La peste vista da Boccaccio e da Lucrezio
27 Gennaio 2019Laboratorio di Poesie
27 Gennaio 2019Il fascismo: ricerca interdisciplinare e approfondimento storico nella Tesina Esame di Stato di Stefano Pazienza
1. La vita di Benito Mussolini
Benito Amilcare Andrea Mussolini nasce il 29 luglio 1883 a Dovia di Predappio, in provincia di Forlì, da Rosa Maltoni, maestra elementare, e Alessandro Mussolini, fabbro ferraio. Dapprima studia nel collegio salesiano di Faenza (1892-’93), poi presso il collegio Carducci di Forlimpopoli, conseguendo anch’egli il diploma di maestro elementare.
Stimolato dal padre, esponente socialista facinoroso e violentemente anticlericale, comincia la sua carriera politica appunto con l’iscrizione al Partito Socialista Italiano (PSI). Poco tempo dopo incappa in una vera avventura. Allo scopo di sottrarsi al servizio militare, infatti, fugge in Svizzera, dove conosce importanti esponenti rivoluzionari, rimanendo fra l’altro affascinato dalle idee di stampo marxista. Rientrato in Italia nel 1904 dopo essere stato espulso dai cantoni per ripetuto ed esasperato attivismo antimilitarista e anticlericale, scampa la pena prevista per il rifiuto alla leva grazie ad un errore burocratico, per compiere quindi il servizio militare nel reggimento di bersaglieri di stanza a Verona. Per un breve periodo trova anche il tempo per insegnare presso Tolmezzo ed Oneglia (1908), dove tra l’altro collabora attivamente al periodico socialista “La lima”; dopodichè, torna a Dovia.
L’attività politica però continua incessante. Fra l’altro, viene imprigionato per dodici giorni per aver sostenuto uno sciopero di braccianti. Ricopre quindi la carica di segretario della Camera del Lavoro a Trento (1909) e dirige un’altro quotidiano: “L’avventura del lavoratore”. Si scontra presto con gli ambienti moderati e cattolici e, dopo sei mesi di frenetica attività propagandistica viene espulso dal giornale tra le vibranti proteste dei socialisti trentini suscitando una vasta approvazione in tutta la sinistra italiana. Torna a Forlì dove si unisce, senza vincoli matrimoniali né civili né religiosi, con Rachele Guidi, figlia della nuova compagna del padre. Insieme ebbero cinque figli: Edda nel 1910, Vittorio nel 1925, Bruno nel 1918, Romano nel 1927 e Anna Maria nel 1929. Nel 1915 sarebbe stato celebrato il matrimonio civile mentre nel 1925 quello religioso.
Contemporaneamente la dirigenza socialista forlivese gli offre la direzione del settimanale “Lotta di classe” e lo nomina proprio segretario. Al termine del congresso socialista a Milano dell’ottobre 1910, ancora dominato dai riformisti, Mussolini pensa di scuotere la minoranza massimalista, anche a rischio di spaccare il partito, provocando l’uscita dal PSI della federazione socialista forlivese, ma nessun altro lo segue nell’iniziativa. Quando sopraggiunge la guerra in Libia, Mussolini appare come l’uomo più adatto a impersonare il rinnovamento ideale e politico del partito. Protagonista del congresso emiliano di Reggio Emilia e assunta la direzione del quotidiano “Avanti!” alla fine del 1912, diventa il principale catalizzatore delle insoddisfazioni della società italiana, piegata da crisi economiche e ideali.
Lo scoppio del primo conflitto mondiale trova Mussolini sulla stessa linea del partito e cioè di neutralità. Nel giro di pochi mesi, però, nel futuro Duce matura il convincimento che l’opposizione alla guerra avrebbe finito per trascinare il PSI ad un ruolo sterile e marginale, mentre, secondo il suo parere, sarebbe stato opportuno sfruttare l’occasione per riportare le masse sulla via del rinnovamento rivoluzionario. Si dimette perciò dalla direzione del quotidiano socialista il 20 ottobre 1914, proprio due giorni dopo la pubblicazione di un suo articolo che faceva appunto notare il mutato programma.
Dopo la fuoriuscita dall’Avanti! Decide di fondare un suo giornale. Ai primi di novembre fonda quindi “Il Popolo d’Italia”, foglio ultranazionalista e radicalmente schierato su posizioni interventiste a fianco dell’Intesa. Il popolo, a giudicare dal clamoroso boom di vendite, è con lui.
