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Crisi politica del papato
L’istituzione del papato non perde terreno in ambito religioso (anche se sarà ampiamente contestata dalla Riforma).
A entrare in crisi è il ruolo politico del pontefice, che diviene sempre più marginale,
a cominciare dalla frustrazione del progetto teocratico che, nel ‘300, ha ancora un sostenitore in Bonifacio VIII.
Il “gran rifiuto”
Nel 1294, dopo un lungo conclave, viene eletto Celestino V, un anziano eremita.
Il fatto suscita l’entusiasmo di coloro che attendevano un rinnovamento “spirituale” della Chiesa.
Il nuovo papa, inesperto della curia e del governo della Chiesa, finirà però con l’abdicare, dopo sei mesi.
Il giudizio negativo di Jacopone e di Dante
Que farai, Pier da Morrone?
Èi venuto al paragone.
Vederimo êl lavorato
che en cell’ài contemplato.
S’el mondo de te è ‘ngannato,
séquita maledezzone.
Jacopone da Todi, Lauda 74
Bonifacio VIII
Il nuovo papa era invece un abile uomo di curia che, oltre a favorire la propria famiglia Caetani, si impegnò attivamente nella politica.
Deciso fautore della idea teocratica, si scontrò con il re di Francia, Filippo IV il Bello che, per sostenere i costi di una guerra, intendeva tassare il clero.
Lo schiaffo di Anagni
Nella bolla Unam Sanctam (1303) Bonifacio rivendicò la superiorità del potere spirituale sul temporale (che appartiene alla Chiesa stessa).
Filippo non si fece intimidire: di fronte alla minaccia di scomunica rispose facendo rapire e oltraggiare il papa dai Colonna, nemici dei Caetani.
Bonifacio fu liberato, ma morì poco dopo.
Noi sappiamo dalle parole del Vangelo che in questa Chiesa e nel suo potere ci sono due spade, una spirituale, cioè, ed una temporale, perché, quando gli Apostoli dissero: “Ecco qui due spade” […] il Signore non rispose che erano troppe, ma che erano sufficienti. [Lc 22,38] E chi nega che la spada temporale appartenga a Pietro, ha malamente interpretato le parole del Signore, quando dice: “Rimetti la tua spada nel fodero” [Mt 26,52]. Quindi ambedue sono in potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale; una invero deve essere impugnata per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa; la seconda dal clero, la prima dalla mano di re o cavalieri, ma secondo il comando e la condiscendenza del clero, perché è necessario che una spada dipenda dall’altra e che l’autorità temporale sia soggetta a quella spirituale.
Dalla bolla Unam Sanctam
Bolla di Bonifacio VIII con l’indizione del Giubileo del 1300
La “cattività” del papato
Nel 1305 venne eletto il papa francese Clemente V che trasferì la sede pontificia ad Avignone,
dove rimase fino al 1377, mentre si succedevano 7 papi, tutti francesi.
Gli italiani hanno parlato di “prigionia” però i papi vi rimasero spontaneamente, sebbene sotto l’influenza della monarchia francese.
Papi avignonesi
Clemente V (1305-1314)
Manifestò grande sudditanza verso Filippo IV: nel 1312 sciolse l’Ordine dei Templari consentendo al re di incamerarne i beni.
Giovanni XXII (1316-1334)
Combattè i Ghibellini in Italia e si scontrò con Ludovico il Bavaro.
Riorganizzò la curia pontificia e il fiscalismo ecclesiale.
«Proprio come dicevo. A Londra giace un cavaliere sepolto da un papa.» Guardò lo studioso di simbologia. «Secondo te, che cosa significa?»
Langdon si strinse nelle spalle. «Un cavaliere sotterrato da un papa? Un cavaliere accompagnato alla tomba da un papa?»
Teabing rise di nuovo. «Oh, bella! Sempre il solito ottimista, Robert. Guarda il secondo verso: ovviamente questo cavaliere ha fatto qualcosa che ha destato la santa collera della Chiesa. Rifletti, considera il rapporto tra Chiesa e cavalieri templari. Un cavaliere sepolto da un papa?»
«Un cavaliere ucciso da un papa?» suggerì Sophie.
Teabing sorrise e le batté la mano sul ginocchio. «Ben detto, mia cara. Un cavaliere sepolto o ucciso da un papa.»
