La Seconda Internazionale
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Nel 1851, dopo la promulgazione da parte del Congresso degli Stati Uniti di un Fugitive Slave Act (il cui effetto era quello di restituire ai loro padroni i neri afroamericani che erano fuggiti dalla schiavitù negli stati del sud e vivevano nel nord), l’editore di un periodico contro la schiavitù chiese a Harriet Beecher Stowe se poteva fornirgli una storia o un articolo tempestivo.
La Stowe accettò di scrivere un pezzo di fantasia sulla vita di diversi schiavi in una piantagione del Kentucky. Era un argomento che conosceva poco, avendo visitato brevemente una piantagione e avendo parlato e corrisposto con persone che avevano una conoscenza più dettagliata; peròe, era un argomento che la commuoveva profondamente.
L’autrice si aspettava che la sua storia, stampata a puntate, sarebbe durata tre o quattro puntate. Invece, il testo si sarebbe rivelato molto più lungo, e avrebbe richiesto una ricerca più approfondita, poiché i personaggi di Stowe l’hanno portata in luoghi e situazioni di cui aveva poca o nessuna conoscenza.
La storia, all’epoca, era decisamente attuale, e quando fu pubblicata in forma di libro nel 1852, divenne immediatamente un bestseller travolgente sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna. L’effetto di questo libro emotivamente potente fu quello di galvanizzare l’opinione pubblica contro la schiavitù in un modo che nessun argomento strettamente politico, morale o intellettuale era stato ancora in grado di realizzare. Il presidente Lincoln avrebbe detto, dopo aver incontrato Stowe nel 1862, “Quindi sei la piccola donna che ha scritto il libro che ha causato questa grande guerra”. In un senso, Lincoln aveva ragione.
“La capanna dello zio Tom” è stato prima di tutto un libro popolare, efficace perché le persone si sono identificate con i suoi personaggi simpatici e hanno seguito con palpitazione l’evolversi della vicenda.
Lettori di tutte le età e livelli di istruzione, maschi e femmine, americani e britannici, europei e non solo, neri e bianchi (sebbene il libro fosse certamente destinato principalmente a un pubblico bianco), hanno reso “Uncle Tom’s Cabin” uno dei bestseller di maggior successo pubblicati negli Stati Uniti.
E indipendentemente dal fatto che il lettore medio del diciannovesimo secolo fosse d’accordo con il libro, non aveva problemi a riconoscerne e comprenderne il linguaggio, i presupposti e le convenzioni.
Tuttavia, questo non è il caso del lettore medio oggi. Il romanzo di Stowe presenta ai lettori moderni diversi problemi, che ne rendono ostica la lettura, e che meritano di essere esaminati.
1) Il primo problema, ironia della sorte, è la proprio reputazione del libro causata dalla sua popolarità iniziale. Versioni drammatiche su cui Stowe aveva poco o nessun controllo (e per le quali riceveva poco o nessun diritto d’autore) apparvero pochi mesi dopo la sua pubblicazione, e probabilmente non è esagerato affermare che “La capanna dello zio Tom”, in una versione teatrale o nell’altra, era una delle commedie più frequentemente rappresentate nella seconda metà dell’ottocento.
Così alla fine, l’intreccio fu meglio “conosciuto” dalle sue drammatizzazioni, che spesso si discostavano selvaggiamente dal romanzo vero e proprio, che dal libro stesso.
Lo stereotipo dello “Zio Tom”, un gentile vecchio dai capelli bianchi; i personaggi puritani, come Topsy, tutta “occhi al cielo”, ed Eva, insopportabilmente pia e melensa: questi sono i personaggi che ricordiamo, se ricordiamo la storia, e potremmo temere di doverli incontrare nelle pagine del romanzo.
Fortunatamente, non sono esattamente questi i personaggi, come li aveva concepiti la Stowe, come i lettori potrebbero essere sorpresi di apprendere. Insomma, il problema degli stereotipi sullo “zio Tom” viene presto superato quando leggiamo effettivamente il libro.
