Un promemoria per il governo
16 Aprile 2023Le ipotesi sulla scomparsa di Ettore Majorana
18 Aprile 2023La poesia “Spleen” esprime il senso di noia e disagio esistenziale di Baudelaire, ed è forse la prima vera poesia contemporanea, cui fa da sfondo una città industrializzata, e influenzerà i poeti successivi.
Introduzione
Maestro del Simbolismo sia per lo stile di vita disordinato, volutamente provocatorio, sia per la concezione nuova della poesia
Primo intellettuale a prendere coscienza e a vivere la crisi dell’intellettuale, il conflitto tra l’artista e la società borghese – «Perdita d’aureola»
Esperienza vissuta dolorosamente perché non ricercata, ma imposta da una società che non lo comprende
Il poeta si sente emarginato, «esiliato», come fa capire nella poesia L’albatro
Charles Baudelaire 1821-1867 (biografia
Charles Baudelaire nacque a Parigi il 9 aprile 1821. Il padre, Joseph-François, ormai sessantenne, pittore dilettante, aveva sposato in seconde nozze la ventiseienne Caroline Archimbaut-Dufays. Il piccolo Charles non aveva ancora compiuto sei anni quando il padre morì e la madre, dopo una brevissima vedovanza, si rimaritò col maggiore Jacques Aupick. Il futuro poeta visse come un vero e proprio “tradimento” il nuovo matrimonio della madre, e non glielo perdonò per tutta la vita.
Nel 1839 fu espulso per cattiva condotta dal Collège Louis-le-Grand, e nel 1841, costretto dalla famiglia che decise di allontanarlo da Parigi, partì per l’India.
Ma giunto alle Mauritius, in preda a una profonda crisi di nostalgia, si rifiutò di proseguire il viaggio e rientrò a Parigi.
Nel 1842 conobbe una mulatta, Jeanne Duval, con la quale avviò un’intensa relazione che, nonostante frequenti e violente rotture, durò per tutta la vita.
Dopo essersi abbandonato, sempre in compagnia della Duval, alcolizzata già in età giovanile, ad eccessi di ogni genere, Charles fu fatto interdire dalla madre, preoccupata per il suo stato di salute, e come curatore del patrimonio fu designato il notaio Ancelle, che da quel momento in poi versò al giovane una modestissima rendita mensile. Soffrendo per la sussistenza quotidiana, visto che il lavoro letterario non rendeva quanto sperato, pochi mesi dopo Baudelaire tentò il suicidio
I successi letterari, poi, lo aiutarono a riprendere gusto alla vita, anche se travagliato dal male (la sifilide, che lo condurrà ad una morte precoce).
Al 1847 risale la sua conoscenza dell’opera di Edgar Allan Poe, del quale tradusse vari racconti.
Partecipò ai moti del ’48 francese, ma dopo il colpo di stato di Luigi Napoleone manifestò disinteresse per la politica.
Dopo la morte del patrigno, avvenuta nel 1857, si riavvicinò alla madre. Nel giugno dello stesso anno pubblicò I fiori del male, che in agosto venne censurato per immoralità [Censura e genialità erano evidentemente incompatibili!].
Nel 1860 uscì il saggio I paradisi artificiali.
Nell’aprile del 1864 si trasferì a Bruxelles per tenere un ciclo di conferenze e per trovare un editore disponibile a pubblicare le sue opere complete.
Quell’esperienza non fu delle più felici:
il Belgio lo deluse moltissimo, e lo paragonò ad una “brutta copia della Francia”.
Nel 1866, colpito da un ictus e da afasia, fu riportato a Parigi dalla madre e dal notaio Ancelle, i quali lo affidarono alle cure del dottor Duval. Baudelaire rimase muto e paralizzato, e morì a Parigi il 31 agosto 1867.
Fu sepolto nel cimitero di Montparnasse, nella tomba di famiglia, a fianco dell’odiato patrigno.
Spleen
Dalla sua condizione esistenziale dolorosa deriva lo spleen (bile e umore nero in greco, milza in inglese) che caratterizza la vita e la produzione del poeta.
Spleen è per Baudelaire un particolare stato d’animo, caratterizzato da disperazione, solitudine . . .
Spleen è anche il titolo di una delle più note poesie de «I fiori del male» nonché di altri componimenti dello stesso autore, con lo stesso titolo, evidentemente una sorta di ossessione ricorrente.
Spleen (analisi)
L’occasione della poesia è una giornata di pioggia: da essa scaturisce una serie di immagini simboliche che – con il loro impatto violento – comunicano al lettore un senso di malessere profondo, di disgusto anche fisico (vd. l’immagine dei ragni)
Gli elementi del mondo esterno trovano corrispondenza nell’interiorità del poeta: così, mentre la realtà esterna è caratterizzata da un cielo pesante, dalla luce nera dell’orizzonte, dalla pioggia che cade insistente evocando le sbarre di una prigione parallelamente, la realtà psicologica del poeta è contraddistinta da una Speranza che cerca inutilmente di dispiegare il suo volo e dall’Angoscia che pervade la mente del poeta come un ragno che intrappola nella sua reta i pensieri. (similitudine) + personificazione. (Speranza e Angoscia)
L ’irrompere improvviso del suono delle campane non assume, in questa lirica, una funzione liberatoria o un significato lieto: esso, al contrario rappresenta l’esplosione dell’angoscia, anticipata dalla tensione dei versi precedenti.
Nella breve strofa finale subentra una situazione affannosa, ma meno cupa: l’immagine del funerale silenzioso segna la vittoria dell’Angoscia sulla Speranza
Il vessillo nero evoca la depressione in cui il poeta è caduto
Sul piano formale la poesia è caratterizzata da un lungo periodo iniziale scandito da una serie di anafore (e quando …) che creano un ritmo incalzante e una situazione di attesa che esplode – anche sintatticamente – nella proposizione principale (furiosamente scattano campane) che è efficace come un grido.
Tutto il linguaggio è simbolico (similitudini, metafore, anastrofe degli aggettivi) e sottolinea il senso di angoscia esistenziale.
Importanti anche le antitesi, come « cielo <-> pesa greve », « ala <-> che sbatte », « la luce del giorno <-> nera”, « la Speranza, vinta, piange, e <-> l’Angoscia”
Spleen (Spleen et ideal)
1 Quando, come un coperchio, il cielo pesa greve
Sull’anima gemente in preda a lunghi affanni,
E in un unico cerchio stringendo l’orizzonte
Riversa un giorno nero più triste delle notti;
5 Quando la terra cambia in un’umida cella,
Entro cui la Speranza va, come un pipistrello,
Sbattendo la sua timida ala contro i muri
E picchiando la testa sul fradicio soffitto;
Quando la pioggia stende le sue immense strisce
10 Imitando le sbarre di una vasta prigione,
E, muto e ripugnante, un popolo di ragni
Tende le proprie reti dentro i nostri cervelli;
Delle campane a un tratto esplodono con furia
Lanciando verso il cielo un urlo spaventoso,
15 Che fa pensare a spiriti erranti e senza patria
Che si mettano a gemere in maniera ostinata.
E lunghi funerali, senza tamburi o musica,
Sfilano lentamente nel cuore; la Speranza,
Vinta, piange, e l’Angoscia, dispotica ed atroce,
20 Infilza sul mio cranio la sua bandiera nera.