A seguito di queste prese di posizione, viene espulso anche dal partito (è il 24-25 novembre 1914) e richiamato alle armi (agosto 1915). Dopo essere stato seriamente ferito durante un’esercitazione può ritornare alla guida del suo giornale, dalle colonne del quale rompe gli ultimi legami con la vecchia matrice socialista, prospettando l’attuazione di una società produttivistico-capitalistica capace di soddisfare le esigenze economiche di tutti i ceti.
Le esigenze inespresse che serpeggiano nella società Italiana, Mussolini sa raccoglierle sagacemente e un primo tentativo lo effettua con la fondazione, avvenuta a Milano il 23 marzo 1919 con un discorso a Piazza San Sepolcro dei “Fasci di Combattimento” basata su un mescolamento di idee radicali di sinistra e di acceso nazionalismo. L’iniziativa non riscuote di primo impatto un gran successo. Man mano però che la situazione italiana si va deteriorando e il fascismo si caratterizza come forza organizzata in funzione antisindacale e antisocialista, Mussolini ottiene crescenti adesioni e pareri favorevoli dai settori agrari e industriali e dai ceti medi. La “marcia su Roma” (28 ottobre 1922) apre a Mussolini le porte per formare il nuovo Governo, costituendo un gabinetto di larga coalizione che lascia sperare a molti l’avvento dell’attesa “normalizzazione”. Il potere si consolida ulteriormente con la vittoria nelle elezioni del 1924. Successivamente Mussolini attraversa un periodo di grande difficoltà a causa dell’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti (10 giugno 1924), il primo grande omicidio fascista.
La reazione avversaria non si fa attendere. Alla fine del 1925 viene fatto oggetto di numerosi attentati firmati da socialisti, massoni, anarchici e quant’altri (perfino una solitaria donna irlandese). Sta di fatto che nonostante l’affermazione di un regime chiaramente dittatoriale, Mussolini riesce a conservare e, in alcuni momenti ad accrescere, la sua popolarità sfruttando abilmente alcune iniziative genericamente populistiche come la risoluzione dell’annoso problema della cosiddetta “questione romana”, realizzando attraverso i Patti Lateranensi (11 febbraio 1929, firmati per conto del Vaticano dal cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato) la conciliazione tra lo Stato italiano e la Chiesa.
Un’incessante propaganda comincia così ad esaltare le doti del dittatore, dipinto di volta in volta come “genio” o come “duce supremo”, in un’esaltazione della personalità tipica dei regimi totalitari.
Con il passare del tempo, invece, la Storia darà drammaticamente ragione alla realtà. Gli eventi mostrano un leader incapace di ferme decisioni, di una strategia a lungo termine non legata agli eventi contingenti. In politica estera, con l’obiettivo di rinnovare e fortificare il prestigio della Nazione in un inusuale miscuglio di cauto realismo imperialistico e letterario della romanità, tiene una condotta a lungo incerta.
Dopo l’occupazione delle truppe italiane di Corfu, nel 1923, e la decisa presa di posizione contro l’annessione dell’Austria alla Germania nazista, Mussolini si getta alla conquista dell’Etiopia: il 3 ottobre 1935 le truppe italiane varcano il confine con l’Abissinia e il 9 maggio 1936 il Duce annuncia la fine della guerra e la nascita dell’Impero italiano d’Etiopia. La conquista da un lato lo fa arrivare al punto più alto della sua fama in Patria ma dall’altro lo rende inviso al Regno Unito, alla Francia e alla Società delle Nazioni, costringendolo ad un progressivo ma fatale avvicinamento alla Germania hitleriana, con la quale firma, nel 1939, il cosiddetto “Patto d’Acciaio”, un accordo che lo lega ufficialmente a quell’infame regime.
Nel 1940, benché impreparato militarmente, decide di entrare in guerra assumendo il comando supremo delle truppe operanti, nell’illusione di un rapido e facile trionfo. Purtroppo per lui (e per l’Italia!), le sorti si rivelano negative e drammatiche per Mussolini e il fascismo. Dopo l’invasione anglo-americana della Sicilia e uno dei suoi ultimi colloqui con Hitler (19 luglio 1943) viene sconfessato dal Gran Consiglio (24 luglio) e arrestato dal re Vittorio Emanuele III (25 luglio). Trasferito a Ponza, poi alla Maddalena e infine al Campo Imperatore sul Gran Sasso, il 12 settembre viene liberato dai paracadutisti tedeschi e portato prima a Vienna e poi in Germania, dove il 15 settembre proclama la ricostituzione del Partito Repubblicano Fascista.