2) Un secondo problema, che invece è riscontrabile nel libro, potrebbe essere definito di “correttezza politica”.
Probabilmente ci sono moltissimi americani bianchi, se si sapesse la verità, che, ancora oggi nutrono idee prevenute (o, per dirla in modo meno gentile, razziste) sui neri, e specialmente sugli afroamericani.
Questo era senza dubbio altrettanto vero nel 1850, anche se le idee potevano essere in parte diverse.
Tendiamo tutti ad essere così consapevoli oggi di questa condizione di pregiudizio, tanto che la maggior parte degli scrittori bianchi riterrebbe avventato tentare un romanzo i cui personaggi centrali sono afroamericani e certamente non si impegnerebbe a spiegare ai lettori la natura della “razza africana”. Nessuno si sognerebbe di usare infatti il termine “razza” al giorno d’oggi.
Tali considerazioni non sono venute in mente a Harriet Beecher Stowe.
Lei usa un linguaggio che era educato ai suoi tempi ma non lo è nel nostro, ad esempio scrive “negro” nigger – e talvolta negress – con la n minuscola).
Inoltre, i suoi personaggi, anche alcuni di quelli simpatici, dicono “negri” tutti troppo spesso.
Come se non bastasse, la Stowe, nel suo ruolo di narratrice, spesso si prende del tempo per dire ai suoi lettori come sono i neri: secondo lei sono amanti della casa, non avventurosi né coraggiosi, per esempio; hanno un gusto originale, ma troppo esotico, nell’abbigliamento e nell’arredamento; e, naturalmente, generalmente hanno cuori semplici e infantili.
Il fatto che la Stowe non ripeta, e ovviamente non creda, agli stereotipi più repellenti, e il fatto che i suoi personaggi neri si comportino spesso in modi del tutto contrari ai suoi pregiudizi, non la salveranno dall’essere derisa dai moderni lettori. Né il fatto che avesse buone intenzioni; ma dovremmo riconoscere che un esame degli errori in cui è caduta potrebbe aiutarci a riconoscere e correggere i nostri.
Le mode nel pensiero e nel parlare razziale non sono le uniche che sono cambiate dal 1852.
3) Un terzo problema con “La capanna dello zio Tom” per il lettore moderno è il suo sentimentalismo puritano, che possiamo usare come una sorta di termine generico per lo stile del romanzo. Pur con i dovuti distinguo, il libro della Stowe segue i modelli di Charles Dickens, con le sue due trame principali, le sue numerose narrazioni incastrate, i suoi personaggi grotteschi e comici, le sue coppie di amanti felici e infelici.
Forse perché la Stowe (sempre come Dickens, spesso) non solo ha pubblicato, ma ha anche scritto il libro a puntate, le trame tendono a divagare e ad essere legate alla fine da una serie di coincidenze poco credibili.
Inoltre, le descrizioni tendono ad essere troppo lunghe: i lettori nel 1852 avevano più pazienza di noi e meno intrattenimenti visivi telematici disponibili.
Soprattutto, la Stowe interviene con la voce del suo narratore, parlando direttamente al lettore, molto più spesso di quanto vorremmo. Per uno studente del romanzo sentimentale del diciannovesimo secolo, “La capanna dello zio Tom” è, forse, molto meno noiosa di quanto ci si potrebbe aspettare. Ma i lettori non abituati a queste convenzioni dovrebbero cercare di sopportarle, sospendere l’incredulità in alcuni casi e infine rilassarsi e godersi l’arguzia ironica, spesso discreta, della Stowe.
4) Infine, il cristianesimo ostentato della Stowe può presentare un problema per alcuni lettori.
Figlia, sorella e moglie di ecclesiastici protestanti e lei stessa cristiana impegnata, la scrittrice visse in un’epoca in cui molti americani presumevano che gli Stati Uniti fossero “un paese cristiano”, una terra voluta da Dio – e un paese protestante per di più. Educare una persona, nell’uso di Stowe, significava farne un cristiano, e lei non si scusa per il suo sciovinismo protestante.
