Prima prova esame di stato 2008
19 Gennaio 2019ORDINANZA MINISTERIALE N.42 del 6 maggio 2011
19 Gennaio 2019
Saggio breve o articolo di giornale
Ambito artistico-letterario
Traccia per l’esame di stato 2007
TIPOLOGIA B – REDAZIONE DI UN SAGGIO BREVE” O DI UN ARTICOLO DI GIORNALE”
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di saggio breve” o di articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano.
Se scegli la forma del saggio breve”, interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e su questa base svolgi, argomentandola, la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Da al saggio un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).
Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare eventualmente uno specifico titolo.
Se scegli la forma dell’ articolo di giornale”, individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo ‘pezzo.
Da all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro).
Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo).
Per entrambe le forme di scrittura non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.
1. AMBITO ARTISTICO – LETTERARIO
ARGOMENTO: I luoghi dell’anima nella tradizione artistico-letteraria.
DOCUMENTI
Chiare, fresche e dolci acque, |
date udïenza insieme |
ove le belle membra |
a le dolenti mie parole estreme. |
pose colei che sola a me par donna; |
– – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – |
gentil ramo ove piacque |
La morte fia men cruda |
(con sospir mi rimembra) |
se questa spene porto |
a lei di fare al bel fianco colonna; |
a quel dubbioso passo: |
erba e fior che la gonna |
ché lo spirito lasso |
leggiadra ricoverse |
non poria mai in più riposato porto |
co langelico seno; |
né in più tranquilla fossa |
aere sacro, sereno, |
fuggir la carne travagliata e lossa. |
ove Amor co begli occhi il cor maperse: |
F. PETRARCA, Il Canzoniere, CXXVI, 1345
|
Frate Lorenzo: Tu sei esiliato di qui, da Verona; pazienza, il mondo è grande e vasto.
Romeo: Non esiste mondo fuori delle mura di Verona: non c’è che purgatorio, supplizio, l’inferno stesso.
Essere esiliato di qui, vuol dire essere esiliato dal mondo e l’esilio dal mondo è la morte: l’esilio è dunque una morte sotto falso nome.
W. SHAKESPEARE, Giulietta e Romeo, atto III, scena III
Te beata, gridai, per le felici |
désti a quel dolce di Call’iope labbro |
aure pregne di vita, e pe’ lavacri |
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma |
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino! |
d’un velo candidissimo adornando, |
Lieta dell’aer tuo veste la Luna |
rendea nel grembo a Venere Celeste; |
di luce limpidissima i tuoi colli |
ma più beata che in un tempio accolte |
per vendemmia festanti, e le convalli |
serbi l’itale glorie, uniche forse |
popolate di case e d’oliveti |
da che le mal vietate Alpi e l’alterna |
mille di fiori al ciel mandano incensi: |
onnipotenza delle umane sorti |
e tu prima, Firenze, udivi il carme |
armi e sostanze t’ invadeano ed are |
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco, |
e patria e, tranne la memoria, tutto. |
e tu i cari parenti e l’idïoma |
U. FOSCOLO, I Sepolcri, 1806 |
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, |
odo stormir tra queste piante, io quello |
e questa siepe, che da tanta parte |
infinito silenzio a questa voce |
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. |
vo comparando: e mi sovvien l’eterno, |
Ma sedendo e mirando, interminati |
e le morte stagioni, e la presente |
spazi di là da quella, e sovrumani |
e viva, e il suon di lei. Così tra questa |
silenzi, e profondissima quïete |
immensità s’annega il pensier mio: |
io nel pensier mi fingo, ove per poco |
e il naufragar m’è dolce in questo mare. |
il cor non si spaura. E come il vento |
G. LEOPARDI, LInfinito, dai «Canti», 1819 |
«Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!…Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, simparò a distinguere dal rumore de passi comuni il rumore dun passo aspettato con un misterioso timoreAddio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio!»
