Daniela Graffigna
27 Gennaio 2019Acculturazione, inculturazione e sottoculture
27 Gennaio 2019di Gennaro Iasevoli
Le scienze mediche, negli ultimi cinquanta anni hanno raggiunto vistosi risultati positivi, che sono sotto gli occhi di tutti (sconfitta di molte malattie infettive ed allungamento della vita delle persone), invece le scienze dell’educazione sono in perenne difficoltà di fronte ai fenomeni della devianza giovanile, che sono diventati vistosi in Italia, nonostante l’applicazione di quelle teorie pedagogiche massimalistiche costruttiviste e sistemiche neorusselliane del secondo novecento.
Si assiste alla perdita di contatto degli adolescenti con i docenti e con i genitori, si nota la diffusione del morbo di burnout tra i docenti della scuola primaria (ex materna) e tra i docenti della scuola secondaria di secondo grado; vengono colpiti dalla sindrome di burnout (patologia psichiatrica conseguente allo stress derivato dall’impegno professionale a contatto con i ragazzi difficili) i docenti che lavorano con i più piccini e i docenti che non riescono a rapportarsi con i liceali, mentre i docenti delle scuole secondarie di primo grado (ex medie) non mostrano statisticamente particolari patologie collegare allo stress. (Sindrome di burnout: stress caratterizzato da frustrazione e delusione, accompagnato da stanchezza fisica, fragilità emotiva, espressione distaccata ed apatica nei confronti dell’ambiente).
Un siffatto quadro pedagogico-sociale, semplificato all’osso, – con i problemi del bullismo, con la diffusione del morbo di burnout, con la disaffezione allo studio, con l’esigenza di continui aggiustamenti e di interventi politici da parte di vari ministri dell’Istruzione che si trovati a dover sistemare, con le norme, una scuola che non attinge più ad una linfa sperimentale-scientifica che la sorregga -, non può che spingerci ad una amara riflessione sulla perdita di credibilità della pedagogia ereditata dal secondo 900 italiano, che in 50 anni, nel suo complesso operativo (costruttivista, logicistico neorusselliano), si sarebbe protratta per anni autoreferenzialmente, senza autocritica, senza novità e senza incisività.
Queste considerazioni pesano come un macigno sulla pelle di chi non ha lasciato troppo spazio alle minoranze o non ha inteso ascoltare le reazioni motivazionali infantili, attenendosi all’impianto rigido della scuola italiana del secondo 900 (una scuola irrigidita secondo sofismi logici di ispirati a B. Russel).
A ragione il bullismo può intendersi quale insoddisfazione profonda e reazione obbligata rispetto alla negazione del protagonismo dell’individuo e del pensiero divergente.
Pertanto vi sono anche uomini politici, pedagogisti, scienziati del parere che le proteste scolastiche siano in parte utili allo sviluppo della consapevolezza sociale e favoriscano il pensiero “divergente”, lievito della creatività.
Recentemente le istituzioni sono più vigili e ben attrezzate ed il personale docente, almeno in teoria, maggiormente informato (anche per effetto della diffusione delle notizie attraverso internet) e la scuola tende a realizzazione di un ambiente educante coinvolgente per l’alunno al fine di integrare nel tessuto sociale normale un soggetto (bullo pericoloso) segnalato per le sue aggressioni spavalde, mediante l’intervento didattico, psicologico, sociale, ludico, ginnico, artistico, spirituale, ecc.. Si cerca anche di emendare gli atteggiamenti di bullismo criminale attraverso l’espiazione di forme di pena, adeguate all’età ed allo stato di salute psicofisica, presso comunità protette, case famiglia, istituti di correzione.
Però i genitori più “deboli” preferiscono allearsi costantemente con i figli, anche sul piano delle espressioni comportamentali più discutibili, piuttosto che dar ragione ai docenti o ai fautori di una scuola rigorosa.
Sono anche i patimenti che derivano dalle insoddisfazioni della vita di tutti i giorni tra le cause che fanno sentire i genitori bloccati ed impotenti di fronte all’allarme proveniente dalla cattiveria dei bulli, quando si appropriano della scuola
Molti adulti guardano ai rituali delle occupazioni come a una consuetudine goliardica legata all’autunno, che non li colpevolizza, sebbene i figli perdano il ritmo dello studio e le ore curricolari di laboratorio.
Raramente, avviene che qualche docente, portatore di stanchezza, rivendicazioni, rancori e dissapori lavorativi, nelle poche ore di lavoro frontale, non concentri e non veicoli forti direttive educative e scientifiche, capaci di interessare gli alunni “contagiati” da ben altre attrattive provenienti dai media attuali.
Anzi occorre chiarire che a fronte di circolari ministeriali serie e severe, può capitare, deprecabilmente, (anche se raramente) che qualche operatore scolastico percepisca fastidio, ed incautamente si lamenti ad alta voce, con discorsi che finiscano per esasperare subliminalmente gli alunni, finché ne facciano argomento di protesta.
Occorre altresì maggiore cautela da parte dell’insegnante che, senza volerlo, “sponsorizzi gli svogliati” in sede di scrutinio, magari con un discutibile intento di aiutarli, sottolineando solamente alcune loro qualità di intelligenza.
Nell’opera (Education and Social Order, London 1932) “L’educazione e l’ordinamento sociale”, Bertrand Arthur William Russell spiega che una cosa è educare l’individuo ed un’altra è educare un perfetto ” cittadino sociale”, giuridicamente capace di rispettare le leggi e cooperare in un’ipotetica unione mondiale degli stati (utopia), e preconizza un periodo intensivo di educazione del cittadino per arrivare a un futuro senza “cittadini”, per arrivare cioè ad un futuro con individui veramente liberi che siano capaci di ribellarsi a principi in contrasto “col bene collettivo del sistema”.
In effetti, le sue affermazioni sono rigidamente ancorate alla filosofia logicistica e al di là della proposizione della libertà individuale, da raggiungere con le enunciazioni e senza inculcazioni, differentemente da John Dewey, tali affermazioni ipotizzano uno scenario vitale in cui la personalità dell’individuo deve obbedire al un “ferreo logicismo ateo” che si accompagna al rispetto assoluto delle regole del “sistema” in cui la persona stessa è immersa: se ne deduce che le persone non hanno potere di creare un sistema democratico, ma siano obbligate a rispettare il sistema che “logicisticamente” le avvolge. .. un vero blocco granitico che non fa evolvere la pedagogia ancora oggi.
Gennaro I.