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27 Gennaio 2019
Scrivi una lettera mandata da Lorenzo Valla ad un suo amico, per esempio Poggio Bracciolini, sulla falsità della donazione di Costantino.
Roma, 25.X.1439
Lorenzo professore di eloquenza e segretario apostolico saluta il suo Poggio fiorentino
Amico carissimo, mio Poggio Bracciolini,
spero che Iddio ti abbia preservato in buona salute.
Una grande gioia mi spinge questoggi a sedere al mio tavolo e a raccontare al mio degno amico quale trionfo stia coronando il nostro amato lavoro. Entrambi viviamo della polvere antica di libri dimenticati tra gli angoli dei monasteri e delle Università, tu la ricerchi, io la studio, e siamo molto felici quando troviamo un’opera di Cicerone che credavamo perduta o quando portiamo a termine lunghi studi su di essa. E’ la giusta ricompensa al nostro sudore, il giusto merito alle nostre fatiche.
Per giorni e giorni, mesi su mesi ho passato le notti rischiarato dalla debole luce di una candela su un pezzo di carta vecchio di secoli, affaccendandomi per trovare tra le righe un indizio che mi rivelasse quando un povero copista pose la china dal calamaio su questa carta. Ciò che ho fra le mani è un documento di primaria importanza, sul quale si è costruito un intero Stato, governato dal ministro di Dio: avrai ormai ben compreso che si tratta dello Stato della Chiesa e che il testo su cui ho tanto lavorato è quella donazione di Costantino di cui spesso nei secoli scorsi si è parlato.
Ebbene, proprio ora ho ultimato una nuova opera, cui intendo porre il titolo di De falsa credita et ementita Constantini donatione, alla moda latina, per sottolinearne l’autorevolezza e la serietà, anche per le implicazioni politiche di cui poi ti dirò.
Volevo che tu fossi il primo a sapere della mia scoperta, per altro interessantissima: al contrario di quanti sono convinti che la donazione sia stata effettivamente voluta dal grande imperatore Costantino nel IV secolo, io sostengo, e nella mia opera ho avuto modo di dimostrarlo ampiamente, che ciò sia tutta una farsa, e che in realtà risalga a un periodo ben posteriore.
Osservazioni storiche e linguistiche mi inducono a ritenere che il testo sia stato redatto intorno all’VIII secolo. Un altro mio collega, che chiamano Nicola Cusano, è del mio stesso parere. Personalmente sono propenso a credere che già in occasione dell’incoronazione di Carlo Magno a imperatore (che come ben sai avvenne nell’800), l’opera circolasse nella curia pontificia. Non escludo che sia il frutto dellastuta politica di qualche signore, forse dello stesso re Carlo, che abbia voluto ingraziarsi il favore della curia papale.
Ti saranno peraltro ben chiare le implicazioni politiche che questa scoperta offre ai nostri occhi. Nei secoli passati un documento del genere non ha fatto altro che favorire i progetti teocratici di papi come Gregorio VII fino a Bonifacio VIII, che hanno vouto trasformare la curia pontificia in un organismo politico, perché il loro potere potesse estendersi dal dominio spirituale a quello temporale. La mia scoperta non fa che confermare le mie posizioni: sono del tutto d’accordo con il nostro Dante, che vuole una netta separazione tra il potere del papa e quello dell’imperatore; ai papi è consegnato di amministrare la religione e le cose spirituali: che lascino a chi è di loro dovere, ai re, il governo di uno Stato! Dio ha voluto punire la Chiesa per aver tentato di assumere un potere temporale che non spetta a lei; Dio vuole che la Chiesa sia al di sopra di queste cose.
Affermando che la Chiesa abbia costruito il suo potere su di un atto falso e inesistente, desterò forse non poche rimostranze: temo che la Chiesa possa rivolgersi contro di me, temo che mi possa accusare di attaccarne le fondamenta, temo che possa arrivare alla scomunica. Io sono cristiano e sono segretario apostolico: non voglio compromettere la mia situazione, né macchiare il mio nome. Ecco vedi: un momento fa ero felice della mia scoperta, e già ora ho paura di essermi spinto tanto in là. Quanto doloroso e ingrato può essere il nostro lavoro.
Ti chiedo di leggere questo mio saggio prima che lo renda pubblico: l’opinione di un amico è sempre confortante e sono convinto che tu mi possa rimettere di buon umore.
Quando vorrai, ti aspetterò così, fiducioso nel tuo buon cuore, parleremo insieme di ciò che ti ho chiesto.
Addio e voglimi bene, ché l’affetto è ricambiato.
Lorenzo Valla
Roma, 25 ottobre 1439