Per esempio, ad un certo punto del libro, un personaggio fa un’osservazione confusa sugli “ebrei”, poiché di essi la stessa scrittrice doveva avere una conoscenza vaga.
E si può quasi sentire la stentata tolleranza con cui la Stowe permette ad alcuni dei suoi personaggi di New Orleans di essere cattolici romani, dal suo punto di vista una vera e propria “setta” della cui liturgia ovviamente conosce quasi nulla.
Uno dei temi principali del libro è la colpevolezza che troppe chiese cristiane, del nord e del sud, sostenevano la schiavitù, e un tema ancora più pronunciato è quello del cristianesimo stesso.
Lo zio Tom, il personaggio centrale, è soprattutto un buon cristiano. Le sue prove e sofferenze non sono tanto quelle di un africano in America, né di uno schiavo, né di un marito e padre separato dalla sua famiglia, quanto lo sono di un uomo pio, che tenta di seguire la vita e gli insegnamenti di Cristo; la sua vittoria non è una conquista sua personale, una vittoria della natura, ma della grazia.
Nel nostro tempo laico, tendiamo ad evitare la discussione sulla religione genere, ma forse faremmo bene ad accettare, almeno per quel tempo, le sue premesse e i suoi presupposti religiosi.
I personaggi
Zio Tom Il personaggio centrale, uno schiavo fedele a Shelby.
Eliza e George Harris la serva della signora Shelby e suo marito; hanno un figlio piccolo, Harry.
Arthur, Emily e George Shelby un contadino del Kentucky (proprietario di Tom ed Eliza), sua moglie e suo figlio adolescente.
Zia Chloe, la moglie dello zio Tom; lei è la cuoca degli Shelby.
Dan Haley un commerciante di schiavi.
Tom Loker e Marks Cacciatori di schiavi.
Senatore e signora Bird una coppia dell’Ohio che aiuta Eliza.
Simeon e Rachel Halliday una coppia quacchera che aiuta Eliza.
Augustine, Marie ed Eva St. Clare un uomo di New Orleans che compra Tom da Haley; sua moglie; e la loro figlia.
Ofelia St. Clare cugina di St. Clare del Vermont.
Adolph, Mammy, Jane e Rosa alcuni degli schiavi di St. Clare.
Topsy una piccola schiava che St. Clare compra per suo cugina.
Simon Legree un proprietario di una piantagione che compra Tom all’asta.
Sambo e Quimbo sorveglianti degli schiavi di Legree.
Cassy l’amante schiava di Legree e madre di Eliza.
La trama
Avendo accumulato ingenti debiti, un contadino del Kentucky di nome Arthur Shelby affronta la prospettiva di perdere tutto ciò che possiede. Sebbene lui e sua moglie, Emily Shelby, abbiano un rapporto di buon cuore e affettuoso con i loro schiavi, Shelby decide di raccogliere fondi vendendo due dei suoi schiavi a Mr. Haley, un rozzo commerciante di schiavi. Gli schiavi in questione sono lo zio Tom, un uomo di mezza età con moglie e figli nella fattoria, e Harry, il giovane figlio della cameriera della signora Shelby, Eliza. Quando Shelby racconta a sua moglie del suo accordo con Haley, lei è sconvolta perché ha promesso a Eliza che Shelby non avrebbe venduto suo figlio.
Tuttavia, Eliza ascolta la conversazione tra Shelby e sua moglie e, dopo aver avvertito lo zio Tom e sua moglie, zia Chloe, prende Harry e fugge al nord, sperando di trovare la libertà con suo marito George in Canada. Haley la insegue, ma altri due schiavi Shelby avvertono Eliza del pericolo, così lei sfugge miracolosamente alla cattura attraversando il fiume Ohio mezzo ghiacciato, il confine che separa il Kentucky dal nord.
