Il delitto Petrosino
2 Aprile 2023Gli Alleati e la Mafia
2 Aprile 2023Le varie fasi della politica fascista in meridione, dalla Storia della Mafia, ricerca scolastica all’interno dei progetti Legalità 2012 Campofelice di Roccella e Istituto Superiore “Mandralisca” e Legalità “Frank Di Maio” Mafia delenda est Anno Scolastico 2018/2019
Rapporti tra Mafia e Fascismo
Nei rapporti tra mafia e fascismo devono essere distinti tre momenti.
1) Nel primo (1922-1925) la mafia e il fascismo convissero. Spesso, nella sua prima fase di consolidamento, il fascismo, anche se formalmente accusò la mafia, ad essa si appoggiò. Un esempio di questa collaborazione si ebbe durante le elezioni amministrative del 1924, quando mafiosi già in camicia nera fecero sentire la loro presenza davanti alle urne. Erano quelli momenti difficili per il fascismo che, alle prese con problemi di sopravvivenza, accettava qualsiasi collaborazione, anche se macchiata di disonestà e di precedenti impresentabili. La mafia aveva saputo trarre grande profitto e ingrossare le sue fila durante la Grande Guerra, un periodo di ancor maggiore “lontananza” dello Stato dalla Sicilia e di debolezza delle istituzioni: molti disertori e molti reduci finirono, per varie ragioni, la nuova manovalanza mafiosa. La nuova mafia spesso non si accordò con la parte agraria di quella vecchia, ma scelse la via politica intuendo l’ascesa inarrestabile del fascismo e il pericolo che essa avrebbe corso con l’avanzare dei partiti di massa (popolare, socialista, comunista). Mussolini si scandalizzò per il potere detenuto dai “padrini” di paese, ma non ebbe esitazioni ad accogliere nelle sue fila personaggi come Alfredo Cucco e Angelo Abisso, ex-nazionalisti senz’altro di prestigio ma pesantemente invischiati in una politica clientelare e appoggiata dalla mafia. D’altronde, il fascismo non voleva scontentare neppure i vecchi proprietari terrieri promettendo ordine e rispetto: finché ci furono le elezioni tutti i voti che la mafia controllava facevano comodo a Mussolini.
2) Il fascismo adesso non è più anti-Stato, il fascismo è lo Stato, e non può tollerare uno Stato dentro lo Stato, un competitor così invadente
Nella seconda fase (1925-1929) il fascismo ormai al potere, volendo darsi un volto legalitario e rispettabile, non poteva più accettare le collaborazioni che avevano evidenti connotati illegali. In questa fase di scontro, gli elementi più vistosamente invischiati in fatti mafiosi subirono regolari processi. D’altronde, fu lo stato fascista ad esercitare il potere con tutti i mezzi che erano stati mafiosi: la coercizione fisica, le funzioni di protezione, il rigido controllo sulle istituzioni statali e non statali, la distruzione del tessuto culturale di base. Sono gli anni dell’invio in Sicilia del prefetto Cesare Mori con pieni poteri per smantellare il regime di mafia e imporre “sicurezza, tranquillità e libertà di lavoro”: per mafia si intendeva indistintamente ogni delinquenza radicata nel territorio. Si profilò subito lo scontro con il potere mafioso-fascista di Alfredo Cucco, assai noto medico oculista originario di Castelbuono, divenuto federale di Palermo e segretario provinciale del PNF: o meglio, finché l’azione di Mori si indirizzò contro la piccola malvivenza e contro i briganti dell’interno (sulle Madonie furono attuate, con torture e rastrellamenti, vere azioni di guerra nei territori di Gangi, S. Mauro, Caltavuturo, Polizzi e le Petralie), Cucco e il suo giornale “Sicilia Nuova” lodarono il prefetto pur rivelandosi ostili a certi metodi sbrigativi e all’uso continuo della parola mafia, nociva la buon nome della Sicilia. Però, quando Mori cominciò a scoperchiare la trama di relazioni esistenti tra la mafia e la politica di molti centri (a cominciare dalle frazioni di Palermo, per arrivare a Termini, Mistretta, Misilmeri, Bagheria, Girgenti, Piana dei Greci, Marsala), mettendo in galera padrini come l’avv. Ortoleva, Calogero Vizzini, Ciccio Cuccia, Genco Russo, Vito Cascio Ferro e arrivando a far luce sui legami e affari illeciti di Cucco e del ministro della guerra Di Giorgio (costretti alle dimissioni), lo scontro fu frontale e l’opinione pubblica fu abilmente indirizzata alla difesa dei notabili ingiustamente perseguitati: Cucco fu assolto al processo e successivamente riabilitato dal duce; l’azione di Mori fu giudicata conclusa e il prefetto fu sostituito il 2/6/1929 con un secco telegramma.
3) Un terzo periodo, che va dal 1930 allo sbarco degli alleati in Sicilia, rappresenta una fase di pacificazione e di quiescenza, in quanto il fascismo volle ignorare la mafia, che riteneva compressa e depotenziata nelle sue manifestazioni più eclatanti e fastidiose per il regime. Ma le sue radici profonde e i suoi uomini “eccellenti” non ne furono minimamente intaccati, anzi.
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