La liberazione di Mussolini è ordinata da Hitler in persona, che ne affida l’esecuzione all’austriaco Otto Skorzeny, dichiarato successivamente dagli Alleati “l’uomo più pericoloso d’Europa” per le sue capacità e per la sua audacia.
Mussolini attraversa periodi di evidente stanchezza, è ormai “alle dipendenze” di Hitler. Si insedia a Salò, sede della nuova Repubblica Sociale Italiana (RSI). Sempre più isolato e privo di credibilità, quando gli ultimi reparti tedeschi vengono sconfitti, propone ai capi del C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) un passaggio di poteri, che viene respinto. Travestito da militare tedesco, tenta la fuga assieme alla compagna Claretta Petacci, verso la Valtellina. Viene riconosciuto a Dongo dai partigiani, successivamente arrestato e giustiziato il 28 aprile 1945 a Giulino di Mezzegra (Como).
fonte: biografie on-line
2. Il Fascismo
Il fascismo prese piede in Italia all’inizio degli anni venti, mostrandosi come un partito di riferimento per quelle classi sociali che erano rimaste deluse dalla guerra, in particolare le classi medio-borghesi, che vedevano la guerra come una rampa di lancio per la loro ascesa economica, ma che ne rimasero profondamente scottate, in quanto la guerra finì per favorire i grandi industriali. Il programma del partito non era un programma chiaro e preciso, ma nasceva da una accozzaglia di idee che racchiudevano in sé valori un po di tutti gli schieramenti, i metodi degli “squadroni fascisti” erano violenti e liberticidi, sopprimevano infatti qualsiasi rivendicazione sindacale, e negli anni che seguirono al biennio rosso, in cui le spinte rivoluzionarie sembravano prendere il sopravvento, intraprendevano operazioni punitive contro i rappresentanti comunisti e socialisti, per questo, prima dell’avvento al potere di Mussolini, i partiti conservatori credevano di poter utilizzare gli squadroni fascisti a loro favore.
La prima apparizione del partito fascista si ebbe a Milano, nel 1921, ma il risultato alle elezioni fu irrisorio; in un paio danni il partito fascista riuscì a raccogliere intorno a sé sempre più consensi fin quando nel 1923 con la marcia su Roma” Mussolini fu in grado con un colpo di stato di impossessarsi del potere, favorito anche dall’appoggio del re; il fascismo, da subito, si trasformò in una forza espressamente conservatrice e liberticida. Il governo, prima con le leggi “fascistissime”, poi con vari decreti legge, esautorò progressivamente il parlamento dalla sua funzione legislativa, e sempre più poteri vennero addossati sulla figura del duce”. La politica economica del governo fu da subito espressione dei grandi proprietari terrieri e dei grandi industriali; la piccolo-media borghesia vedeva ancora una volta infrante le sue illusioni. Nel 1923 il filosofo Giovanni Gentile , ministro della pubblica istruzione, portava a termine un importante riforma scolastica che introduceva l’esame di stato anche in Italia, privilegiando i licei classici come scuole d’elite; gli insegnanti dovevano giurare fedeltà al regime e per le elementari fu adottato un libro di testo unico. Nel 1925 si tennero le elezioni in un clima di diffusa violenza: i fascisti ottennero il 65% dei voti, ma gli evidenti brogli elettorali portarono alla denuncia dì questi da parte di Matteotti, che a causa di questo verrà rapito e ucciso. Un’ondata di sdegno colpi il governo, che per la prima volta vacillò; Mussolini, con un’azione perentoria, si addossò la responsabilità dell’omicidio, dichiarò sciolto qualsiasi partito, tranne quello fascista e trasformò l’Italia in uno stato totalitario, anche se il suo non sarà mai un totalitarismo compiuto, a causa della presenza del re e del vaticano; risale infatti al 1929 il concordato con la Chiesa. Anche in Italia, come in Germania, si assistette ad una sempre più rapida fascistizzazione della società; i bambini e i ragazzi fino ai 18 anni erano indirizzati verso le associazioni paramilitari fasciste, come i balilla o i figli della lupa, la stampa risentiva di una forte censura e ogni dissidenza veniva pagata a caro prezzo.