Langdon pensò alla famosa cattura dei templari nel 1307 — lo sfortunato venerdì 13 — allorché il papa Clemente aveva ucciso e sepolto centinaia di templari. «Ma ci devono essere centinaia di tombe di “cavalieri uccisi dai papi”.»
«Aha, niente affatto!» rispose Teabing. «Molti di loro vennero bruciati sul rogo e i loro resti gettati nel Tevere senza tante preoccupazioni. Ma la poesia si riferisce a una tomba. Una tomba di Londra. E a Londra sono sepolti pochi cavalieri.» Da: D. Brown, Il Codice DaVinci
La doppia elezione del 1378
Fu Gregorio XI a riportare nel 1377 la sede papale a Roma, dove morì nel 1378.
Il conclave, in maggioranza francese, elesse, sotto la pressione popolare, un italiano, Urbano VI.
Una parte dei cardinali, scontratasi con il nuovo papa, ne dichiarò nulla l’elezione, sostituendolo con Clemente VII che pose la sua sede ad Avignone.
Il grande scisma (1378-1417)
Urbano VI, appoggiato da una parte dei cardinali, rifiutò la deposizione.
Ne derivò uno scisma particolarmente grave, perché i due papi erano stati eletti dai cardinali ed entrambi ebbero successori.
Il mondo cristiano si trovò diviso tra due “obbedienze”: quella “romana” (Urbano) e quella “avignonese” (Clemente).
Le due “obbedienze”
Seguono il papa di Roma:
Italia centro-settentrionale, Germania, Boemia, Ungheria, Polonia, Inghilterra e Irlanda.
- Caterina da Siena
Seguono il papa di Avignone:
Francia, Scozia, Spagna e Italia Meridionale (Angioni)
- Vincenzo Ferrer
Tentativi di soluzione
I teologi di Parigi propongono che sia un concilio universale a deporre i contendenti e a creare un nuovo papa.
Il concilio di Pisa (1409), nato dall’ accordo di alcuni cardinali delle due obbedienze, nomina papa Alessandro V.
Roma e Avignone, però, non cedono e le obbedienze diventano tre.
Il Concilio di Costanza
Il pisano Giovanni XXIII in accordo con l’imperatore Sigismondo riunisce un nuovo concilio a Costanza (1414-1418) dove:
Si depongono i tre contendenti. I cardinali eleggono poi Martino V (1417).
Si condannano gli eretici Wycliff e Hus.
Si interviene nel governo della Chiesa con due decreti di riforma:
- Superiorità del concilio
In nome della santa ed indivisa Trinità, Padre, Figlio e Spirito santo, amen. Questo santo sinodo di Costanza che è un concilio generale, riunito legittimamente nello Spirito santo a lode di Dio onnipotente, per l’estirpazione del presente scisma, per la realizzazione dell’unione e della riforma nel capo e nelle membra della chiesa di Dio, ordina, definisce, stabilisce, decreta e dichiara ciò che segue […].
In primo luogo dichiara che esso legittimamente riunito nello Spirito santo, essendo concilio generale ed espressione della chiesa cattolica militante, riceve il proprio potere direttamente dal Cristo e che chiunque di qualunque condizione e dignità, compresa quella papale, è tenuto ad obbedirgli in ciò che riguarda la fede e l’estirpazione dello scisma ricordato.
- Celebrazione frequente
La frequente celebrazione di concili generali è il modo migliore di coltivare il campo del Signore: estirpa gli sterpi, le spine e i triboli delle eresie, degli errori e degli scismi, corregge gli eccessi, riforma quanto è stato deformato, conduce la vigna di Dio alla messe di una feconda fertilità […].
Sanzioniamo, quindi, con questo decreto – che dovrà valere per sempre -, stabiliamo, determiniamo e ordiniamo che da ora in poi i concili generali vengano celebrati in tal modo, che il primo si riunisca nel quinquennio che segue immediatamente la fine di questo concilio; il secondo nei sette anni che seguono la fine di esso; e poi di decennio in decennio, per sempre, in quei luoghi che il sommo pontefice – o in mancanza il concilio stesso – dovrà stabilire ed assegnare un mese prima della fine di ognuno di essi, con l’approvazione e il consenso del concilio.
Lo scisma conciliare
In realtà i papi rifiutarono il principio del governo conciliare.
Lo scontro si ebbe tra il concilio di Basilea (1431-37) e papa Eugenio IV.
Ne segui un nuovo scisma (1438-49) che terminò con la sconfitta del conciliarismo (la dottrina della superiorità del concilio fu in seguito dichiarata eretica)