8 marzo
27 Gennaio 2019Sofia Giacomelli
27 Gennaio 2019
I migliori fra i suoi primi romanzi sono Storia di una capinera ed Eva. Il primo é la storia di uneducanda costretta dalla famiglia a farsi monaca, e che, innamoratasi, impazzisce e muore consumata dalla tisi fra le mura tetre del convento. Quest’opera, pur presentando uno studio dell’ambiente ben documentato e la ricerca di verità, rivela una sensibilità ultraromantica. Il secondo racconta invece la passione di Enrico Lantieri per la ballerina Eva; una passione che conduce il giovane, abbandonato dall’amante, a morire di tisi e passione nella natia Sicilia. Anche qui, accanto alla materia ultraromantica, appare un notevole realismo nello studio della psicologia di Eva e nella considerazione del motivo economico che incide in modo definitivo sulla vicenda amorosa. Leggendo i suoi romanzi si può intuire come egli la pensi intorno alla donna, di volta in volta per lui oggetto di pietà o di fascino o di sbigottimento, ma sempre di vicende fatali e angosciose. Essa ora e inerme e fragile come una capinera, ora é crudele e aggressiva come una tigre reale, è una peccatrice, è Eva ed è Eros, creatura e insieme divinità dell’Amore, essa stessa è forse un simbolo della vita e della natura, che consumano e distruggono l’uomo, poiché egli non sa lottare, non reagisce ai colpi della sorte, non sa scegliersi né imporsi una misura. Egli cerca fuori di sé il senso e il contenuto del suo esistere, e viene travolto dal suo errore, ed ogni ideale a cui si aggrappi, appunto perché esterno ed estraneo, gli frana sotto le mani e lo abbandona al suo destino di perdizione.
Un’altra particolare figura di donna emerge da una novella di Vita nei campi: la Lupa. Nell’atmosfera fiabesca della novella la Lupa viene superbamente descritta da Verga come un insieme di passione, di bestialità e di violenza. Quello che ci appare davanti agli occhi è una ragazza tutta occhi neri e labbra rosse. Il vagare solitario nelle ore più calde della giornata è un elemento che prelude alla sua relegazione nell’ambito del demoniaco.
Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare; se li tirava dietro alla gonnella solo a guardarli con quegli occhi da satanasso”.
La Lupa appare dunque non solo proiezione della femminilità nei suoi aspetti più inquietanti e oscuri, ma come donna-bestia-demone. In lei prendono forma e corpo le forze più segrete e potenti della natura contro le quali non v’è astuzia o esorcismo che valga a salvare l’uomo, che può solo chinare il capo e rassegnarsi al destino.
La Lupa emerge come incarnazione di una sessualità istintiva e animalesca, immagine di una femminilità primitiva, inquietante e incontrollabile.
di Alice Fusé