Sul piano delle relazioni internazionali, l’Italia di Mussolini inizialmente si mostrava alleata delle potenze vincitrici della prima guerra mondiale, ma in seguito all’invasione dell’Etiopia del 1935, e alle sanzioni che ne seguirono da parte della società delle nazioni, Mussolini si sposterà sempre più nell’orbita della Germania Nazista, tanto che nel 1936-37 aderì al patto anti – comintern, a cui aderiva anche il Giappone, e nel 1938 le leggi razziali volute da Hitler vennero estese anche agli ebrei di nazionalità italiana. L’Italia si era ormai armata in un regime tirannico e antidemocratico, che la condurrà, pochissimo tempo dopo, alla tragedia della guerra.
2.1 Opere di bonifica e risanamento
Raggiunta l’unità d’Italia, la prima legge del regno sulle opere pubbliche, del 20 novembre 1865, n°2248, si limita a disciplinare i Consorzi di scolo ed a promettere nuove norme, le quali avrebbero dovuto regolare la proprietà delle paludi. La materia della bonifica è regolata dal codice civile emanato nello stesso anno 1865.
Secondo l’art. 657 del codice suddetto coloro i quali hanno interesse comune nella derivazione e nell’uso dell’acqua o nella bonificazione o nel prosciugamento dei terreni, possono riunirsi in Consorzio per provvedere all’esercizio, alla conservazione e alla difesa dei loro diritti.
La prima legge organica riguardante le bonificazioni porta la data del 25 giugno 1882 n. 869 (legge Baccarini) che, nata dalla preoccupazione di vincere la malaria col prosciugamento delle zone paludose, é informata al principio fondamentale di affidare al Governo la suprema tutela e l’ispezione delle opere di bonificazione dei laghi e stagni, delle paludi e delle terre paludose. L’importanza di questa legge sta nel fatto di aver sottratto il problema della bonifica dal dominio esclusivo del diritto privato per condurlo sul piano degli interessi di carattere pubblico e di ordine sociale. In particolare, l’art. 5 della legge suddetta prevede che le opere di prima categoria sono eseguite dallo Stato col concorso delle province, dei comuni e dei proprietari e mantenute da questi ultimi e che le opere di seconda categoria sono eseguite e mantenute dai proprietari isolatamente o riuniti in consorzio. Successivamente con il regio decreto del 30 dicembre 1923 n. 3256 é approvato un nuovo testo unico delle bonifiche che, raccogliendo, integrando e coordinando le numerose norme sino allora emanate, amplia con l’art. 59 la facoltà dei Consorzi di bonifica di assumere le funzioni di Consorzi d’irrigazione e di derivazione, aggiungendovi anche quella di provvedere al bonificamento agrario.
Con queste ultime leggi si fa strada il concetto di bonifica integrale, in ampliamento di quello di bonifica idraulica sino allora dominante.
Infatti, la bonifica non é più considerata, come in passato, un insieme d’attività volte al solo prosciugamento delle paludi ai fini igienici, e, in generale, alla sistemazione idraulica del comprensorio, essa investe ormai l’intero problema del riassetto idraulico – agrario dei terreni, così assumendo il carattere dell’integralità.
Per quanto riguarda l’aspetto tributario del problema, il citato art. 59 dispone che per provvedere alle opere e funzioni rispettivamente di bonificamento agrario e di consorzi d’irrigazione saranno imposti particolari tributi alle proprietà in ragione del beneficio ricevuto e della somma spesa per conseguirlo, i quali tributi sono oneri reali gravanti sui fondi. I proprietari dei terreni inclusi nel perimetro della bonificazione, come previsto dall’art. 24, che non avessero aderito al Consorzio, potevano, nel termine di due mesi dalla sua costituzione, dichiarare alla prefettura che intendevano cedere i loro fondi al Consorzio, e questo era obbligato ad acquistarli corrispondendo l’indennità a termini della legge sulle espropriazioni.
Ricordiamo inoltre, che lespropriazione, è compresa nella stessa legge n°1150 del 17 Agosto 1942, dove sono riportate tutte le norme sullurbanistica e quindi tutti i casi di esproprio con relativa indennità.
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