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Un’innovazione annunciata al meeting di Rimini dall’onorevole Giorgia Meloni che ha auspicato la reintroduzione dei voti nella scuola primaria. Si tratta di un cambiamento che confligge con la cultura contemporanea: i problemi complessi non possono essere semplificati e, nel caso in esame, sintetizzati numericamente.
Limiteremo a quest’aspetto la qui proposta analisi.
Il termine “merito” non ha valore assoluto, il suo significato deriva dalla situazione di riferimento; misura lo scostamento dalle attese. Essenziale la sua specificazione. A tal fine se ne trascrive l’enunciazione ministeriale. La scuola primaria è finalizzata a “sviluppare le dimensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose e di acquisire i saperi irrinunciabili. Attraverso le conoscenze e i linguaggi caratteristici di ciascuna disciplina, la scuola primaria pone le premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico necessario per diventare cittadini consapevoli e responsabili”.
Decodificando: il mandato educativo conferito alle scuole consiste nella progettazione, nella realizzazione e nella gestione di processi d’apprendimento. Questi si governano monitorando i comportamenti dei bambini: molteplici sono i relativi fattori cardine, alcuni sono esterni all’ambiente scolastico o sono relativi al vissuto degli alunni. Compendiare nel voto tutte le variabili in gioco impedisce una corretta interazione scuola-famiglia. La sintesi numerica, infatti, oltre a schermare le mete educative e le ipotesi per il relativo conseguimento, rappresenta una motivazione estrinseca: il traguardo diventa il voto, l’approvazione dell’insegnante, non il consolidamento di comportamenti.
Anche la visione dell’istituzione scolastica sottesa appare anacronistica e, conseguentemente, inadatta al ripristino della dignità istituzionale e alla riqualificazione del lavoro dei docenti. Questi, collegialmente, progettano itinerari per preparare gli studenti all’interazione con una società in impetuoso e imprevedibile cambiamento. Il rapporto docenti-discenti deve essere dialogico e collaborativo, non gerarchico e intransitivo come il voto trasmette implicitamente.