essere solo bello fuori”.
Alla fine, la caduta di Quasimodo non è dovuta alla sua bruttezza, ma alla sua incapacità di sentire. Quando aspetta davanti alla casa di Fleur-de-Lys per un giorno intero, non riesce a sentire i suoni di una festa di matrimonio che si svolge all’interno. Quindi non si rende conto di cosa stia facendo Febo lì, e non riesce a cogliere l’urgenza della situazione. Quando finalmente affronta Febo, può solo indovinare cosa sta dicendo Febo e presume che non voglia vedere Esmeralda. Infatti Febo pensa che lei sia morta e che Quasimodo stia cercando di ingannarlo. Più tardi, quando Frollo attacca Esmeralda, Quasimodo non riesce a sentire Frollo implorare pietà mentre lo soffoca. Solo un’improvvisa esplosione di luce lunare salva la vita di Frollo. Quest’ultima scena rappresenta l’ultimo dilemma di Quasimodo. Il gobbo si trova davanti a un bivio: lui deve la sua vita a Frollo, ma deve la sua anima a Esmeralda.
Nono libro
Claude Frollo incontra Pierre Gringoire per strada, e gli dice che il Parlamento ha decretato che Esmeralda sia rapita con la forza da Notre Dame e impiccata entro tre giorni. A Gringoire, all’inizio, non sembra importare molto, esclamando che gli mancherà la sua capra, Djali. Frollo ricorda a Gringoire che Esmeralda gli ha salvato la vita e che tecnicamente loro due erano sposati prima che lei fosse arrestata. Gringoire è ancora riluttante a rischiare la vita per salvarla, e dichiara che l’ultima cosa che vuole è essere impiccato. Frollo quindi cerca di persuaderlo con argomenti filosofici e stavolta convince Gringoire ad accettare che uno come lui dovrebbe morire così come si è vissuto. Gringoire si illude allora di essere predestinato a morire salvando Esmeralda e corre a chiedere aiuto agli altri vagabondi. Frollo si imbatte quindi in suo fratello, Jehan, che afferma di essersi pentito di essere uno studente così incostante e si rammarica di non aver ascoltato i consigli e gli avvertimenti di suo fratello in precedenza nella vita. Quindi chiede soldi a Claude e, quando Claude rifiuta, Jehan scappa, dichiarando di aver deciso di unirsi ai vagabondi.
Jehan ha ben pochi problemi a convincere i vagabondi a lasciarlo entrare nei loro ranghi. Tutti sono impegnati a preparare un assalto a Notre Dame per salvare Esmeralda e quando Jehan gli dice che sa come muoversi per la cattedrale, lo accettano con entusiasmo. I vagabondi, guidati dal loro “Re”, Clopin Trouillefou, dichiarano che Esmeralda è loro sorella e che non la lasceranno morire. Gringoire informa Clopin che Luigi XI è presumibilmente a Parigi, il che rende i vagabondi ancora più entusiasti della prospettiva di salvare Esmeralda davanti agli occhi del re di Francia. Suonano le campane di mezzanotte e un folto gruppo di vagabondi, composto da uomini, donne e bambini, si avvia al buio verso Notre Dame. Nel frattempo, Quasimodo sta perlustrando le strade di Parigi dall’alto della cattedrale. Guardando verso la Senna, vede una strana sagoma nera che si muove lungo la riva del fiume. A poco a poco distingue una processione di vagabondi armati diretti direttamente a Notre Dame. Ricordando le voci secondo cui la vita di Esmeralda è in pericolo, Quasimodo pensa che i vagabondi cercheranno di ucciderla e fa piani per difendere a tutti i costi la cattedrale dall’imminente assalto.
Prima di condurre i vagabondi in battaglia, Clopin grida che sono venuti a salvare Esmeralda e che non accetteranno un no come risposta. Sfortunatamente, Quasimodo non riesce a sentirli e presume che siano venuti per uccidere Esmeralda. I vagabondi iniziano a segare e martellare la porta d’ingresso della cattedrale, cercando disperatamente di aprirla con un martello. Allora Quasimodo decide di difendere Notre Dame da solo. Afferra una grande trave di legno dal campanile e la lancia giù dalla torre, schiacciando e uccidendo un gran numero di vagabondi sottostanti. Questo improvviso contrattacco spaventa metà delle truppe di Clopin e Quasimodo pensa di aver difeso con successo la cattedrale. Ma i restanti vagabondi, intenti a depredare la cattedrale, raccolgono la trave e iniziano ad usarla come ariete contro il portone d’ingresso. Nonostante l’involucro di ferro attorno alla porta, il portone inizia gradualmente a rompersi. Quasimodo poi trova dei rotoli di piombo, li scioglie e poi li versa nelle grondaie che di conseguenza sputano piombo caldo fuso sui vagabondi. La maggior parte di loro brucia viva sotto la pioggia di piombo. Jehan è uno dei pochi vagabondi rimasti e cerca di salire una scala che porta a un ingresso laterale. Quasimodo spinge indietro la scala e afferra Jehan per le gambe. Fa oscillare Jehan contro un muro, schiacciandogli il cranio e poi lo getta a terra fino alla morte. I vagabondi sono indignati. Cominciano a salire sulla facciata della cattedrale e Quasimodo teme di essere presto sopraffatto.