A. MANZONI, I promessi sposi, VIII, 1840
Sempre un villaggio, sempre una campagna |
Là nelle stoppie dove singhiozzando |
mi ride al cuore (o piange), Severino: |
va la tacchina con l’altrui covata, |
il paese ove, andando, ci accompagna |
presso gli stagni lustreggianti, quando |
l’azzurra vision di San Marino: |
lenta vi guazza l’anatra iridata, |
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sempre mi torna al cuore il mio paese |
oh! fossi io teco; e perderci nel verde, |
cui regnarono Guidi e Malatesta, |
e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie, |
cui tenne pure il Passator cortese, |
gettarci l’urlo che lungi si perde |
re della strada, re della foresta. |
dentro il meridiano ozio dell’aie;
G. PASCOLI, Myricae, 1882 |
«si udiva il mare che russava lì vicino, in fondo alla straduccia, e ogni tanto sbuffava, come uno che si volti e rivolti pel letto. Le stelle ammiccavano più forte, quasi s’accendessero, e i Tre Re scintillavano sui fariglioni colle braccia in croce, come Sant’Andrea. Il mare russava in fondo alla stradicciuola, adagio adagio, e a lunghi intervalli si udiva il rumore di qualche carro che passava nel buio, sobbalzando sui sassi, e andava pel mondo il quale è tanto grande che se uno potesse camminare e camminare sempre, giorno e notte, non arriverebbe mai, e c’era pure della gente che andava pel mondo a quell’ora, e non sapeva nulla di compar Alfio, né della Provvidenza che era in mare, né della festa dei Morti; così pensava Mena sul ballatoio aspettando il nonno.»
G. VERGA, da I Malavoglia, 1881
Quella, che tu credevi un piccolo punto della |
Giovinetti amici, più belli dAlessandro e dEurialo, |
per sempre belli, difendono il sonno del mio ragazzo. |
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E non sarà mai rubato questunico tesoro |
L’insegna paurosa non varcherà mai la soglia |
ai tuoi gelosi occhi dormienti. |
di quella isoletta celeste. |
Il tuo primo amore non sarà mai violato. |
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E tu non saprai la legge |
Virginea sé rinchiusa nella notte |
chio, come tanti, imparo, |
come una zingarella nel suo scialle nero. |
– e a me ha spezzato il cuore: |
Stella sospesa nel cielo boreale |
fuori del limbo non v’è eliso. |
eterna: non la tocca nessuna insidia. |
E. MORANTE, LIsola di Arturo, Dedica, 1957 |
«Faceva un caldo che non era scirocco e non era arsura, ma era soltanto caldo. Era come una mano di colore data sul venticello, sui muri gialletti della borgata, sui prati, sui carretti, sugli autobus coi grappoli agli sportelli. Una mano di colore chera tutta lallegria e la miseria delle notti destate del presente e del passato. L’aria era tirata e ronzante come la pelle di un tamburoTutto un gran accerchiamento intorno a Roma,ma pure dentro Roma, nel centro della città, magari sotto il Cupolone: sì proprio sotto il Cupolone, che bastava mettere il naso fuori dal colonnato di Piazza San Pietro, verso Porta Cavalleggeri, e èccheli llì, a gridare, a prender daceto, a sfottere, in bande e in ghenghe intorno ai cinemetti, alle pizzerie, sparpagliati poco più in là, in via del Gelsomino, in via della Cava, sugli spiazzi di terra battuta delimitata dai mucchi di rifiuti dove i ragazzini di giorno giocano a palla.»
P. P. PASOLINI, Ragazzi di vita, 1955
Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley, | uno morì in prigione, | |
l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso? | uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari – | |
Tutti, tutti, dormono sulla collina. | tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina. | |
Uno trapassò in una febbre, | ||
Uno fu arso nella miniera, | ||
Uno fu ucciso in rissa, | E. L. MASTERS, La collina, dall«Antologia di Spoon River», trad. F. Pivano, 1943 |
Marc CHAGALL, Il violinista sul tetto, 1912
Vitebsk, che compare sullo sfondo, è il villaggio natale di Chagall, il luogo dell’anima” a cui il pittore fa riferimento in tutta la sua esperienza di vita, anche nel fortunatissimo periodo parigino.
Il violinista sul tetto suggerisce la condizione dellEbreo nel mondo, instabile come quella di un musicista che cerca di suonare il suo strumento restando in equilibrio in cima ad una casa.