Haley assume un cacciatore di schiavi di nome Loker e la sua banda per riportare Eliza e Harry nel Kentucky. Eliza e Harry si dirigono verso un insediamento quacchero, dove i quaccheri accettano di aiutarli a trasportarli al sicuro. Vengono raggiunti all’insediamento da George, che si riunisce gioiosamente alla sua famiglia per il viaggio in Canada.
Nel frattempo, lo zio Tom lascia tristemente la sua famiglia e George, il giovane figlio di Shelby, al quale Tom era abituato raccontare molte belle storie, mentre Haley lo porta su una barca sul Mississippi per essere trasportato in un mercato di schiavi. Sulla barca, Tom incontra una ragazza bianca di nome Eva, che fa subito amicizia con lui. Quando improvvisamente Eva cade nel fiume, e rischia di morire annegata, Tom si tuffa per salvarla, e suo padre, Augustine St. Clare, accetta con gratitudine di comprare Tom da Haley. Tom viaggia con i St. Clares nella loro casa a New Orleans, dove diventa sempre più prezioso per la famiglia St. Clare e sempre più vicino a Eva, con la quale condivide un cristianesimo pio e devoto.
A nord, George ed Eliza rimangono in fuga da Loker e dai suoi uomini. Quando Loker tenta di catturarli, George gli spara al fianco e gli altri cacciatori di schiavi si ritirano. Eliza convince George e i quaccheri a portare Loker al paese più vicino, dove potrà essere curato.
Nel frattempo, a New Orleans, St. Clare discute della schiavitù con sua cugina Ofelia, che si oppone alla schiavitù come istituzione ma in realtà nutre profondi pregiudizi contro i neri.
Augustine St. Clare, al contrario, non prova ostilità contro i neri, ma tollera la schiavitù, perché si sente impotente a cambiarla. Lui, per aiutare Ofelia a superare il suo moralismo, compra Topsy, una giovane ragazza nera che è stata violentata dal suo ex padrone, e fa in modo che Ofelia inizi a istruirla.
Dopo che Tom ha vissuto con i St. Clares per due anni, Eva si ammala gravemente. Infine, si indebolisce tanto da morire, con una visione del paradiso davanti agli occhi, nel momento del trapass.
La sua morte ha un profondo effetto su tutti coloro che la conoscevano: Ofelia decide di amare gli schiavi, Topsy impara a fidarsi, supera la diffidenza, naturale dopo quello che aveva subito, e si sente legata alle persone, e St. Clare decide di liberare Tom.
Tuttavia, purtroppo, prima che possa agire in base alla sua decisione, St. Clare viene pugnalato a morte mentre si intromette in una rissa, cercando di dividere i contendenti.
Mentre muore, Augustine alla fine trova Dio e va a ricongiungersi con sua madre in paradiso.
Tuttavia, la crudele moglie di St. Clare, Marie, vende Tom a un feroce proprietario di una piantagione di nome Simon Legree.
Tom viene portato in Louisiana insieme a un gruppo di nuovi schiavi, tra cui Emmeline, che il demoniaco Legree ha acquistato per usarla come schiava del sesso, in sostituzione della sua precedente schiava sessuale, Cassy.
Legree prova una forte antipatia per Tom quando Tom si rifiuta di frustare un compagno di schiavitù come gli aveva ordinato.
Intanto, Tom incontra Cassy e ascolta la sua storia. Separata dalla figlia dalla schiavitù, Cassy rimase di nuovo incinta, ma uccise il bambino perché non sopportava che le venisse tolto un altro figlio.
Infine Tom, pestato a morte dagli scagnozzi di Legree, è raggiunto sul letto di morte da George Shelby, che nel frattempo era dicentato un uomo, e stava ercadno Tom per riscattarlo, ma fa appena in tempo ad ascoltare le sue ultime parole.
Infine, George ritorna in Kentucky e libera tutti i suoi schiavi.