Nel frattempo, Luigi XI, il re di Francia, ha monitorato la situazione. È un vecchio e amaro monarca che ha una cattiva reputazione tra la gente. Gringoire viene portato da lui come prigioniero e implora pietà, ricordando al re che la clemenza è una nobile virtù. Luigi accetta di lasciarlo andare, ma solo a condizione che li aiuti a appendere la “strega”. Di ritorno a Notre Dame, Quasimodo sta per arrendersi quando Febo de Chateaupers e gli Arcieri del Re arrivano e “salvano” la situazione, nel senso che eliminano i vagabondi sopravvissuti e prendono d’assalto la cattedrale per arrestare Esmeralda. Quasimodo pensa che siano venuti a salvarla e corre nella sua cella per portarle la buona notizia. Con suo orrore, lei non si trova più da nessuna parte.
Commento al libro nono
L’assalto dei vagabondi è un’emozionante scena di battaglia, un intermezzo comico e un conflitto di classe allo stesso tempo. I vagabondi si immaginano un esercito quando non hanno assolutamente idea di cosa stanno facendo. Tutti professano una sincera devozione a Esmeralda, ma in realtà sono solo motivati dall’idea di rubare tutto l’argento e l’oro di Notre Dame. Tuttavia, mentre si preparano a marciare, Clopin lopin dichiara: “Il popolo è incompatibile con la nobiltà”. Questa sottile ma potente dichiarazione di intenti aggiunge una dimensione storica extra al loro attacco. Hugo fu profondamente segnato dalle differenze di classe che misero in moto la Rivoluzione francese del 1789. La discordia tra Clero, Nobiltà e Terzo Stato (o classe media di artigiani, artigiani e intellettuali) rovesciò la monarchia e istituì un governo repubblicano che non riconosceva più i privilegi speciali dell’aristocrazia e della Chiesa. Scrivendo durante la Rivoluzione del luglio 1830, Hugo era più che mai consapevole delle divisioni di classe. Di conseguenza, l’assalto dei vagabondi a Notre Dame rappresenta un esempio di prefigurazione storica che ricorderebbe ai lettori contemporanei di Hugo l’assalto alla Bastiglia del 1789. Il fatto che Luigi XI si trovi alla Bastiglia nello stesso momento dell’attacco dei vagabondi sottolinea ulteriormente questa analogia.
Hugo fa una digressione e fornisce al lettore uno sfondo più storico sul Medioevo. Spiega la decisione dei vagabondi di attaccare Notre Dame sottolineando che tali assalti violenti erano comuni durante il Medioevo perché non c’erano forze di polizia. Parigi era gestita con un sistema feudale, il che significa che non esisteva una forza pubblica. Parigi era un insieme di mille signorie che si dividevano e suddividevano la città in mille “compartimenti” diversi, risultando in mille truppe disomogenee, ciascuna con programmi e alleanze diverse. Ad esempio, solo nelle terre della Chiesa, vescovi e sacerdoti hanno giurisdizione su un determinato numero di strade che si trovavano in giurisdizioni diverse da quelle controllate dal re e dai suoi vassalli. Luigi XI tentò di abolire il sistema feudale e di imporre il coprifuoco, ma il risultato fu così confuso che nessuno era sicuro di quale “orologio” o “controorologio” fosse legittimo. Questa digressione aggiunge quindi legittimità storica alla descrizione di Hugo dell’attacco dei vagabondi.
Quasimodo dimostra la sua affinità fisica e spirituale con Notre Dame durante l’attacco. È l’unico difensore della cattedrale, ma sa esattamente cosa fare. L’architettura di Notre Dame diventa un’estensione del corpo stesso del gobbo, poiché la trave e i beccucci del gargoyle rappresentano tutte le parti della cattedrale che Quasimodo sa usare con la massima precisione. Difende bene Notre Dame perché è casa sua, ed è tragicamente ignaro che sta uccidendo proprio le uniche persone di cui avrabbe potuto fidarsi per salvare Esmeralda. L’orribile violenza di questa scena culmina con la macabra morte di Jehan. Il narratore paragona il suono della testa di Jehan che sbatte contro il muro a una “cocco schiacciato”. La sua tragica e cruenta morte prefigura la scomparsa di Claude Frollo. Jehan era stata l’unica ragione di vita di Frollo ed è doppiamente tragico che il suo secondo “figlio adottivo”, Quasimodo, uccida il fratellastro. È l’amore di Quasimodo per Esmeralda che lo porta a questa violenza.
Libro decimo
Durante l’assedio di Notre Dame da parte dei vagabondi, Esmeralda si sveglia con urla di morte e distruzione, convinta che una sedizione popolare sia arrivata per portarla al patibolo. È estremamente superstiziosa e l’agghiacciante architettura gotica e gli spaventosi gargoyle della cattedrale risuonano dell’urlo dei vagabondi che muoiono e decide di scappare. Proprio mentre sta per lasciare la cattedrale, incontra Pierre Gringoire e un misterioso sconosciuto. I due si offrono di salvarla e lei è d’accordo, così salgono su una barca vicina e iniziano a galleggiare lungo la Senna. Mentre passano davanti a Notre Dame, Esmeralda può sentire il suono degli arcieri del re che cantano “Morte alla strega!” e sviene al pensiero che così tante persone la vogliano morta. Quando si rianima, la barca ha attraccato ma proprio vicino a Place de Grève, la piazza pubblica dove verrà giustiziata. Con suo orrore, Esmeralda scopre che Gringoire se n’è andato e il misterioso sconosciuto non è altro che Claude Frollo. Ancora una volta, lui la implora di amarlo e lei si rifiuta con veemenza di avvicinarsi a lui. Frollo le offre una scelta: lei deve partire con lui o essere consegnata alle autorità. Esmeralda preferisce però essere giustiziata.
Frollo pensa di aver escogitato il piano perfetto. Prima di tornare di corsa a Notre Dame, lascia Esmeralda con suor Gudule. Non riesce a pensare a qualcuno che la odi più di Suor Gudule e se ne va, fiducioso che consegnerà Esmeralda ai carnefici che sono stati convocati. Gudule inizia a urlare contro Esmeralda, chiedendo di sapere perché sua figlia è stata mangiata da zingari come lei tanti anni fa. Esmeralda dice che è dispiaciuta per lei e implora Gudule di lasciarla andare, dicendole che non ha mai fatto nulla per ferirla. Gudule la chiama assassina e calza a Esmeralda la scarpetta di raso che aveva fatto per la sua bambina prima di essere rapita. Esmeralda è scioccata. Infila una mano nella sua borsa e tira fuori la stessa identica scarpa. I due si fissano e poi gridano di gioia. Sono madre e figlia! Riunite e sopraffatte dall’emozione, piangono ed esprimono incredulità di essersi finalmente trovati.
Proprio in quel momento, i soldati del re vengono a raccogliere Esmeralda e portarla al patibolo. Suor Gudule grida inorridita alla prospettiva di aver cercato sua figlia per quindici anni solo per trovarla poco prima della sua esecuzione. Spinge Esmeralda nella sua cella ed esclama ai soldati che Esmeralda si è liberata ed è scappata. I soldati sono molto sospettosi di lei e controllano per vedere da che parte è andata Esmeralda. Non trovano traccia di lei e sospettano che Gudule stia mentendo. Un soldato ricorda al suo capitano che Gudule è famosa per odiare gli zingari e sicuramente non avrebbe mai protetto Esmeralda. Proprio quando stanno per partire, Febo passa e alcuni soldati gridano il suo nome. Esmeralda salta fuori dal nascondiglio gridando a Febo di aiutarla. Febo non sente Esmeralda ma i soldati sì, la afferrano e iniziano a trascinarla verso il patibolo. Suor Gudule inizia a urlare, implorandoli di non uccidere sua figlia. I soldati sono dispiaciuti per lei, ma spiegano che Luigi XI vuole la sua morte e che sono tenuti a consegnarla al boia. Gudule fa un ultimo sforzo per proteggere sua figlia, graffiando e artigliando i soldati come un animale selvatico. Mentre si avvicinano al patibolo, si fa avanti Jacques Charmolue, lo stesso uomo che l’ha torturata. Gudule si lancia in avanti e gli morde la mano, ma è troppo tardi. È tutto inutile!
Di ritorno a Notre Dame, Quasimodo, che ha cercato disperatamente Esmeralda, corre in cima alla torre nord. Spera che la vista di Parigi gliela riveli da qualche parte in città. È sbalordito nel vedere Frollo lì, che guarda verso Place de Grève. Guardando in lontananza, vede la figura di Esmeralda in un abito bianco appesa al patibolo. Grida disperato e afferra Frollo per il collo. Tenendolo in aria, Quasimodo sospira di dolore e poi getta Frollo verso la morte. Guardando Esmeralda sospesa in lontananza e il cadavere scomposto di Frollo in basso, Quasimodo grida: “Qui c’è tutto ciò che ho sempre amato!” Quasimodo non fu mai più visto. Anni dopo, quando un becchino si imbatte nei resti di Esmeralda, trova lo scheletro di un gobbo arrotolato intorno a lei.
Commento alla conclusione del libro
Riunendo Suor Gudule ed Esmeralda, Hugo suggerisce che c’è speranza per i bambini orfani nella società francese e che il legame di amore e famiglia è più forte dell’odio, e della sfortuna. Anche se c’è molta violenza e sofferenza nel romanzo, Hugo usa questa scena per evocare un messaggio di unità familiare. Anche se tutti i personaggi principali del romanzo sono orfani, Hugo suggerisce che sono tutti imparentati attraverso la loro umanità infelice. Ad esempio:
- Jehan e Quasimodo sono fratellastri
- La piccola Esmeralda è stata sostituita da Quasimodo quando è stata rapita quindici anni prima.
Non importa quanto siano diversi o quanto si odino, i personaggi principali del romanzo sono tutti imparentati in una forma o nell’altra. Questa interrelazione rende Frollo un personaggio non del tutto negativo. Per esempio, adotta prontamente Jehan e Quasimodo come suoi figli e dedica con disinteresse tutta la sua vita a loro. Il suo rifiuto di Dio e la follia derivano entrambi dai suoi “fallimenti familiari”, poiché Jehan è un ubriacone e Quasimodo è sordo. La tragedia del romanzo è quindi la distruzione di una famiglia, che rappresenta il crollo del sistema feudale e, in definitiva, della monarchia.
L’ossessione di Frollo per il destino raggiunge il suo compimento alla fine del romanzo. Come sottolinea tristemente il narratore, il confronto di Frollo tra la mosca che viene catturata nella tela del ragno e il destino finale di Esmeralda si rivela vero. Anche quando suor Gudule cerca di liberare Esmeralda dalla trappola di Frollo, è troppo tardi. Come dichiara Frollo: “Il destino è un potere irresistibile”. Questa accondiscendenza instancabile al Fato gli impedisce di provare rimorso o senso di colpa per ciò che ha fatto. Quando dice cose come “Il destino ci consegna nelle mani l’uno dell’altro”, Frollo dimentica di essere lui il responsabile di quella situazione. Sebbene l’amore di Esmeralda per Febo alla fine porti alla sua morte, Frollo usa la “Fatalità” come pretesto per negare qualsiasi responsabilità per le proprie azioni. Hugo riconosce che il destino gioca un ruolo importante nel romanzo, ma il libero arbitrio ha comunque la sua parte. Al contrario, Hugo suggerisce che proprio la totale fiducia di Frollo nel destino e la negazione del suo libero arbitrio sono ciò che gli permette di diventare una persona così orribile. L’implicazione è che dobbiamo tutti esercitare il nostro libero arbitrio per mantenere il nostro senso di moralità e responsabilità.
La vittima finale del romanzo è Quasimodo. Deve guardare tutto ciò che ama, inclusa Notre Dame, distrutto nell’epilogo. Cerca di difendere la cattedrale, ma i vagabondi riescono comunque a rovinarne la facciata. Allo stesso modo, la passione distruttiva di Frollo per Esmeralda rovina tutta la sua famiglia. In un tragico scherzo del destino, Quasimodo uccide Jehan, il suo fratellastro, anche se Jehan sta effettivamente cercando di salvare Esmeralda. Quando la vede impiccata, Quasimodo non ha altra scelta che uccidere Frollo. Fino a questo punto è stato incerto, non sapendo scegliere fra una priorità e l’altra. Ma quando Esmeralda muore, il gobbo si rende conto che Frollo rimarrà impunito se lui non farà nulla per impedirlo. Purtroppo, anche nella morte, Quasimodo non è in grado di stare con Esmeralda. I becchini sono confusi dal suo scheletro di forma irregolare, ma quando lo estraggono dalla tomba, si disintegra in polvere.